venerdì 25 agosto 2017

La forza dell'utopia e del mito…



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Anche per leggere un libro, e per scriverlo, bisogna avere l’animo d’un fanciullo. Questo ho pensato durante i miei giorni  trascorsi in compagnia del romanzo Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco (Rubbettino, gennaio 2017).
Andrea, un ragazzino di dodici anni, è la voce narrante del romanzo, d’una storia corale perfettamente introdotta dal frammento di Borges, tratto da Elogio dell’ombra, posto in epigrafe:
Quei cammini furono echi e passi, donne, uomini, agonie, resurrezioni, giorni e notti, dormiveglia e sogni.
Via dall’Aspromonte è un libro del dormiveglia, ai confini tra realtà storica e visione mitologica, sogno utopico, sofferenza e indicibile gioia. Ha la forza, la straordinaria potenza elementare, delle leggende e delle favole.
Andrea, orfano di madre, racconta la sua vita, negli anni Sessanta, trascorsa con il padre, il suo eroe silenzioso, con i piccoli amici e con la comunità paesana, a correre a perdifiato, a tuffarsi ebbro di luce nella fiumara, a spalancare gli occhi su un mondo meraviglioso e terribile, a impugnare le fionde, a declamare incantato le poesie imparate a scuola, a stringere inorridito il primo coltello.
Racconta d’un piccolo paese poverissimo dell’Aspromonte, Africo, distante sei ore di cammino dal primo centro costiero. Africo non ha luce elettrica, l’unico maestro spesso non può raggiungere la scuola, il medico arriva raramente tra quelle case. Proprio la mancanza di cure mediche, con la conseguente morte d’una giovane partoriente, scatena nel paese la protesta, e il sogno utopico, e naturalmente comunitario, quel comunismo primitivo così smarrito e disprezzato, della costruzione d’una strada che colleghi i luoghi impervi del paese con le linee di maggiore comunicazione del mar Ionio.
La popolazione, unita come un unico organismo, incontrerà enormi ostacoli nel percorso di  realizzazione del sogno: l’opposizione del sindaco e della burocrazia del Comune costiero, e delle forze dell’ordine, rappresentanti d’uno Stato sempre percepito come un nemico, perché presente soltanto nelle angherie e nella repressione verso i ceti più deboli; il contrasto feroce e violento del brigante don Totò, un personaggio enigmatico che ostacola il progetto perché teme la scomparsa delle tradizioni paesane insieme alla  scomparsa dell’isolamento.
Via dall’Aspromonte è una storia di abbagliante luce e spaventosa oscurità, di voci e profumi, di speranza e disperazione, in una Calabria di umori fisici e metafisici in indissolubile unione, così vicina al mondo greco, una fusione di elementi che si manifesta in quei luoghi già percorsi da Pitagora, dai locresi, dai sibariti. È un romanzo pieno di fascino, nelle fulgide visioni del Mito, nella perenne  contesa di Amore e Odio, come in un archetipico Sfero empedocleo. Ed è una storia, inevitabilmente, sulla nostalgia. Ma l’Autore è ben consapevole che tale nostalgia non è legata al dolore d’una inesistente terra da ritrovare, ma riguarda la sofferenza dell’umanità d’ogni tempo, eterna viandante, la ricerca del ritorno a sé stessi, il desiderio ultimo di congiunzione con un’anima fanciulla e universale. Nella parte conclusiva del romanzo troviamo la seguente affermazione d’uno dei personaggi centrali, un altro eroe immortale, l’invincibile spaccapietre:
Tutti lasciano qualcosa, anche quando non partono. Anche se rimangono per tutta la vita nello stesso posto.
La lettura di questo romanzo mi ha trasmesso la gioia d’una infanzia mai perduta. L’incontro con Via dall’Aspromonte è avvenuto durante una recente presentazione del libro presso un piccolo paese, Decollatura, nell’Appennino catanzarese. Il mercato editoriale ci offre  ogni giorno la possibilità di leggere numerosissimi libri. E noi dobbiamo scegliere quali. La conoscenza seppur fugace di Pietro Criaco a Decollatura, la sua straordinaria gentilezza e il suo calore umano, un Autore scaturito dalle sue stesse pagine incantate, hanno guidato la mia scelta verso questo libro.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Bello, dirompente,evocativo; un articolo pieno di sguardi che mi hanno attraversato come una folata di vento improvviso.
Emozionante,da rimanere senza fiato,senz'altro da poter aggiungere.
Gratitudine per aver veicolato con grande capacità di linguaggio, parte del mio sentire.Parole di amore e ombra, di classe alta,ai confini del sogno. Voce che riesce a trovare il cuore delle cose, il bagliore ultimo, quello che intercede tra quello che eravamo e ciò che siamo riusciti a diventare.
Grazie Gaetano per aver voluto condividere il percorso e volte tortuoso che riporta ai miti e all'Utopia.
Un grazie a Ivan Gigliotti che ha organizzato l'evento a Decollatura.
Inoltre un infinito grazie a Ippplita Luzzo tessitrice di rapporti umani e culturali in una Calabria così difficile.
È lei che ha reso possibile gli incontri alimentando quel "sogno utopico" che rende la vita degna di essere vissuta. Pietro Criaco

Subhaga Gaetano Failla ha detto...

E' stata per me una scoperta di straordinaria importanza, Pietro, il tuo romanzo "Via dall'Aspromonte", e anch'io esprimo qui tanta gratitudine nei tuoi confronti. La letteratura continua a offrire grandi doni. La bellezza e la luce dell'utopia che appaiono tra le tue pagine sono fondamentali per un nuovo risveglio.
Colgo l'occasione per unirmi ai tuoi ringraziamenti rivolti a Ivan Gigliotti per la giornata memorabile di cultura organizzata a Decollatura e a Ippolita Luzzo, creatrice di relazioni vivificanti tra letteratura e persone, che mi ha dato la possibilità di conoscere te e la tua Opera.