L’energia che muove la quotidianità nei paesi e nei quartieri è viva ed autentica: si è fermata poche volte di fronte alle guerre e ai fenomeni naturali, ma la sostanza è rimasta attiva come un sotterraneo fluido nella vita della gente che li popolano.
Mutano i tempi, la capillare pianta del web diventa padrona ogni giorno delle nostre esistenze, ma i mezzi di divulgazione delle voci, dei suoni, dei ritmi musicali dei quartieri non si perde, anzi assume altre consonanze antropologiche.
Lo hanno scritto e portato sulle scene Giovanna Iorio con il volume Succede nei paesi (FaraEditore 2017), lo spettacolo si è svolto proprio nel paese d’origine (Pietradefusi) curato intensamente dalle musiche del gruppo Notturno Concertante e Enzo Marangelo con il progetto “Demografie” (inserito nel più ampio contesto dei “Quartieri di vita” 2017 della Regione Campania).
Giovanna, poetessa e scrittrice, oggi vive a Londra ed ha raccontato da anni la quotidianità del suo paese nell’Irpinia incantato dal profumo del torrone tutto l’anno: paesi poveri all’occhio estraneo, con tessuto urbano deformato dall’incuria, umiliato dai politici di turno, vivo e prolifico in una quotidianità che si apre al cantare del gallo.
Eppure quel niente è parte di un’energia che rimuove il dolore degli abbandoni, il malessere delle malattie, l’indefinito della Morte: “Succede nei paesi che non succede niente. Ma non il niente della città. Un niente differente” (p. 13).
La metonimia la fa da padrona all’occhio attento dello scrittore e del regista tanto che: “Succede nei paesi che fai una fotografia al paesaggio e le case si mettono in posa. Qualcuna apre le tende.” (p. 16).
Le radici nascoste nel paese interiore del viaggiatore trovano l’acqua che le hanno alimentate sul nascere e la frescura nei ritorni, forse anche amari, perché chi viene mandato a comandare non sa redimere la cortina opaca dell’immobilismo con gli occhi della mente: “Succede nei paesi che al bar ci sono solo maschi. «Metteteci le macchine da cucire e toglièt‘ queste slòt mascin!», ho sentito dire a una moglie trascurata.” (p. 16).
Enzo Marangelo, al secolo Vincenzo, è l’attore regista che ha viaggiato fin sulle Ande per carpire l’alito dell’Eterno: lo ha cercato nelle fonti andine, nei graniti di Machu Picchu, nei colori sgargianti dei vestiti di quella gente ed ha ritrovato l’ospitalità gradevole che è anche della gente del suo paese irpino.
Ha trovato quell’alito nella Terra, il progetto curato nel 2016. L’ha riproposto in questa nuova versione inclusa nel progetto regionale “Quartieri di vita 2017” che ha chiamato “Demografie” (Profili, Ripopolare e Origini) che dovrebbe collegarsi all’energia vitale che ha mosso la gente di un luogo a scegliere spazi da abitare, società da realizzare, continuità delle attività produttive: così descrive nel Catalogo, annesso al progetto, il Nostro:
“(…) un laboratorio teatrale che vuole indagare il concetto di geografia umana della contemporaneità sociale, oggi sempre più contradittoria e preda del vuoto relazionale. (…) Ripopolare le mura di case, di stanze vuote, tentando uno sguardo che venga dall’interno, dalla storia minima di chi in periferia radica le proprie origini. Demografie riempirà la scena di microcosmi artistici, su temi socio-culturali che scaturiranno dal confronto e dal dialogo dei partecipanti.”
Entrambi gli autori, posizionati in luoghi diversi, hanno scelto di rianimare la forza che da millenni circola nella gente migliore, spesso costretta ad abbandonare le radici “nascoste nei camposanti” pur di non piegare la propria identità all’abbandono del silenzio.
Bellissime scelte che fanno paura a chi comanda. Fanno paura alla gente che non vuole i cambiamenti. Fanno paura ai furbi che restano saldi nei ruoli sociali di padre in figlio senza avvertire la sollecitudine dei tempi.
