Fortuna Della Porta: Ragnatele – Edizioni “Il mio libro” - GEDI 2017.
recensione di Vincenzo D’Alessio
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recensione di Vincenzo D’Alessio
Ritrovo dopo alcuni anni la scrittura di Fortuna Della Porta nel romanzo Ragnatele edito dal Gruppo Editoriale GEDI nell’ottobre del 2017, il quinto della ricca produzione letteraria dell’autrice.
Ho avuto modo di apprezzare l’originalità della scrittura, fluida e accattivante, nella raccolta poetica La sonnolenza delle cose, (LietoColle 2010) recensita su farapoesia a dicembre dello stesso anno.
Arianna è la protagonista della storia e, come l’antica figlia di Minosse, ci guida in un tragitto sotterraneo alla ricerca del mondo della memoria nel riverbero della luce del presente incalzante.
Nell’analogia con la grotta platonica del Libro VII della Repubblica, la scrittrice ci lascia comprendere quanto ardua sia la strada della conoscenza del genere umano che, in questo romanzo, prende nomi, abita luoghi e nutre affetti nei confronti della protagonista: “Da stamani perdo il controllo e ho di nuovo le allucinazioni. Mi trovavo in una grotta e non riuscivo a uscirne” (p. 119).
I personaggi protagonisti dall’infanzia alla fine dell’esistenza di Arianna, sono guidati dal filo lucente dell’avventura nei meandri dell’economia, della violenza, degli appuntamenti con l’invalicabile Destino.
La gioventù spensierata, nella comunità meridionale dove la protagonista nasce, è la parte più bella e l’ordito più dolce delle sfere sensoriali alle quali il lettore è chiamato a partecipare avventurandosi nell’immaginario viaggio in treno: “(…) E se vengono dal sud, le persone ti offrono pranzo colazione e cena a seconda dell’orario tirando fuori pane elastico e bucherellato e dolci secchi che sembrano impastati dagli arabi” (p. 39).
La violenza sulle donne muove la scacchiera degli avvenimenti a partire dall’aborto procurato per volontà dei suoi genitori ad Arianna, la morte improvvisa in mare del vero amore della sua vita Lorenzo, per finire alla tragica caduta dalle scale nella sua casa, dalla quale nasce l’incipit del romanzo: un giallo intessuto di rosa.
Le pagine trascinano il lettore lungo sbalzi temporali che danno l’idea della costruzione di quelle ragnatele che si formano nella mente umana, come in quella di Arianna, e che si attivano nel momento estremo dell’incoscienza, della prevalenza del mondo interiore, per assurdo scollegato dalla realtà che procede.
L’eutanasia è l’altro elemento prevalente del racconto che ai giorni nostri occupa le pagine dei giornali e che sembra giunto ad un punto saldo di legalità.
L’energia vitale della protagonista, amata dagli amici, dagli studenti, dalla gente comune per la semplicità e l’amore con le quali si accosta alle vicende della vita quotidiana, si affianca all’incomprensione del marito, Ranieri, preso dalla foga dell’arrivismo e dell’indifferenza di fronte alla figura femminile.
Due stridenti facce della società contemporanea costretta a sopravvivere con la mancanza dei valori morali e religiosi decaduti dopo l’avvento di quel falso benessere definito da troppe voci come “ripresa economica degli anni Settanta”.
Nel dialogo interiore che la protagonista assume durante il coma emerge la volontà di non arrendersi all’incontro con la Morte: “(…) Non voglio. Non sono pronta. Mi manca ancora qualcosa perché possa dire che mi basta quanto ho vissuto. Vorrei prima superare le ragnatele della memoria e sapere esattamente chi sono e dopo potrei rinunciare alla resa della mia dignità in questo letto. Potrei decidere di arrendermi” (p. 120).
Mentre il dialogo della mente si svolge, come filo conduttore del romanzo, intorno ad Arianna i personaggi si contendono l’esistenza considerando le proprie relazioni sociali, le istanze future e il consolidamento delle mancate prospettive che ora sembrano possibili valutando le condizioni della protagonista: una diretta presa di coscienza sul fine vita.
