domenica 13 agosto 2023

News da Adele Desideri agosto 2023

di Adele Desideri

Gentili lettori, segnalo quanto segue:



*Il magistrale saggio di Giorgio Agnisola, L’amore spezzato. Dei distacchi e degli addii, Moretti&Vitali 2023.
L’autore si muove sinuosamente, con abissale leggerezza, tra le pagine della letteratura internazionale delle più diverse epoche, e tratteggia una fenomenologia psicoanalitica - accurata, sensibile, quanto mai necessaria - dell’amore, nei suoi esiti più dolorosi (Adele Desideri).

“Come si configura e cosa significa, in termini umani, psichici, metaforici l’addio? E ancora: come accadono le crisi e la fine di un amore? Lucidamente, intensamente, Giorgio Agnisola analizza la separazione amorosa nelle sue molteplici manifestazioni e circostanze della vita, interpretandola entro un articolato, suggestivo percorso interpretativo, attraverso la lettura di pagine conosciute e significative della letteratura di ieri e di oggi. La scelta dei testi è esemplare. Potrebbe dirsi che i brani poetici e narrativi facciano parte integrante dell’analisi: che non è propriamente psicologica, bensì umana, sentimentale, poetica. Ne risulta una densa, ricca esplorazione di una delle esperienze imprescindibili dell’amore e della vita. Il libro è rivolto in particolare a coloro che desiderano riconoscere e comprendere i sentimenti che si accompagnano a un distacco e lenirne gli impliciti tormenti.” (in https://morettievitali.it/?libri=lamore-spezzato).

“La caduta di un rapporto è sempre la rottura di un equilibrio, innanzitutto con se stesso. Taluni reagiscono addossando a chi parte la colpa; altri, penosamente, se ne assumono interamente la croce, a torto o a ragione. E spesso chi ama davvero è colui che più soffre, incapace di colpire, di rimproverare, di tradirsi, nonostante tutto, e di tradire l’amore. Come rami avvizziti di un albero improvvisamente senza linfa, l’amore distaccato si trascina per chissà quanto tempo nel disagio e nella sofferenza. Il linguaggio dell’amore condiviso e abbandonato continuerà a esercitare il suo richiamo, come un canto solitario e dolente. (…) più è dirompente la frattura con il mondo esterno, più ci si sconvolge e ci si isola, più emergono i contorni del nostro io psichico, vengono provati i nostri meccanismi di difesa e di stima, emergono dal profondo le nostre paure, le nostre fragilità, i nostri infantilismi” (pag. 114).

“Ciò che stenta a finire nel distacco della morte che separa l’amante dall’amato è la tensione al dialogo, è la disperata, talora assurdamente ostinata volontà a corrispondere, nonostante la separazione, a prolungare la relazione, avvertita come ragione imprescindibile di stabilità dell’essere e del sentire: dialogo muto, che è ancora scambio con l’altro da sé; parola necessaria, a prescindere dalla risposta. Chi resta parla come se potesse, così facendo, conservare presente colui che è assente. E, in un certo modo, il dialogo assente è pur sempre un dialogo: con chi si è conosciuto, di cui si può immaginare la risposta, poiché lo si è amato, ancora lo si ama, e forse è corrisposto, chissà dove, anche se è muto, ha una parola inesprimibile nella sfera del sensibile. (…) eppure la morte dell’amante può costituire una perdita irreparabile. Chi s’allontana abita forse lo spazio dell’infinito, chi resta nella fisicità contingente è impietrito dal dolore. (…) E più il legame è stato condiviso nel profondo della vita, più la perdita segnerà non solo la frattura, non solo la separazione, ma anche la propria parzialità. È Questo senso di incompiutezza di limite a costituire, nel profondo, il vero dramma dell’amore reciso. (…) La nostra sfera della fisicità, del dolore e dell’addio, può essere alterata. Le apparizioni in sogno, le allucinate sofferenze che non di rado accompagnano la perdita dell’amato possono essere lette come l’estremo riverbero di quel dissidio sempre presente nella nostra vita tra ciò che siamo e ciò che sentiamo.
In qualche modo ogni estrema separazione ripropone il distacco dal cordone ombelicale. La perdita definitiva dell’amore ci porta alle origini della vita, al cerchio dell’esistenza che collega la fine col principio, la morte con la nascita. Nell’avvertimento della morte si percepisce il trauma della nascita, così come il trauma della nascita prelude al destino della fine. Tra i due estremi è la vita” (pag. 134).

