venerdì 13 aprile 2018

Un intenso approccio lirico alla condizione umana


Introduzione a Celestina di Adalgisa Zanotto
24 marzo 2018 – Biblioteca di Noale




Introduzione generale

Mi piacerebbe cominciare questa introduzione ricordando una poesia di Cecília Meireles, poetessa brasiliana del tardo Modernismo perché in qualche modo questa poesia risuona in Celestina, il libro di racconti di Adalgisa Zanotto. Originalmente scritta in portoghese brasiliano, la versione seguente è stata tradotta in italiano:


Cecília Meireles: L’arte di essere felici


Ci fu un tempo in cui la mia finestra si apriva su una città che sembrava fatta di gesso.
Vicino alla finestra c’era un piccolo giardino quasi secco.
Era un periodo di siccità, di terra sbriciolata, e il giardino sembrava morto.
Ma tutte le mattine veniva un povero con un secchio,
e, in silenzio, gettava con la mano alcune gocce d’acqua sulle piante.
Non era un annaffiare: era una specie di aspersione rituale perché il giardino non morisse.

E io guardavo le piante,
e l’uomo, e le gocce d’acqua che cadevano dalle sue dita magre
e il mio cuore era completamente felice.
A volte apro la finestra e trovo il gelsomino in fiore. Altre volte trovo nuvole dense.
Vedo bambini che vanno a scuola. Passeri saltellare sul muro.
Gatti che aprono e chiudono gli occhi, sognando i passeri.
Farfalle bianche, a due a due, come riflesse nello specchio dell’aria.
Calabroni che sembrano sempre personaggi di Lope de Vega. A volte, un gallo canta.
A volte, un aereo passa.
Tutto è sicuro, al proprio posto, a compiere il proprio destino. E io mi sento completamente felice.
Ma, quando parlo di queste piccole felicità sicure,
che sono davanti a ogni finestra, alcuni dicono che queste cose non esistono, altri che esistono solo davanti alle mie finestre, e altri,
infine, che per vederle così devi imparare a guardare.

(Traduzione di Emilio Capaccio)


In qualche modo questa poesia risuona in Celestina, il libro di racconti di Adalgisa Zanotto. Sono 12 racconti che raccontano tematiche come la perdita, il passaggio del tempo, l’incontro-lo scontro, la ricerca della libertà, la ricerca della felicità, l’amore in forme diverse. Si tratta di un approccio predominantemente lirico (anche se si tratta di narrativa) della condizione umana, osservabile nella forma con cui il testo narrato espone i sentimenti, le relazioni umane ed affettive, le limitazioni e le incapacità dell’essere umano di fronte alla vita ma anche l’analisi dei suoi piccoli gesti, semplici ma carichi di significato/sentimento. Come nella poesia di Cecília Meireles, “Tutto è (...) al proprio posto, a compiere il proprio destino”. Sulla superficie della pagina, i dettagli sfuggono alla percezione della vita quotidiana ma l’autrice li ha saputo cogliere con la sua sensibilità (e qui richiamiano alla poesia di Cecília Meireles “che per vederle così devi imparare a guardare.”). L’apparente banalità dei gesti quotidiani nasconde quanto c’è di profondo e di lirico in quelle vite raccontate.

Le storie fanno avanti e indietro nel tempo tra realtà e memoria. La pagina volge spesso lo sguardo su una dimensione famigliare nella scelta delle situazioni e delle immagini che spesso avvengono tra membri di una stessa famiglia (tra nonno e nipote, come anche tra nonna e nipote, tra mamma e figlia come anche tra mamma e figlio, tra padre e figli, tra sorelle e il padre) in un ambiente carico di peso memorialistisco.
Come nella poesia di Cecília Meireles, lo sguardo del narratore riparte da una finestra che si apre su una città che sembra fatta di gesso (“Ci fu un tempo in cui la mia finestra si apriva su una città che sembrava fatta di gesso”) per raccontare attimi di vita e sentimenti, di un gelsomino in fiore e di un cuore felice (come nei versi di Cecilia Meireles). Ma anche di nuvole dense: malattia e morte ci raccontano della precarietà della vita e dell’essere appesi ad un filo di ragnatela.


Alcuni racconti e le loro tematiche principali

Nel racconto “Il prato”, il tempo stringe alla ricerca della semplicità che può essere racchiusa nel prato e tutto può diventare l’ordine delle cose; è il tempo della serenità: “Il presente riprende il proprio ordine, l’essenza. Il futuro la sua speranza” (“Tutto è sicuro, al proprio posto, a compiere il proprio destino. / E io mi sento completamente felice” – Cecília Meireles).
Nel racconto “La fotografia”, la fotografia racconta di un tempo che non c’è più ma che può ritornare; è la fotografia (e quello che evoca) a “sancire una continuità tra quello che passa e quello che resta”. Nella poesia di Cecília Meireles, quello del povero con un secchio “Non era un annaffiare: era una specie di aspersione rituale perché il giardino non morisse”. Questa ritualità si fa presente nel racconto nel momento in cui la fotografia fa sì che quel passato, quella persona (la mamma), quell’affetto, quei momenti vissuti insieme non muoiano. La fotografia richiama la memoria del passato (vivo nel presente) ed in effetti era rimasta in garage insieme ad attrezzi, oggetti da riparare, cose vecchie ed i ricordi del papà; essa stessa funge da memoria. Riporta un ritaglio di vita, racconta attimi vissuti con gioia e dolore, attimi di vita e di morte.
Ne “La fuga” si allacciano i punti di fuga e si ritrovano nell’incontro che può essere tra madre e figlio, tra madre i figlia, tra famiglie, ma anche incontri fugaci, tutti esuli che siamo. E ancora una volta la libertà.
Nel racconto “La terra cucita addosso” la sofferenza del migrante naufrago strappato alla sua terra spinge e trascina nella sua corsa i ritmi di un’altra vita, i legami persi, i ricordi. La corsa del bambino Selam viene interrotta mentre la vita segue celere la sua stessa corsa. Lui riprende la sua conscio delle sue origini (“Perché nulla di ciò che faremo o saremo possa mai cancellare le nostre origini. Perché la nostra origine ci conduce al giusto posto”) e rincuorato da nuovi affetti in una cornice musicale e misteriosa che è pura vita nella vita.

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