L’autrice, tramite una coprotagonista del romanzo, Elisa, lascia trapelare le attese e il valore del suo libro: “(…) Matteo, il mio bellissimo figliolo, ha presentato un articolo a una rivista ed è stato accettato. Ecco, te lo mostro, Si tratta di una intervista a una scrittrice che ha pubblicato un piccolo libro. Un giallo, si capisce. A me non piace molto quel genere, neppure a lui. Lo so perché ne abbiamo parlato qualche volta e insieme a me si domanda perché al giorno d’oggi si scrivono e si vendono solo polizieschi. Amo le storie romantiche, mi fanno commuovere” (p. 77).
Molti altri sono i temi d’attualità compresi nelle pagine di questo lavoro come la sorte degli immigrati: “(…) Se mi fermo a vagliare le ingiustizie, i massacri… Il dolore… Interi continenti perennemente sull’orlo di una guerra: popoli così vicini, appena oltre il mare, affamati e noi che potremmo restiamo indifferenti… col mare impietoso che li ingoia se solo si affacciano a tentare” (p. 36). E quella degli anziani che formano la maggior parte della popolazione del nostro paese: “(…) Matteo ha già la valigia pronta e io mi accingo a vivere come una vedova senza figli e tra poco avrò bisogno di una badante e sembrerò una di quelle vecchiette che tiranneggiano la propria badante mentre fanno la spesa al supermercato” (p. 79).
C’è una uscita dall’insidia delle ragnatele tessute dal Destino inconsapevolmente in ognuno di noi, l’autrice ancora una volta l’affida ad un luminare della Scienza, il dottore Crisafulli che ha assistito Arianna negli ultimi istanti della sua esistenza: “(…) Crisafulli entrò a questo punto e si sedette sul letto. «Sapete, ho appena avvertito mio figlio, che poco prima dell’incidente ha discusso la tesi con lei. Non ci voleva credere… Mi ha detto che non appena riuscirà a pubblicare la tesi metterà sul frontespizio la dedica ad Arianna Rispoli. L’ho sentito con la voce incrinata. Forse ne era un po’ innamorato…»” (p. 210).
Ho avuto modo di apprezzare l’originalità della scrittura, fluida e accattivante, nella raccolta poetica La sonnolenza delle cose, (LietoColle 2010) recensita su farapoesia a dicembre dello stesso anno.
Arianna è la protagonista della storia e, come l’antica figlia di Minosse, ci guida in un tragitto sotterraneo alla ricerca del mondo della memoria nel riverbero della luce del presente incalzante.
Nell’analogia con la grotta platonica del Libro VII della Repubblica, la scrittrice ci lascia comprendere quanto ardua sia la strada della conoscenza del genere umano che, in questo romanzo, prende nomi, abita luoghi e nutre affetti nei confronti della protagonista: “Da stamani perdo il controllo e ho di nuovo le allucinazioni. Mi trovavo in una grotta e non riuscivo a uscirne” (p. 119).
I personaggi protagonisti dall’infanzia alla fine dell’esistenza di Arianna, sono guidati dal filo lucente dell’avventura nei meandri dell’economia, della violenza, degli appuntamenti con l’invalicabile Destino.
La gioventù spensierata, nella comunità meridionale dove la protagonista nasce, è la parte più bella e l’ordito più dolce delle sfere sensoriali alle quali il lettore è chiamato a partecipare avventurandosi nell’immaginario viaggio in treno: “(…) E se vengono dal sud, le persone ti offrono pranzo colazione e cena a seconda dell’orario tirando fuori pane elastico e bucherellato e dolci secchi che sembrano impastati dagli arabi” (p. 39).
La violenza sulle donne muove la scacchiera degli avvenimenti a partire dall’aborto procurato per volontà dei suoi genitori ad Arianna, la morte improvvisa in mare del vero amore della sua vita Lorenzo, per finire alla tragica caduta dalle scale nella sua casa, dalla quale nasce l’incipit del romanzo: un giallo intessuto di rosa.