Delicato, profondo, spiraliforme, il dettato psicoanalitico, esistenziale, mitologico di Carla Stroppa conduce il lettore in un percorso illuminante sia riguardo alle ferite, ai traumi subiti nella prima età evolutiva, sia riguardo alle difficoltà di un’umanità - quella occidentale - soffocata tra le maglie di un razionalismo produttivo esasperante. 
L’esito può essere salvifico se, ben guidati, ci si apre all’oltre, al mistero dell’esistenza. E, dialogando con la propria ombra, si giunge alla trasformazione del dolore in energia creativa - in un amore non narcisistico che può rendere la vita densa di senso, anche nel ricordo dei più bui giorni e delle più oscure notti. Un libro, quello di Carla Stroppa, da leggere e rileggere più volte, nelle diverse fasi della personale esistenza. (Adele Desideri).

“I creativi che usano le immagini come veicolo di espressione, i cineasti, gli artisti, gli scrittori e i poeti sono interpreti straordinari della vita poiché riescono a collegare il profondo, di cui hanno una speciale visione ed esperienza, con la superficie del mondo. I veri creativi edificano il ponte tra conscio e inconscio; ponte sul quale i fruitori dell’opera possono a loro volta passare, sempreché riescano a vederlo - circostanza tutt’altro che scontata-. Purtroppo, l’effetto più radicale dei traumi è proprio la distruzione di quel ponte; in buona sostanza, tutta la tecnica psicoanalitica non mira ad altro che a cercare di edificarlo rendendo l’Io partecipe dell’opera. 
Se l’inconscio deborda con le sue immagini, senza sorveglianza dell’Io, la coscienza diviene folle, ma specularmente quando è l’Io a debordare, con i suoi concetti privi di immagine, ugualmente la coscienza precipita nella follia. Siamo destinati a imparare l’arte funambolica: pericolo e fascino di una posizione di soglia che ci costringe a cercare perennemente un’asse di equilibrio” (pag. 44).

“Le relazioni d’amore fondate nell’energia dell’archetipo possono veicolare «teofanie» dello spirito purché vengano vissute, patite e interrogate nel loro senso nascosto. Questo è il sogno trainante, l’irriducibile richiamo alla speranza, il motore della ricerca di senso in una realtà storica che troppo spesso obbliga a vivere con il cuore colmo in un mondo vuoto di senso e disamorato. Un mondo che si avvicina sempre più alla soglia del nichilismo e della catastrofe. Che «Dio sia morto» non è segno di progresso, bensì di cosmica sciagura” (pag. 58).

“A loro, soprattutto poeti, filosofi, scrittori, commediografi, cineasti, psicoanalisti d’anima, scienziati ispirati e visionari, ambientalisti sensibili, insomma a quei pensatori che si muovono in controtendenza in cerca di spirito e bellezza, va la mia immensa gratitudine. Sono loro che aiutano a vivere ponendosi controcorrente rispetto allo spirito del tempo, sapendolo rappresentare in modo convincente, rispecchiante” (pag. 67).

“Fra l’approccio razionalistico, basato sul funzionamento cerebrale, e quello romantico, che include la sensibilità e il corpo nell’interpretazione dei fenomeni, ci vorrebbe quell’incontro d’amore che si realizza nell’attrazione degli opposti e nel dialogo che ne dovrebbe conseguire. Diversamente, ci si imbatte nelle reciproche e spesso viscerali idiosincrasie, che approdano a lotte tanto inutili quanto sfinenti e distruttive” (pag. 117).

