VICINO AL NATALE. In un bosco viveva un orco che si nascondeva fra la fitta foresta con sembianze di un giovane apparentemente buono ed angelico. Egli aveva avuto un maleficio per cui aveva bisogno di avere conferme del suo valore di uomo attraverso delle vittime ingenue che non conoscevano i suoi veri intenti. Lui aveva una memoria limitata che non ricordava più com'era stato da bambino, quando giocava allegro e contento con dei semplici sassolini, con il fango con il quale faceva delle costruzioni di castelli e di pupazzi con i quali inventava storie di pirati e di conquiste. La sua identità pareva svanita quando aveva perso la ragione per una donna che per lui rappresentava la favola tanto sognata; quella bella principessa tanto desiderata che doveva essere solo sua, che doveva rispecchiare quelle caratteristiche che tanto ricercava di una donna ubbidiente e serva dei suoi obiettivi di uomo forte e potente. L'orco, dunque, dovendo soddisfare la propria fame si avventò sulla prima donna che si era avventurata nel suo bosco per la curiosità di conoscerlo e di capirlo e poi la fece prigioniera in una gabbia dove lei non poteva avere contatti con nessuno e dove era isolata dal resto del mondo, appartenendo solo a lui, l'orco malefico. La donna tutti i giorni lo implorava di lasciarla andare libera e di potersi sfamare in altro modo che della sua anima, ma l'orco le rispose "Dammi un buon motivo per cui io ti debba lasciare libera e perchè possa credere che tu non mi farai uccidere da alcuno". La donna rispose "Potrei giocare insieme a te per un poco, raccontarti storie interessanti e tenerti compagnia qualche volta, e poi tu farai altrettanto con me quando Mi sentirò sola e triste e avrò bisogno di sfogarmi e consolarmi" L'orco impietositosi e sentendo che quella richiesta era giusta la ascoltò liberandola dalla gabbia e facendola sedere nel suo migliore salotto con un thè e dei biscotti per riuscire a tappare la sua fame mentre decise di ascoltarla "Avanti dunque - le disse in modo burbero - racconta una delle tue storie per riuscire a distrarmi e a farmi sentire meno solo" "C'erano una volta 3 sorelle di cui una era una bisbetica, l'altra era una poetessa e l'ultima era una ragazza ingenua. La sorella bisbetica voleva tutte le attenzioni per sé e per questo spesso faceva la vittima e si faceva notare mettendo in ombra le altre sorelle con i suoi modi determinati ed apparentemente decisi che volevano raggiungere la ricchezza, la bellezza e la considerazione nobile alto-locata, ma mancava del movimento che sa attrarre a sé la cosa amata anche se voleva essere perfetta in tutto, mancava di comprensione di intelletto attivo e realmente produttivo che rende possibile la capacità di vedere i principi che sono la ragione dell'esistenza ed allora pensava che bastasse presentarsi al meglio con una maschera, con eleganza, con l'ossequio di fronte al potere per raggiungere ragguardevoli obiettivi, quando invece quelli che lei credeva buone mete in realtà non erano altro che superficiali orizzonti. La seconda sorella invece non veniva mai considerata perchè definita stramba in quanto scriveva poesie per esprimere i sentimenti, per far volare libera la propria anima in evoluzioni come un aquila che staglia il cielo e riesce a posarsi sulle più alte vette ad osservare con lo sguardo l'infinito dove l'anima viene avvolta dall'eco dell'amore. L'ultima sorella invece rimaneva come stregata nel suo mondo di sogni fanciulleschi, nelle sue continue incertezze ed indecisioni a volersi porre da una parte o da un altra. Le 3 sorelle dovevano curarsi dalla peggiore malattia che ci sia al mondo: l'incomunicabilità che non permette di conoscersi a fondo, che altera l'identità e che tende a manipolare gli altri come se fossero burattini di uno spettacolo di periferia. Un giorno il re chiamò le 3 sorelle perchè potessero dargli una dimostrazione del loro amore, ma la prima e la 3° chiesero qualcosa in cambio per poter obbedire alla richiesta, mentre la 2° chiese di poter poetare per sempre, fino alla morte. Il re volle accontentarle dicendo loro "Attente, mie care figlie, che se farete del male nel raggiungere la fama e la ricchezza poi rimarrete sole e tristi e senza alcun aiuto da parte di chi vi circonda e quindi rimarrete sconfitte a dover soffrire e piangere e tormentarvi fino alla morte." Le sorelle accettarono la sfida entrando in competizione fra di loro, ma la 2° sorella, invece si immerse nella sua poesia in cui si sentiva leggera, priva di gravità e leggiadra poteva volare con il pensiero libero anche fra tempeste e nubi torve, fra dispiaceri e sconfitte, lei poteva salire sul dragone della poesia che la trasportava in un magico mondo, dentro al suo stesso sogno fatto di un amore profondo, fatto di pienezza e di dolcezza dove sentiva sempre vicino il Natale dei doni più belli quelli in cui sai vedere sorgere nel raggio di sole una luce che sa mettere in risalto anche la piccola margherita, che sa dorare la neve più gelida, che sa creare un arcobaleno nel grigiore dell'esistenza, che sa vincere anche la morte con il suo respiro che si espande ovunque, comunque e in chiunque, che sa essere gioioso nelle creature che si muovono alla musica della poesia. La 2° sorella aveva scoperto in cosa consiste la vita vera che si rinnova: la poesia che si espande nel mondo.
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