sabato 1 febbraio 2020

Servatis Vitam di Enrica Teresa Messana. Recensione a cura di Cinzia Demi


Osservando la vita


 Inizia con l’affermazione Vorrei sapere niente questo secondo libro di Teresa Enrica Messana (Servatis Vitam, edito da Il Foglio di Gordiano Lupi, 2019) che, dopo aver pubblicato Ritroviamo le parole – 50 haiku, edito da Simposium nel 2014, ed essersi quindi concentrata principalmente sul quel genere poetico, ritorna a far sentire la sua voce attraverso una raccolta di poesie (che contiene comunque, se pure in piccolissima parte, una sezione finale dedicata agli haiku) che affonda le radici nelle tematiche interiori e introspettive che trovano come punto di riferimento la natura e l’osservazione di questa e, naturalmente, l’assimilazione di ciò che ne ritorna dentro. Più panteistica che contemplativa la vena di Enrica Messana non sembra esaurirsi mai in questa direzione e il verso iniziale sopra citato sembra darci ragione: Vorrei sapere niente perché così posso imparare tutto, posso continuare a cercare, ad approfondire, a parlarne… e perché anche se i cerchi si chiudono (questo è il secondo verso del testo) ovvero anche se la sofferenza sembra che mi porti via questo desiderio, in realtà (e questo è il terzo e ultimo verso) le spirali portano al cuore… ovvero non c’è modo di non “sentire”, di non desiderare di conoscerlo, osservandolo, il mondo esterno, la natura, la vita e, certamente, il rapporto tra se stessa e la vita, e la natura… Se si dovesse riflettere sulla base delle due correnti letterarie che si contendono il rinnovamento ideologico oggi a Milano, patria della nostra poesia contemporanea, si potrebbe assimilare la poesia della Messana al Mitomoderismo – il cui fondatore e maggior esponente è Tomaso Kemeny -  e non al Realismo terminale – il cui ideatore è Guido Oldani – in quanto le metafore utilizzate, le similitudini e i riferimenti sono ascrivibili appunto alla natura – intesa in senso di elementi vitali – e non a oggetti privi di anima, materiali che denotano un degeneramento della condizione umana in quanto tale. Una poesia dunque, per certi versi, lirica che riprende la tradizione della grande poesia lirica europea mischiandola al più razionale e concentrato genere orientale, quello dell’haiku. Ciò che ne nasce è un susseguirsi di immagini che evocano la spiritualità nascosta o evidente che sia nei gesti, nei pensieri, nei sentimenti che accompagnano il cammino del poeta e dell’uomo.  Una poesia che giunge al nocciolo della questione: salvare l’essenza della vita ma anche quella della morte, entrambe facenti parte dell’io che ritorna unitario, dopo la frantumazione novecentesca. Una poesia che smaschera le finzioni, che vuole che i semi rinascano, così come deve rinascere il cuore dopo un’esperienza dolorosa, fors’anche di morte – perché la morte può diventare una pausa necessaria -. 
L’altro grande tema che compare e scompare tra i versi del libro di Enrica Messana è quello del tempo, tema fondamentale per i poeti che, da sempre, lo hanno affrontato e lo affrontano in diverse variabili compresa quella, possibile solo attraverso l’artificio poetico, del rovesciamento temporale. Metodo utilizzato da Giorgio Caproni, ad esempio, quando ne I Versi livornesi, della raccolta Il seme del piangere, - per inciso il più bel canzoniere d’amore del nostro ‘900 letterario – il poeta parla della madre Annina come se egli ne fosse stato il fidanzato, in un rovesciamento temporale dove l’autore si colloca nella Livorno degli anni 20 del ‘900 e chiede alla sua anima di farsi preghiera per parlare al cuore della giovane ragazza (la madre appunto)… il tutto per renderci un’immagine viva, reale, efficace e coinvolgente di questa giovane donna e del suo modo di essere… si potrebbero fare altri esempi ma questo penso sia sufficiente per collocare, per certi versi, anche alcuni testi di Enrica in questa dimensione, come nel caso di questo passaggio: e sarai il nulla che mi culla/nelle giornate tristi/e il tutto che mi farà ridere /quando tornerò bambina … dove il rovesciamento è dato appunto dal pensare a questo amore attuale come a un affetto quasi paterno che cullerà l’autrice quando sarà di nuovo bambina… o nell’altro passaggio: sarai mio figlio perché cresciuto/questo sarà servito per non lasciarci mai dove il rito del rovesciamento temporale si ripete con la figura amata che diventa figlio e (giusto per citarne ancora uno): Ci ritroveremo in ogni frammento di stelle/ad ogni alba che fa battere le ali delle farfalle laddove il ritrovarsi ritorna nella dimensione temporale sospesa dell’universo che non è più reale ma diventa immaginifico e carico di mistero.
Infine, un altro filone che ritroviamo nella poesia di Enrica Messana è quello della rinascita, presente soprattutto nella seconda parte del libro. Questo naturalmente ci fa pensare subito a Ungaretti che, se pure per altre motivazioni e per altri contesti, ha affrontato questo tema. Pensiamo alla lirica Risvegli laddove in seguito alla dolorosa esperienza delle guerra, che il poeta combatte in prima persona, egli stesso ci dice di essersi sentito rinascere, dopo le altre vite vissute in quel contesto, lontano dal suo mondo-spazio-tempo. La rinascita per Ungaretti sarà consentita dal ritorno in famiglia, che lo riporta nel presente, nella tranquillità della vita reale e dal ritrovamento di una spiritualità dove Dio sarà visto come una piccola creatura spaventata che piange per gli orrori degli uomini ma questo pianto lo rigenera e lo conforta. Questo excursus sul testo di Ungaretti è stato necessario per riagganciarmi, almeno in parte, ai testi di Enrica.  In nascere l’autrice ci riporta – in un altro salto temporale – all’età bambina, che rivede guardando il mare, e che, nel panta rei (nel tutto scorre) la reimmette in quello scorrere che è un unicum tra il fiume il mare e la vita stessa guardata dalla riva… come una rinascita continua. In un altro testo troviamo il dettato di Amore e psiche che indicano la strada per far rinascere l’amore stesso. E, infine, è nella simbologia di una casa dalle fondamenta salde nonostante le crepe, dalle sedie vuote nonostante l’apparecchiatura a festa della tavola, che viene cercata la rinascita… la notte resterà senza fuochi ma come i germogli nati tra le rovine, si aspetterà l’alba e il nuovo sole. Una rinascita dunque che sembra immergersi nella natura dove tutto scorre, nell’amore e nell’apparente quiete di una quotidianità dove si aspetta sempre l’alba.