“Lo spirito del tempo nega il mondo interiore come inutile zavorra all’estrinsecarsi di ciò che conta di più nella sua prospettiva: la performace. Il richiamo in questa direzione e, conseguentemente, il rifiuto del fondo archetipico della mente provengono da ogni dove: dalla scuola, dall’ambiente lavorativo, dalla politica e persino da quella parte della psicologia dominante che ha come obiettivo il mero adattamento. Un discorso a parte va fatto per l’arte e la letteratura che, attraverso l’opera, mettono in connessione il mondo interiore con quello esterno, senza farne tuttavia un argomento di pensiero” (pag. 147).

“Secondo Michel Foucault, il precetto del «prendersi cura di sè» (epi meleisthai heautou), uno dei principi basilari dell’arte di vivere delle città greche, ha rappresentato una regola fondamentale della condotta personale e sociale, con una rilevanza maggiore rispetto al precetto delfico del «conosci te stesso» (gnôti seauton). Nei testi greci e romani i due precetti sono sempre associati, e il bisogno di prendersi cura d sé rende «operativa» la massima delfica.” (G. Ferraro, Áskesis. Il perfezionamento di sé, Moretti&Vitali 2022, in Carla Stroppa, L’amore impossibile e le donne. Slanci, cadute e trasformazioni del desiderio, Moretti&Vitali 2022, pag. 164).

“Piaccia o no, la psicoanalisi è intrisa di romanticismo; i suoi temi, i suoi affondi e le sue finalità sono assolutamente romantici: la valorizzazione del mondo interiore, dei sogni, della magia dell’inconscio che attraversa il tempo e lo spazio mettendo in scena l’eterno - gli archetipi dell’anima che entrano nell’arte e nella spiritualità - e il contingente storico - i romanzi familiari -, i fragili confini tra presenza e assenza, vicinanza e lontananza, vita e morte” (pag. 200).

“Ha ragione Dostoevskij «La bellezza salverà il mondo». E l’amore certo, che della bellezza e del divino è immagine e profonda magia. E dunque ha ragione l’ultimo Heidegger quando afferma che solo un Dio potrà salvarci. Entrambi sostengono la stessa cosa, e questa è magia.” ( pag. 224).

“Certo è che questa richiesta di un oltre non può non farci riflettere sugli effetti nascosti della desacralizzazione del nostro tempo sedicente illuminista, non può non farci riflettere sugli effetti della parcellizzazione dell’originaria unità dei saperi e sulla confusione generale della facciata ufficiale della vita. Che «Dio sia morto» è una gran brutta faccenda, ma in fondo altro non è che un grande equivoco dell’anima, tant’è che moltissimi continuano, sebbene confusamente, a cercarlo qua e là. E continuano a cercare amore che altro non è che una manifestazione del Dio che dimora nel cuore. Del resto, e malgrado tutto, esistono anche amori grandi e belli che sembrano eterni” (pag. 227).

“L’essere umano è un inguaribile sognatore. Anche la ragione sogna. Cosa sono un matematico, un fisico sul punto di fare una scoperta, se non dei sognatori che intuiscono un oltre ancora da esplorare?” (pag. 244).

*La raccolta di poesie di Michele Mari, Cento poesie d’amore a Ladyhawke, Einaudi 2007
“Esordio poetico di uno dei migliori scrittori italiani in circolazione, questo libro è un concentrato di contraddizioni. Colto e citazionistico, ma immediato alla lettura, autobiografico e «vero» nei contenuti. Romantico e sentimentale nella tonalità di fondo, ma attraversato da un'ironia che si incastona negli snodi strutturali del libro, oltre che nelle sue pieghe più visibili. Testimonianza di un'ossessione privata, ma anche lucida analisi dei mostri che possono dominare la mente dell'uomo” (in https://www.einaudi.it/catalogo-libri/poesia-e-teatro/poesia/cento-poesie-damore-a-ladyhawke-michele-mari-9788806181123/).

