domenica 14 gennaio 2024

 L'IMPREVISTO NOI. - IL TEATRANTE. Quando si apre il sipario della politica, il politicante deve esercitare al meglio il proprio ruolo come attore che sa condizionare l'azione sociale attraverso un meccanismo discorsivo della comunicazione che evita la relazione. Piegare ciò che è rigido dietro le scaglie di ghiaccio del pensiero critico delle pretese normative. Malleare le complessità sociali sull'interazionismo simbolico. Si apre il dramma, ci si trova di fronte il dilemma di stabilità e sopravvivenza fra le molte rivalità competitive che operano come riduttori selettivi dello shampoo che fa brillare i capelli come seta di possibilità potestativa di un patrimonio di forza dell'aspetto. Guardare e vedere quello che vorresti essere, un messaggio rispondente a canoni di sicurezza, di orientatore di opinioni, di approccio scomponibile che si accomoda sull'ultimo divano. Chi dice che cosa? Chi dice come si deve fare cosa? Ci vorrebbe la giusta illuminazione di un cono di luce, che metta in evidenza il viso imbellettato, che sappia coprire i brufoli e che ti renda accattivante, quel gringo che appiccica allo schermo e che sa rapire l'attenzione e sa cogliere la scena della visibilità e del successo. Il significato del sipario che manifesta la scena della distruzione del genere umano, delle uccisioni, della carestia, della fame oppure che fa sognare la ricchezza, il prestigio, il possesso del podio, della faccia vincente. Fra gli aspetti connotativi, tu fra quel pesante velluto del sipario, senza suggeritore, che deve improvvisare cercando di apparire simpatico e affascinante. Fra gli opinion leader persone impreparate come te, che non eri interessato allo studio e che copiavi sempre, che studiavi dagli appunti del secchione di turno, che cercavi le parti chiave del libro per stupire con poco senza nemmeno capire bene quello che dicevi, quello che facevi, ma solo per avere la sufficienza ed imparare come fare ad essere motivatore, a riuscire ad inviare stimoli non puramente informativo-razionali, ma di immediata risonanza emotiva. Esisti perché puoi piangere di fronte ai bambini in mezzo alla guerra ed a quelli che soffrono la fame. Esisti perché ti puoi arrabbiare di fronte a coloro che cedono alla corruzione e che evadono le tasse, di fronte a quelli che frodano e che truffano con espressioni angeliche. Esisti perché sai essere gentile, nonostante gli apostrofi arroganti e gretti di chi segue solo un immaginario Peter-Pan e non vuole mai crescere e vive nel paese dei balocchi, credendo che gli zecchini crescano sugli alberi della menzogna e che ci possa essere qualche magia o incantesimo che possa tramutare tutto in una cosa fantastica. Illusione avulsa della sfera degli atteggiamenti e dei valori quotidiani, monotoni, banali dietro lo scaffale ordinato di un supermercato fra le arance e i biscotti, fra le bistecche e le caramelle dove tu sei il cliente di casa che non solo compra, ma investe in quel cibo rappresentativo che ti fa diventare protagonista della raccolta per le pentole e le coperte, per i coltelli e le lenzuola dove tu ti sdraierai a sognare quell'amore lieve come la neve che si posa soffice sul tuo petto che non si vergogna di uscire e di quella tua intimità che più non si nasconde. Momenti, fra quei piani e quei programmi dove facendo zapping segui l'utopia di cambiare le cose di chi ci sa fare, ma poi ti senti solo, ti senti perso dentro un contenitore che è solo una voce e non un volto, che è solo uno schermo e non una reale presenza. La politica è quella di isolare, per dire che tu sarai lì a consolare, ma poi non c'è mai nessuno che ti scrive e si preoccupa per te, mai nessuno che vuole starti accanto perdendo qualche minuto per te. E allora preghi, segretamente preghi che tu possa essere degno di qualche minuto in cui qualcuno ti veda e che tu non sia più invisibile, che tu sia quel verso che provochi emozione, che possa far battere il cuore e brillare gli occhi di commozione, ma nessuno vuole mai stare con te mio Dio? Nessuno vuole perdere tempo per te mio Dio? Nessuno ti può ascoltare e stare fra le fievoli candele mio Dio? Eppure tu stai gridando "Perché mi abbandoni? Perché vuoi fuggire dal mio amore? Il lieto fine immancabile sono queste braccia aperte, la bella notizia è questo corpo appeso per te, solo, solo per te, ma proprio tu non lo puoi capire?" Tu rimani titubante e come spettatore sei sbigottito davanti all'innocenza che ancora una volta viene sacrificata per un nonnulla, per la gelosia e l'odio, per l'invidia e la cattiveria del mondo. Tu rimani stupido a guardare, immobile fra i calci di pallone che riescono a fare il goal vincente, tu rimani inchiodato allo schermo mentre mio Dio si inchioda alla croce. Tu rimani indifferente a quel Dio solo, a quella tristezza sola, a quel delirio solo, rimani lì davanti allo schermo intontito e annegato, mentre mio Dio ha una corona di spine per essere il Re dei re, per essere un Salvatore del mondo. E allora preghi, segretamente preghi, con il corpo ripiegato fra quei dolori riprovevoli che si scagliano come pietre impietose a condannare, a soffrire ancora fra le crisi macerie di un moto sordo poco indovinato. Rimani lì appoggiato e comodo, mentre la morte con la sua falce agisce ancora e trafigge con la sua lancia. Il sordido che prevale nefasto di un tradimento per pochi denari, di un bacio che sfigura e di una ipocrisia. "Perché mi abbandoni e non sai fermarti, a correre a cercare di impiegare il tuo tempo fra i rotoli di carta igienica ed i detersivi che lavano più bianco, fra le pezze di schifezze ingurgitate, di frasi rosa gettate al vento, fra le fragole e il brindisi di un crollo di ogni cosa ed ogni dove." Tu rimani lì sterile ed asettico, come irretito ed ipnotizzato dallo schermo che ti convince a fare la dieta, a donare, a sprecare a giocare sporco. Meglio così, meglio colà, figaro qui e figaro là il baldanzoso della città, quello che sa sempre indovinare come fare, per avere una idilliaca famiglia, per riuscire a sorridere e distrarsi, fra le sfide dell'esistenza. Lo specchio delle brame, riflette che non sei tu quella giusta, che sbagli sempre il momento ed il ritmo, che non sei tu che devi sfondare, ma è quello con più muscoli, quello con l'addome a tartaruga, quello con la giusta siluette e le curve tutte a posto. Rimani lì come un burattino tirato dai fili di un regista che ti vuole fare diventare come i suoi personaggi, che vuole che tu vivi come nel suo film e che esprimi solo la tua parte ludica ed evasiva del disimpegno seguendo la furbizia di chi vive sulle spalle e la fatica degli altri. Tu sei quello schermo che sa proiettare quel sogno dorato, che sa far trapelare quell'uomo imbiancato, quel mistificatore che falsa e finge, quel millantatore che sfugge, che si nasconde. Fra i deserti e le lacrime, fra le gocce di Valium e le pomate, fra le punture e le flebo di cibernetica tu rimani inchiodato allo schermo per poter diventare come quel personaggio che sa ingannare, che sa porsi, che sa mostrare il suo migliore profilo e così entrare nella storia e diventare eterno dentro quel congelato teatro della vita che più non muore: una resurrezione continua l'immagine positiva di un amore che a cielo aperto dice il diletto che nella sua presenza viva si ravvisa. 

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