recensione di Adele Nacci
Ho avuto il piacere di leggere Diversità Apparenti,
che ritengo un libro interessante, che tocca vari punti di riflessione
da quello sociale e politico a quello economico. Questo potrebbe
apparire fuori luogo parlando di disabilità, invece no. Dico questo,
perché quello della disabilità costituisce un campo di ricerca dominato
in larga parte dal paradigma medico specialistico il quale
utilizzando, come riferimento concettuale, la categoria di normalità,
non fa altro che considerare la malattia o il deficit come
un’interruzione dello stato normale. Dunque questo tipo di approccio
specialistico, fa leva sull’assunto ideologico individualista, per
analizzare la vita delle persone nelle loro condizioni sociali e
materiali di vita.
Al contrario in Diversità Apparenti,
è possibile riscontrare un approccio, nel trattare la disabilità, di
tipo “sociale”, al quale siamo meno abituati, e che interpreta la salute
come uno stato di benessere complessivo che comprende non solo
l’aspetto fisico, mentale e sociale, ma anche – cosa fondamentale –
l’interazione della persona con l’ambiente circostante. In questo tipo
di approccio sociale, la malattia o il deficit è calato nell’ambito
della più ampia relazione con fattori sociali, ambientali e fisici, e
non sono considerati isolatamente. È partendo da tale approccio alla
disabilità, che si può mettere in evidenza come gli ostacoli
all’interazione con gli altri, così come lo stigma, nascono dal
sociale, sono il frutto di costruzioni sociali e quindi di condizioni
costruite e contingenti. Come giustamente mi fa notare Carla, la
mancanza di segnalatori acustici negli attraversamenti pedonali,
rappresenta un ostacolo all’interazione sociale, ostacolo che non deriva
da una difficoltà funzionale, ma è costruito culturalmente. Nel caso
specifico è la concezione dello spazio, così com’è stato pensato, ad
essere alla base degli ostacoli. Per rifarmi al sociologo Goffman, il
normale e lo stigmatizzato non sono persone, ma prospettive che si
producono in interazioni sociali in virtù di norme. Così i luoghi per le
persone disabili sono pensati e costruiti in relazione alla patologia e
quindi sull’assenza di quelle condizioni che fondano la socialità, la
comunicazione, la capacità lavorativa… La caratteristica sociale dei
luoghi e degli spazi è quella di poter essere attraversati, scelti,
significati da chiunque voglia collocarsi in essi. Mentre i luoghi
pensati per i disabili non possono essere utilizzati o frequentati da
altre persone! Inoltre, rifacendomi all’approccio sociale teorizzato da
M. Oliver, in una società complessa ogni individuo è coinvolto in
dinamiche di interdipendenza con altri individui e istituzioni: se ad
essere individuato come dipendente è il solo disabile, non è in ragione
del deficit, ma del dispositivo di gestione sociale della disabilità,
delle forze economiche, politiche e sociali che se ne occupano. Ecco
dunque che il libro,
sostanzialmente mette in luce tutti quelli che sono i dispositivi
istituzionali e culturali che tentano di considerare la disabilità come
una tragedia personale, non tenendo conto, invece, che alla base della
disabilitazione stanno le contingenze economiche e l’organizzazione del
sociale che vi corrisponde.
Infine, vorrei mettere in evidenza, come la disabilità viene affrontata in questo libro,
attraverso la narrazione di una esperienza quotidiana con la
disabilità, in quanto Carla De Angelis è madre. Allora ben vengano
queste narrazioni dei disabili da parte di familiari, amici, educatori,
specialisti. Si ha bisogno di una pratica discorsiva che sia capace di
mettere in luce gli spazi attraverso cui possono costruirsi le relazioni
fra i diversi punti di vista, i loro nodi critici, i vincoli normativi,
istituzionali che possono ostacolare queste relazioni continuando a
dare spazio al sapere specialistico, che è dominante ed esclusivo nel
parlare di disabilità. Carla definisce il libro
un atto d’amore e come tutti gli atti d’amore è semplice e complesso:
semplice perché sgorga direttamente dal cuore, complesso perché ogni
atto d’amore richiede tempo, dedizione, comprensione e com-passione.
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