mercoledì 8 febbraio 2017

Celestina: È possibile abbattere il dolore?

Adalgisa Zanotto, Celestina, FaraEditore 2016


recensione di Vincenzo D’Alessio


https://www.faraeditore.it/html/narrabilando/celestina.html
La raccolta pubblicata dall’Editore Fara di Rimini, opera giunta in finale nel Concorso Faraexcelsior 2016, di Adalgisa Zanotto che reca il titolo Celestina, comprende ben dodici racconti: alcuni già premiati e pubblicati dallo stesso Editore e un inedito dal titolo “Un sole di baci”.
Il motivo conduttore che si stabilisce come trama della scrittura è la possibilità, in questa condivisa esistenza, di abbattere il dolore  e raggiungere il senso pieno della libertà/serenità.

I racconti somigliano molto a delle fiabe, poiché i protagonisti sono sempre esseri umani, realizzate in auree sospese, senza il peso degli oggetti. Il fine ultimo perseguito dall’autrice è raggiungere attraverso i protagonisti la gioia: non quella effimera del possesso quanto quella della completa negazione dell’Io in favore del dare senza chiedere nulla in cambio. Si legga a tal proposito il racconto “La sciarpa rossa” (pag. 28) nel passaggio che segue: “(…) Sono convinto che quelle schegge di parole bisbigliate continueranno ad esistere, per significare esattamente ciò che significano. Come un povero che non ha mangiato da tre giorni e i suoi abiti sono stracciati e così egli apparve davanti al re; ha forse bisogno di dire cosa desidera?”
Il percorso narrativo poggia su esperienze personali maturate nelle attività nelle quali Zanotto è impegnata e qualche pagina di caldo intimo diario.

Sono questi racconti per adulti, per adolescenti, non per bambini, anche se il bambino che è dentro di noi resta turbato dalle sofferenze inferte agli esseri umani dal destino o dall’egoismo dei propri simili (familiari inclusi). Si scopra il racconto dal quale la raccolta prende il titolo: “Celestina” (pag. 47): “(…) Invidiava Leone, il gatto bigio che girava in contrada, perché non si dava cruccio di dimenticare, si risolveva nel presente. Lei invece stava sotto il gran carico del passato, un macigno dover ricordare tutto. S’impegnava sia a dimenticare al momento giusto che a ricordare al tempo giusto, perché ha sempre creduto che nella vita ci vuole l’oblio, come per il suo orto ci vuole non solo la luce, ma anche l’oscurità.”
Lettura, questa, alla quale bisogna concedere attimi di tregua, giuste sospensioni, per assaporare appieno il valore morale, organico, originale, del narrato.

Concordo con l’editore Ramberti quando scrive nella quarta di copertina sul volume: “(…) La penna di Adalgisa Zanotto è fluida, saggia, sa vedere oltre e riscaldare i nostri cuori spesso così provati e sofferenti da cercare rifugio in “soluzioni” effimere o nell’indifferenza. Qui invece, anche nelle situazioni più difficili, ci vengono rivelate quelle fonti nascoste di umanità e fratellanza latenti in ciascuno di noi e capaci di aprire inaspettati cammini di salvezza. ”

Il nome ricorrente in questi racconti è Lucia. Come a indicare al lettore di guardare con gli occhi del cuore, quelli giusti, per iniziare ogni vita. Si avverte nella scrittura la presenza ricorrente della similitudine, indice che la poesia non è nuova nelle mani dell’autrice v. Goccia: “Come si chiama il giorno quando non ci sono /  Chi sono quando guardo il presente dal passato /  Riconosco l’istante miracoloso del presente /  Prigioniera del tempo /  Ho bisogno di una goccia ogni giorno /  La cercherò, piano, nella vita attorno / Sono acqua che scorre. Irraggiungibile” (pag. 54).

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