“È dalla fine del liceo/ che come un fantoccio/ della classe morta di Kantor/ siedo al mio banco della IIIA/ e chi mi ci ha inchiodato/ sei stata tu/ un attimo prima che l’ultima campanella/ ci mandasse nel mondo//”.

“Togliete al fumatore/ la sua sigaretta/ e ciuccerà inutili mentine/ o rametti di liquirizia/ togliete al drogato l’eroina/ e come un impiegato/ si metterà in coda/ per la sua quota di metadone/ togliete l’impeto a Bonaparte/ e detterà un noioso memoriale/ toglietemi lei/ e cecherò la luce dei suoi occhi/ nel cupo sempre uguale/ di mille vagine//”.

“Il tuo silenzio/ dici/ è pieno di me// Così so/ come si sentono i morti/ pensati dai vivi//”.

“Fedeli al duro accordo/ non ci cerchiamo più// Così bambini giocano/ a non ridere per primi/ guardandosi negli occhi/ e alcuni sono così bravi/ che diventano tristi/ per la vita intera//”.

*L’antologia Breviario del tempo. Le stagioni del cuore, a cura di Vincenzo Guarracino, immagine di copertina di Alfredo Guarracino, Di Felice Edizioni, 2023.

“Come in un film, scorrono così esperienze e ricordi, il ‘calendario’ di mesi e stagioni in cantilene spesso dolci-amare, colorandosi di volta in volta dei toni soffusi di una delicatezza e malinconia a tratti struggente, ancorando per ciascuno il cuore, al di là degli anni e della loro polvere, all’ordinata e semplice, a tratti ingenua, pronuncia della poesia contro il rischio del loro naufragio nel gran mare dell’indistinto e dell’oblio: ‘per non dimenticare’, ecco. Perché date e ‘occasioni’ conservino ancora e per sempre nella scrittura la forza dell’essere stati, lo stigma della loro luce e il segno della fedeltà al fuoco dell’anima che li ha vissuti, protesi allo spazio innamorato dell’ascolto”. (…).
L’opera di Alfredo Guarracino reca un titolo quanto mai significativo di questi tempi, Resilience, che indica la capacità di far fronte ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, senza lasciarsi sopraffare e conservando di fronte alle circostanze diverse un atteggiamento sempre positivo e propositivo a testa alta, emergendo, senza mai alienare la propria unicità e identità” (dalla prefazione di Vincenzo Guarracino).

*La rivista Xenia, Trimestrale di Letteratura e Cultura, Anno VII. n.2, giugno 2022
Densa di articoli non solo riguardanti la poesia e la letteratura in generale, Xenia è una rivista ben curata, rigorosa nello stile di ricerca, chiara nel dettato esplicativo, assolutamente godibile.

*La preziosa raccolta di poesie di Stefano Lorefice, Passeggeri solitari, Edizioni La Gru, 2023.

“La notte era precaria per quegli sventurati, mentre noi atterriti viaggiavamo verso la città, appesi alle notizie inesorabili dei bombardamenti.
Al casello nessuno, solo la voce metallica dell’operatore collegato via speaker da chissà dove. Quella frequenza non l’avevano silenziata, ancora non erano arrivati lì… la notte in cui bombardavano Kiev io viaggiavo verso Torino e per fortuna almeno di noi si erano dimenticati. (24 febbraio 2022 - A4 Milano/Torino)” (pag. 15).


“Un miracolo di sangue, un povero cristo appena ferito al costato. Si affrettavano attorno i paramedici, il quartiere non dormiva nemmeno a quegli orari. Nessun testimone, nessun commento; solo una coltellata in circostanze ignote. Passò, appena guardando, il netturbino che abitava due vie oltre; faceva freddo, si strinse nella giubba arancione e proseguì. (I.N.R.I.)” (pag. 17).

