Domenica 27 maggio 1923, in una delle capitali dell’arte e della cultura mondiale, sfacciatamente bella, sempre, Firenze, nacque Lorenzo Milani.
Secondo genito di una ricca famiglia d’intellettuali, dediti al gran tesoro della parola e delle parole, Lorenzo crebbe avvolto da libri, assai stimolato da diversità culturali e linguistiche. Il ceto ebbe il suo peso, ma mai ostentato.
La religione, cristiana e cattolica, entrò dalla finestra (fu battezzato il 29 giugno 1933), per scampare da un possibile pericolo. La madre, Alice Weiss, era ebrea. E, quasi subito, emanò fascino e attrazione, ma il cammino di avvicinamento al bivio che poi ebbe a mutare il signorino Milani era ancora tutto da percorrere. Infatti, i virgulti di famiglie come i Milani-Comparetti non trovano mai la loro vera vocazione, se non dopo percorsi ed esperienze esistenziali tortuose e tormentate avendo, questi, tanto e troppo. Per questo, eccolo disegnatore e pittore (nel 1941), di sicuro talento, ma decisamente in costante ricerca.
Di lì a poco, Lorenzo s’innamorò, e non di una sua coetanea, ma del sacerdozio cattolico, sorprendendo e sconvolgendo tutti dentro la sua famiglia e non solo. Così il 9 novembre 1943, entrò nel seminario di Cestello in Oltrarno. Innamoratissimo, Lorenzo prese molto sul serio la chiamata, come, del resto, gli imponeva il suo carattere, veemente e determinato. Sin dai primi giorni, lontano dagli agi dei Milani-Comparetti, assunse comportamenti evangelici che lasciarono perplessi compagni e educatori. Ma Lorenzo non badò a quest’umanità e andò avanti, senza esitazioni e ripensamenti, sino alla ordinazione sacerdotale: domenica 13 luglio 1947. Suo compagno di Messa fu Silvano Piovanelli, futuro arcivescovo e poi cardinale di Firenze. Circa tre mesi dopo è a Calenzano, cappellano, dove iniziò quelle esperienze pastorali che non tardarono a farlo soffrire e a reagire secondo la sua cultura e gli strumenti che possedeva da sempre.
Da qui a quel che accadde dopo, son stati scritti quintali di carta e per questo non ci soffermiamo, ma andiamo subito a ritrovarlo nella parrocchietta di sant’Andrea in Barbiana, nel Mugello, dove arrivò lunedì 6 dicembre 1954 sotto una pioggia torrenziale, si disse in punizione. Ma, come sempre accade quando opera il Vangelo sine glossa, Barbiana divenne il vero e unico miracolo di Don Lorenzo Milani grazie alla sua Scuola, in canonica, e al suo metodo.
Poi per lui vennero anche i guai, dal mondo civile e dall’istituzione Chiesa, anche questi noti e anche troppo dibattuti e strumentalizzati. A riguardo, le ideologie di ieri e di oggi, dimenticano che Don Milani ebbe a scrivere e pubblicare, nonostante le opposizioni, le critiche e l’isolamento, che: “Non mi ribellerò mai alla Chiesa, perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa”.
La Scuola di Barbiana e il suo priore-maestro, in pochi anni, attirarono curiosità, interesse, visite, interventi, amici e nemici. Fu questa Scuola a dare alle stampe, nel maggio 1967, quella: Lettera a una professoressa, che tanta risonanza avrebbe avuto, proprio negli anni del miracolo economico, dentro la società, la cultura e politica italiana.
Don Lorenzo Milani morì quasi un mese dopo, lunedì 26 giugno 1967, nella sua Firenze. Nel suo testamento per i ragazzi, ebbe a scrivere: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto”.
A cento anni dalla sua nascita, è certo, è sicuro, Don Milani insegna ancora.
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