Guido Benzi - Lina Rossi, Questi sono i nomi. Itinerario spirituale con i personaggi dell’Esodo, Paoline 2018
recensione di AR
Una piacevole e sorprendente presentazione dei personaggi del secondo libro della Bibbia (“Questi sono i nomi…” sono le prime parole del libro dell’Esodo, quelle che gli ebrei usano per indicarlo), un testo che ci aiuta a “capire che l’essere umano da solo non può farcela” (p. 10) e che “Il Dio che crea è anche il Dio che salva. (…) Il cammino dell’Esodo mette in rilievo un punto essenziale della fede biblica: solo la scoperta del potere di Dio come creatore dentro la propria vita può permettere a Israele di sradicare l’elemento che sta all’origine della sua schiavitù: la paura, soprattutto quella della morte” (pp. 13 e 14).
Il libro è diviso in sei capitoli dedicati in sequenza: I. a Mosè, II. a ebrei ed egiziani (e anche al bestiame), III. al Faraone, IV. a Maria e Aronne, V. a Giosuè, VI. a Dio. La narrazione è scorrevole e mette in risalto anche lati poco noto dei vari personaggi.
Mosè, che vive la prima parte della sua vita come un principe egiziano, è coraggioso ma “non è esente da paure e timori (…) egli si sente sempre un «emigrato» o, meglio, un «espiantato»” (p. 28), ed “è attanagliato dalla depressione (Es 5,22; 33,12-13; Nm 11,10) e dal dubbio atroce che lo porterà, colpendo la roccia due volte, a sviare l’ordine divino, motivo per cui non potrà entrare nella terra promessa” (p. 29).
Ai personaggi biblici possiamo sempre accostarci con empatia perché ci aiutano a fare discernimento in quanto “c’è necessità di integrare sempre più nella vita spirituale la dimensione della storia e dell’esperienza concreta” (ivi).
Gli autori suggeriscono anche, a partire da ogni “carattere” analizzato, delle azioni, degli atteggiamenti, delle decisioni che aiutino una crescita spirituale mettendo dovutamente in relazione il testo biblico con il nostro vissuto, ad esempio: “Tutto di me – anche i miei stessi difetti e le mie fragilità – può servire a descrivere la mi «storia di salvezza», ne sono consapevole?” (p. 38); “Popolo sacerdotale significa persone capaci di fare memoria di Dio in ogni situazione della loro vita, capaci di rappresentare al vivo l’amore e la misericordia di Dio.” (pp. 56-57); “Non devo affatto reprimere le mie negatività, ma piuttosto scoprire in me il luogo nel quale Dio abita e nel quale questi sentimenti e problematiche non possono entrare. (…) Ciò significa anche vivere in modo corrispondente alla mia natura, a ciò che sono, al mio carattere, al mio temperamento.” (p. 81); “E soprattutto la Scrittura mette a nudo una verità valida in ogni tempo: la vocazione è personale, non è condivisibile, non è cedibile, non è delegabile.” (p. 86); “Le persone ferite che si riconciliano con le loro ferite, possono divenire sorgenti di vita. Proprio la loro ferita le può rendere capaci di comprendere gli altri e di accompagnarli.” (p. 99); “La vita spirituale ha bisogno di disciplina, di pratica e disponibilità a rendere conto di sé, a raccontarsi.” (p. 112); “La preghiera è un dono: prima di essere nostra è dello Spirito Santo, che prega in noi. Dio dona la preghiera a chi gliela chiede: semplicemente e infallibilmente.” (p. 129).
Anche il nostro nome fa dunque parte della narrazione creativa ed efficace di Dio e gli autori ce ne fanno davvero assaporare la presenza in un libro avvincente e di “rinascita” come l’Esodo.
recensione di AR
Una piacevole e sorprendente presentazione dei personaggi del secondo libro della Bibbia (“Questi sono i nomi…” sono le prime parole del libro dell’Esodo, quelle che gli ebrei usano per indicarlo), un testo che ci aiuta a “capire che l’essere umano da solo non può farcela” (p. 10) e che “Il Dio che crea è anche il Dio che salva. (…) Il cammino dell’Esodo mette in rilievo un punto essenziale della fede biblica: solo la scoperta del potere di Dio come creatore dentro la propria vita può permettere a Israele di sradicare l’elemento che sta all’origine della sua schiavitù: la paura, soprattutto quella della morte” (pp. 13 e 14).
Il libro è diviso in sei capitoli dedicati in sequenza: I. a Mosè, II. a ebrei ed egiziani (e anche al bestiame), III. al Faraone, IV. a Maria e Aronne, V. a Giosuè, VI. a Dio. La narrazione è scorrevole e mette in risalto anche lati poco noto dei vari personaggi.
Mosè, che vive la prima parte della sua vita come un principe egiziano, è coraggioso ma “non è esente da paure e timori (…) egli si sente sempre un «emigrato» o, meglio, un «espiantato»” (p. 28), ed “è attanagliato dalla depressione (Es 5,22; 33,12-13; Nm 11,10) e dal dubbio atroce che lo porterà, colpendo la roccia due volte, a sviare l’ordine divino, motivo per cui non potrà entrare nella terra promessa” (p. 29).
Ai personaggi biblici possiamo sempre accostarci con empatia perché ci aiutano a fare discernimento in quanto “c’è necessità di integrare sempre più nella vita spirituale la dimensione della storia e dell’esperienza concreta” (ivi).
Gli autori suggeriscono anche, a partire da ogni “carattere” analizzato, delle azioni, degli atteggiamenti, delle decisioni che aiutino una crescita spirituale mettendo dovutamente in relazione il testo biblico con il nostro vissuto, ad esempio: “Tutto di me – anche i miei stessi difetti e le mie fragilità – può servire a descrivere la mi «storia di salvezza», ne sono consapevole?” (p. 38); “Popolo sacerdotale significa persone capaci di fare memoria di Dio in ogni situazione della loro vita, capaci di rappresentare al vivo l’amore e la misericordia di Dio.” (pp. 56-57); “Non devo affatto reprimere le mie negatività, ma piuttosto scoprire in me il luogo nel quale Dio abita e nel quale questi sentimenti e problematiche non possono entrare. (…) Ciò significa anche vivere in modo corrispondente alla mia natura, a ciò che sono, al mio carattere, al mio temperamento.” (p. 81); “E soprattutto la Scrittura mette a nudo una verità valida in ogni tempo: la vocazione è personale, non è condivisibile, non è cedibile, non è delegabile.” (p. 86); “Le persone ferite che si riconciliano con le loro ferite, possono divenire sorgenti di vita. Proprio la loro ferita le può rendere capaci di comprendere gli altri e di accompagnarli.” (p. 99); “La vita spirituale ha bisogno di disciplina, di pratica e disponibilità a rendere conto di sé, a raccontarsi.” (p. 112); “La preghiera è un dono: prima di essere nostra è dello Spirito Santo, che prega in noi. Dio dona la preghiera a chi gliela chiede: semplicemente e infallibilmente.” (p. 129).
Anche il nostro nome fa dunque parte della narrazione creativa ed efficace di Dio e gli autori ce ne fanno davvero assaporare la presenza in un libro avvincente e di “rinascita” come l’Esodo.
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