Ho consegnato il volume di Giovanna Iorio al regista Enzo Marangelo con l’auspicio di includere nel suo programma anche l’energia che ha mosso la scelta dell’Autrice: “Succede nei paesi che tua madre usi ancora lo stesso ammorbidente che profuma di fiori. E mentre metti in valigia i vestiti, ti accorgi che sono più morbidi. E anche i tuoi pensieri.” (p. 26).
Giovanna, poetessa e scrittrice, oggi vive a Londra ed ha raccontato da anni la quotidianità del suo paese nell’Irpinia incantato dal profumo del torrone tutto l’anno: paesi poveri all’occhio estraneo, con tessuto urbano deformato dall’incuria, umiliato dai politici di turno, vivo e prolifico in una quotidianità che si apre al cantare del gallo.
Eppure quel niente è parte di un’energia che rimuove il dolore degli abbandoni, il malessere delle malattie, l’indefinito della Morte: “Succede nei paesi che non succede niente. Ma non il niente della città. Un niente differente” (p. 13).
La metonimia la fa da padrona all’occhio attento dello scrittore e del regista tanto che: “Succede nei paesi che fai una fotografia al paesaggio e le case si mettono in posa. Qualcuna apre le tende.” (p. 16).
Le radici nascoste nel paese interiore del viaggiatore trovano l’acqua che le hanno alimentate sul nascere e la frescura nei ritorni, forse anche amari, perché chi viene mandato a comandare non sa redimere la cortina opaca dell’immobilismo con gli occhi della mente: “Succede nei paesi che al bar ci sono solo maschi. «Metteteci le macchine da cucire e toglièt‘ queste slòt mascin!», ho sentito dire a una moglie trascurata.” (p. 16).
Enzo Marangelo, al secolo Vincenzo, è l’attore regista che ha viaggiato fin sulle Ande per carpire l’alito dell’Eterno: lo ha cercato nelle fonti andine, nei graniti di Machu Picchu, nei colori sgargianti dei vestiti di quella gente ed ha ritrovato l’ospitalità gradevole che è anche della gente del suo paese irpino.
Ha trovato quell’alito nella Terra, il progetto curato nel 2016. L’ha riproposto in questa nuova versione inclusa nel progetto regionale “Quartieri di vita 2017” che ha chiamato “Demografie” (Profili, Ripopolare e Origini) che dovrebbe collegarsi all’energia vitale che ha mosso la gente di un luogo a scegliere spazi da abitare, società da realizzare, continuità delle attività produttive: così descrive nel Catalogo, annesso al progetto, il Nostro:
“(…) un laboratorio teatrale che vuole indagare il concetto di geografia umana della contemporaneità sociale, oggi sempre più contradittoria e preda del vuoto relazionale. (…) Ripopolare le mura di case, di stanze vuote, tentando uno sguardo che venga dall’interno, dalla storia minima di chi in periferia radica le proprie origini. Demografie riempirà la scena di microcosmi artistici, su temi socio-culturali che scaturiranno dal confronto e dal dialogo dei partecipanti.”
Entrambi gli autori, posizionati in luoghi diversi, hanno scelto di rianimare la forza che da millenni circola nella gente migliore, spesso costretta ad abbandonare le radici “nascoste nei camposanti” pur di non piegare la propria identità all’abbandono del silenzio.
Bellissime scelte che fanno paura a chi comanda. Fanno paura alla gente che non vuole i cambiamenti. Fanno paura ai furbi che restano saldi nei ruoli sociali di padre in figlio senza avvertire la sollecitudine dei tempi.
Ho consegnato il volume di Giovanna Iorio al regista Enzo Marangelo con l’auspicio di includere nel suo programma anche l’energia che ha mosso la scelta dell’Autrice: “Succede nei paesi che tua madre usi ancora lo stesso ammorbidente che profuma di fiori. E mentre metti in valigia i vestiti, ti accorgi che sono più morbidi. E anche i tuoi pensieri.” (p. 26).
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