recensione di AR
“La perdita di certezze ci rende morbidi, fluidi come l’acqua.” (p. 78)
È grande, dolce e profonda la sincerità con cui ci viene offerto il percorso di vita di una persona “atletica” e volitiva che a pagina 134 afferma: “Sono le emozioni a renderci immortali”. Ma avendoci precedentemente (p. 127) confessato: “La tristezza è un’emozione pigra, è la via più facile (…), esiste ed è importante viverla senza crogiolarvisi dentro, senza che si trasformi in lasciar andare con rassegnazione o tantomeno in rabbia violenta.”
Sì perché Ilaria a p. 97 ci aveva avvertito: “Il dolore richiede agilità.”
E allora anche il momento di crisi “ha in sé un seme quasi di euforia, forse perché lascia emergere semplicemente quello che desideriamo davvero” (p. 88).
Un libro che ci nutre/ci anima (alma nel suo doppio significato) e ci aiuta, fra le righe avvincenti e ricche di colpi di scena, a meditare… con agilità, con quella leggerezza che ci fa ridimensionare (nel senso di dare le giuste proporzioni, di avere uno sguardo più ampio in cui entrano in gioco gli altri perché noi siamo in quanto siamo nodi di relazioni) le cose e gli eventi.
Veniamo richiamati all’essenziale, a sgomberare il cammino da quanto ci frena, a fare pulizia in noi stessi ma accettando anche gli angoli più bui, inquietanti e spigolosi del nostro cuore; ad accogliere le ferite, gli errori, gli abbandoni, i lutti affidandoli all’Alto; il dolore è necessario attraversarlo sapendo che non siamo soli (p. 56): “Preghiamo perché ci sentiamo precari e questo ci spinge ad aggrapparci al cielo, a entrare in contatto con la nostra scintilla divina (…)”
Questa è la splendida fatica della felicità o (evangelicamente) della beatitudine; quella fatica che ci fa attenti a cogliere in ogni incontro, magari fugace, in ogni situazione tragica o felice qualcosa di provvidenziale. C’è infatti una Verità che ci rende liberi e ci accompagna sempre: non ci toglie tutto il peso del cammino, ma ce lo alleggerisce, a volte lo trasfigura. Come scrive Pupi Avati nella Prefazione (p. 8): “Mi attendevo l’ennesimo testo di denuncia e al contrario mi sono trovato a leggere, in uno stato di commozione crescente, un libro colmo di riconoscenza.”
Il titolo che abbiamo scelto per questa recensione corrisponde alle parole che sigillano il libro; un congedo che è pure una chiave preziosa per leggere Alma, immergersi con consapevolezza nella realtà e leggersi dentro (p. 38): “Ci sembra che le cose accadano all’improvviso, ma in realtà quel magico momento è stato preceduto da un incessante lavorio interiore, capace di creare un varco verso un nuovo sentire.”
Un lavorio che richiede un cuore in ascolto, ci permettiamo di chiosare, in grado di percepire soffio impalpabile della Grazia, che è lo Spirito in noi, attorno a noi, in cammino con noi (se lo accogliamo) per il nostro tratto di storia.
Sentendoci amati non possiamo non amare (p. 31): “Siamo qui per questo, la vera estasi è (…) la capacità di relazionarsi agli altri esseri viventi, è sentire che a seconda dell’intenzione che imprimo a un mio gesto posso modificare il corso degli eventi.”
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