venerdì 26 ottobre 2007

Su Storie con un altro finale

Una recensione di Angela Castellano dal sito culturale L(’)abile traccia

Snella, agile, leggera di quella leggerezza mai priva di spessore che tanto hanno propugnato grandi narratori come Calvino, Pennac, Benni; e ancora, delicata e capace di tratteggiare i personaggi in maniera quasi “impressionistica”: questa è l’idea che ci si fa della scrittura di Barbara Rosenberg sin dalle prime pagine della sua raccolta di racconti intitolata Storie con un altro finale. Si tratta di brevi storie dal sapore postmoderno che, accompagnate e arricchite dalla visionarietà delle immagini di Massimiliano Parazzini, si divertono a parodiare altre storie ben note alla tradizione, sia popolare che dotta.
Partendo dalla fiaba di Cappuccetto Rosso – che nella rivisitazione di Barbara Rosenberg diviene, in modo curioso, “Cappuccino Ghiotto” – passando per l’episodio omerico di Ulisse e Polifemo e per le vicende ambientate nell’antica Grecia del brigante Sacripante, fino ad arrivare a narrare della chioma di Medusa e di una strana regina di nome Carlotta, con un grande amore per il mare, la questione sollevata da questi cinque racconti brevi è quanto mai attuale e problematica: esiste ancora oggi la possibilità di credere alle fiabe? È utopistico pensare di riuscire a ritagliare uno spazio per l’elemento del “meraviglioso” nelle nostre vite?
La risposta che Barbara Rosenberg sembra dare in questo libro adatto a giovani di ogni età è positiva: a tutti è concessa la capacità di contemplare il mondo con lo sguardo incantato della fiaba, a patto però che quest’ultima faccia uno sforzo per adeguarsi alla modernità.
Abolita la tradizionale opposizione manichea tra buoni-belli-coraggiosi vs cattivi-brutti-vili e scardinata la convinzione un po’ naïf secondo cui i buoni saranno per sempre buoni, e i cattivi per sempre cattivi, i personaggi che popolano i racconti della Rosenberg sono molto più vicini a noi di quanto ci si potrebbe aspettare da personaggi fiabeschi: individui (o anche personaggi di fantasia e animali, come il lupo di Cappuccetto Rosso) i cui caratteri, lungi dall’essere definiti a colpi di accetta, sono ricchi di sfumature, ripensamenti, dubbi e paure tipici di tutti gli uomini: i buoni diventano così semplici persone che nel contingente hanno agito in modo onesto e valoroso, e i cattivi diventano meno cattivi, anche perché viene svelata o compresa la causa del loro agire, il tutto in un’ottica relativistica sicuramente coerente con i nostri tempi.
Ciò non implica ovviamente la caduta dei valori sostenuti dalla tradizione favolistica; anzi, in modo solo apparentemente paradossale, i racconti di Barbara Rosenberg riaffermano strenuamente la dignità di valori come l’amicizia, la tolleranza nei confronti del diverso, l’empatia, la voglia di comunicare con l’Altro, e in ultima analisi, l’amore in tutte le sue forme, in un mondo in cui i punti fermi sono quanto mai labili e di certo mai definitivi. Sono dunque racconti che, conservando tutta la lievità delle favole, cercano di lanciare un messaggio positivo alla nostra società attuale.
Un compito già di per sé difficile, che merita di certo il nostro plauso.

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