“Siede sempre in un angolo semibuio in fondo a sinistra, nella bettola recentemente ristrutturata. A suo agio dispensa consigli, massime da scappati di casa e decisioni sbagliate. Quasi si sorride, a vederla con tutta quella vita addosso. Sguaiata, alza la voce con chi nemmeno le offre un caffè; è sopravvissuta alla strada, ai nidi di vespe nell’anima, agli anni in stazione centrale. Una notte l’incontrai completamente fatta, sconnessa; impiastricciata di vino e parole perse di vista nella pioggia che batteva incessante sulla pensilina: s’era rifugiata lì, sola.” (pag. 30).

*La raccolta di poesie di Mariangela De Togni, Si fa soglia il mare nel silenzio, Poesie selezionate al Narrapoetando, prefazione di Gregorio Iacopini, Fara Editore, 2021.

Natale
C’è l’alba in boccio/ in piena mezzanotte/ fra due rive di cielo./ All’ombra della luna.//”.

Ora sei luce
Ora sei luce di mitezza/ tra eterni voli di petali/ lassù a cantare insieme/ agli angeli, a scrivere/ il silenzio degli astri.// Ad attenderci.//”.

*Il realistico e delicato saggio di Umberto De Pace, D’amore e orrore, prefazione di Giacomo Scotti, BellaVite Editore2016.
"‘Tutta questa mia sofferenza non è servita a niente se non se ne parla e questo mi fa ancora più male.’ Goli Otok (Croazia), detta l'Isola Calva, fu sede nel secondo dopoguerra di un campo di concentramento dove vennero detenuti gli oppositori al regime di Tito. Aldo Juretich, fiumano di nascita, subisce l'internamento sull'isola, dal 1948 al 1952: quattro anni di torture fisiche e mentali che lo segneranno per sempre. Riacquistata la libertà, cerca rifugio in Italia, dove incontra l'amore della sua vita, Ada. Ed è lei ad aiutarlo nel difficile compito di raccontare l'orrore vissuto: pagina dopo pagina, la testimonianza di Aldo (raccolta in questo volume) ripercorre il filo della follia umana, con un preciso intento: raccontare l'orrore per scongiurare che avvenga di nuovo” (in https://www.ibs.it/d-amore-orrore-storia-d-libro-umberto-de-pace/e/9788875113056).