Le pagine trascinano il lettore lungo sbalzi temporali che danno l’idea della costruzione di quelle ragnatele che si formano nella mente umana, come in quella di Arianna, e che si attivano nel momento estremo dell’incoscienza, della prevalenza del mondo interiore, per assurdo scollegato dalla realtà che procede.
L’eutanasia è l’altro elemento prevalente del racconto che ai giorni nostri occupa le pagine dei giornali e che sembra giunto ad un punto saldo di legalità.
L’energia vitale della protagonista, amata dagli amici, dagli studenti, dalla gente comune per la semplicità e l’amore con le quali si accosta alle vicende della vita quotidiana, si affianca all’incomprensione del marito, Ranieri, preso dalla foga dell’arrivismo e dell’indifferenza di fronte alla figura femminile.
Due stridenti facce della società contemporanea costretta a sopravvivere con la mancanza dei valori morali e religiosi decaduti dopo l’avvento di quel falso benessere definito da troppe voci come “ripresa economica degli anni Settanta”.
Nel dialogo interiore che la protagonista assume durante il coma emerge la volontà di non arrendersi all’incontro con la Morte: “(…) Non voglio. Non sono pronta. Mi manca ancora qualcosa perché possa dire che mi basta quanto ho vissuto. Vorrei prima superare le ragnatele della memoria e sapere esattamente chi sono e dopo potrei rinunciare alla resa della mia dignità in questo letto. Potrei decidere di arrendermi” (p. 120).
Mentre il dialogo della mente si svolge, come filo conduttore del romanzo, intorno ad Arianna i personaggi si contendono l’esistenza considerando le proprie relazioni sociali, le istanze future e il consolidamento delle mancate prospettive che ora sembrano possibili valutando le condizioni della protagonista: una diretta presa di coscienza sul fine vita.
L’autrice, tramite una coprotagonista del romanzo, Elisa, lascia trapelare le attese e il valore del suo libro: “(…) Matteo, il mio bellissimo figliolo, ha presentato un articolo a una rivista ed è stato accettato. Ecco, te lo mostro, Si tratta di una intervista a una scrittrice che ha pubblicato un piccolo libro. Un giallo, si capisce. A me non piace molto quel genere, neppure a lui. Lo so perché ne abbiamo parlato qualche volta e insieme a me si domanda perché al giorno d’oggi si scrivono e si vendono solo polizieschi. Amo le storie romantiche, mi fanno commuovere” (p. 77).
Molti altri sono i temi d’attualità compresi nelle pagine di questo lavoro come la sorte degli immigrati: “(…) Se mi fermo a vagliare le ingiustizie, i massacri… Il dolore… Interi continenti perennemente sull’orlo di una guerra: popoli così vicini, appena oltre il mare, affamati e noi che potremmo restiamo indifferenti… col mare impietoso che li ingoia se solo si affacciano a tentare” (p. 36). E quella degli anziani che formano la maggior parte della popolazione del nostro paese: “(…) Matteo ha già la valigia pronta e io mi accingo a vivere come una vedova senza figli e tra poco avrò bisogno di una badante e sembrerò una di quelle vecchiette che tiranneggiano la propria badante mentre fanno la spesa al supermercato” (p. 79).
C’è una uscita dall’insidia delle ragnatele tessute dal Destino inconsapevolmente in ognuno di noi, l’autrice ancora una volta l’affida ad un luminare della Scienza, il dottore Crisafulli che ha assistito Arianna negli ultimi istanti della sua esistenza: “(…) Crisafulli entrò a questo punto e si sedette sul letto. «Sapete, ho appena avvertito mio figlio, che poco prima dell’incidente ha discusso la tesi con lei. Non ci voleva credere… Mi ha detto che non appena riuscirà a pubblicare la tesi metterà sul frontespizio la dedica ad Arianna Rispoli. L’ho sentito con la voce incrinata. Forse ne era un po’ innamorato…»” (p. 210).
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