Vorrei sapere niente
I cerchi si chiudono,
Le spirali portano al cuore.

***

L’alba
non arriva per gioco,
la notte nera la chiama
per salvare soli svaniti
e il tramonto veglia una dea
mentre gli specchi riflettono a stento amore.

***

Respiro la tua anima
come amore scolpito tra le mie mani
e sarai il nulla che mi culla
nelle giornate tristi
e il tutto che mi farà ridere
quando tornerò bambina.

***

Nascere
Mi fermo a guardare la riva
sono bambina
la luce è andata a nascondersi
affondo una mano e affiorano frammenti liquefatti
provo  piacere nel sentire il tutto che scorre.
Appaiono immagini di case costruite con l’argilla ricordi di bambini che giocano,
muri nella notte e ombre di civili che attraversano il mondo obbedendo al destino
È’ fiume la vita che scorre nel suo corso per tornare al mare e sono acqua io che osservo la riva.

 

Enrica Teresa Messana è nata a Bolzano nel 1963, ha vissuto a Palermo fino all'età di nove anni. Attualmente vive a Bologna dove lavora come bibliotecaria. I suoi molteplici interessi la portano a essere artisticamente attiva. Ha organizzato eventi di poesia sia in Sicilia che a Bologna. Ha pubblicato Ritroviamo le parole - 50 haiku (Edizioni Simposium, 2014) e Servatis Vitam (Edizioni il Foglio, 2019).


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