*Il saggio di Luigi Lusenti, Una storia silenziosa. Gli italiani che scelsero Tito, Edizioni ComEdit, 2009.
“(…) Nei vari capitoli attraverso i quali si snodano le storie personali e collettive della vicenda narrata da Luigi Lusenti, s’incontrano personaggi ben noti soprattutto ai fiumani, alcuni dei quali nella veste di testimoni narranti delle vicende degli italiani «rimasti»; fra le storie narrate risaltano la strage di Pothum, quella delle foibe, le odissee dell’Isola Calva, le vicissitudini dell’esodo ed altre che coinvolsero anche alcuni dei protagonisti del «controesodo» (…).
«Questa è una storia silenziosa. Molti dei protagonisti vivono ancora ma continuano a tacere – spiega l’autore –. Sono stati, e alcuni sono rimasti, comunisti. Un amore deluso, una passione che il tempo e le vicende umane hanno reso sterile ma che, a distanza di anni, resiste nei loro cuori delicata e bruciante come una fiamma di gioventù. Si svolge a Fiume, in Istria e nel Quarnero, ma anche a Zagabria e a Belgrado e in tanti posti della Jugoslavia di Tito. Sono passati parecchi anni e ho voluto provare a ricostruirla guardando in faccia le persone, impossessandomi più delle emozioni che dei fatti. Ne è uscito un lungo viaggio a cavallo fra il passato e il presente, del quale alla fine mi sono sentito attore come gli altri.
Ho incontrato persone, letto libri, consultato documenti, sfogliato giornali e, con Elliot, posso dire che, assieme, ‘alla fine della nostra esplorazione arriveremo là da dove siamo partiti. E conosceremo quel posto per la prima volta’. Dedico queste pagine alle persone che vi sono raccontate. In tempi lontani fecero scelte difficili. Cercarono di dare un contributo all‘ideale socialista, con sincerità e profondamente convinte di fare bene. Subirono, dagli stessi uomini in cui avevano creduto, una violenta repressione, la loro stessa vita fu per sempre sconvolta. Ma non hanno mai abdicato all‘idea di libertà che continua ad animarli. Non ho scritto un libro, ho imparato una lezione di vita», scrive Lusenti. Gianluigi Falabrino, nella prefazione spiega: «Siamo in presenza di un libro di memorie, di giudizi e anche di storia, sebbene Luigi Lusenti, l’autore, si dichiari impari al compito di storico.
Ma è certamente un libro complesso, che si svolge lungo diversi filoni, che s’incrociano più volte e che, nell’insieme, finiscono per costituire uno dei più seri contributi alla conoscenza delle vicende della Venezia Giulia, del Quarnero (Fiume) e della Dalmazia, dal 1918 al 1954, anno della definitiva spartizione del Territorio libero di Trieste e del ritorno della città giuliana all’Italia (ma anche dell’annessione alla Jugoslavia della cosiddetta Zona B, da Isola d’Istria a Cittanova, dopo che già il Trattato di pace del 1947 aveva assegnato alla repubblica di Tito Zara, Fiume, quasi tutta l’Istria, l’altipiano carsico e l’oltre Isonzo)». 
«Ogni sua pagina, devo dirlo subito, lascia il segno – sostiene Giacomo Scotti nella postfazione –. Poche volte lo scrittore racconta la propria ‘verità’, quasi sempre lascia la parola ai testimoni, ai protagonisti, ad altri autori. Ed anche quando quello che dicono i protagonisti non è tutta la verità oppure è una verità dettata dalle emozioni, sminuita o esagerata da una certa mitologia, dal sentimento o dalla posizione da essi protagonisti avuta negli eventi narrati, non ci lascia indifferenti. Il libro di Lusenti condensa decine di libri»”. (Ne La Voce del Popolo, 26 giugno 2009, in https://www.coordinamentoadriatico.it/gli-italiani-che-scelsero-tito-la-storia-scritta-da-luigi-lusenti)

*Il volume di Maria Rita Bozzetti, Dialogo con Teresa, Prefazione del Cardinale Marcello Semeraro, Introduzione di Vincenzo Guarracino, Nota di Madre Benedetta Grasso, Postfazione di Don Carlo Mezzasalma, Libreria Editrice Vaticana, 2021.

“(…) quando la carità ha gettato radici profonde nell’anima, si mostra anche all’esterno” ((301, pag. 211).
“Il Signore è così buono con me che mi è impossibile aver paura di lui, mi ha dato sempre quello che ho desiderato, o piuttosto mi ha fatto desiderare quello che mi voleva dare” (329, pag. 225).

*La raccolta di poesie di Adelio Fusé, Mosaico del viandante, Book Editore, 2023
“«questo è il mio turno e mi puoi toccare/ non va bene non si deve dicono:/ so cose che tu non sai/ le saprai sono più grande no?/ mi spuntano le tette/ mi spunteranno le rughe// ho il cielo nella testa io/ lo sento lì e mi libera leggera/ e l’ho negli occhi/ se guardi dentro lo vedi»// petto su petto ti tamburellava/ delicata la fronte:/ «anche tu hai il cielo qui/ ma qui soprattutto e qui»/ e le sue dita chiudevano/ la tue palpebre/ prima dei baci appoggiati:/ due occhi due baci//” (pag. 72)


“Alla fine, ci rimangono ancora dei desideri ma non si hanno più illusioni. Si abita un mondo vuoto con un cuore colmo”
(Antonio Scurati, Una storia romantica, Bompiani, 2007/2012, pag. 531)



Nessun commento: