ripreso da ilsismografo.blogspot.it
Padre Federico Lombardi è tra i vincitori del premio Buone
Notizie Civitas Casertana — ideato dall’Unione cattolica stampa italiana
e realizzato in collaborazione con il blog Buonenotizie del «Corriere
della Sera» — che viene consegnato il 21 gennaio nella biblioteca del
seminario di Caserta. Pubblichiamo stralci della prefazione che il
gesuita ha scritto al volume appena uscito di don Giacomo Ruggeri, Ordinare i frammenti. Discernimento e cura personalis: la pedagogia di sant’Ignazio di Loyola (Rimini, Edizioni Fara, 2016, pagine 318, euro
18).
(Federico Lombardi) Aiutare l’incontro di ogni
persona umana con il suo Creatore, perché Egli possa lavorare in lei ed
essa possa rispondergli e trovare il senso e la pienezza della sua vita.
Questo cerca Ignazio e questo propone a chi lo segue e si ispira alla
sua visione, sia come religioso gesuita, sia come persona che lo
riconosca come guida del suo impegno apostolico o educativo. Nella prima
parte del suo lavoro don Giacomo Ruggeri offre una presentazione
davvero ben fatta di come questa visione originaria si esprime nella
proposta più fondamentale di Ignazio — gli Esercizi Spirituali — e
poi nelle altre sue opere, ma anche di come essa diventa ben presto
motore dinamico e principio unificatore dello sviluppo di una pedagogia e
di un’opera educativa che segnerà in profondità la storia d’Europa e si
diffonderà anche in altri continenti. La famosa Ratio Studiorum,
il documento in cui si esprime e su cui si basa la “pedagogia dei
gesuiti” non si può infatti comprendere se non alla luce del principio
della cura personalis, dell’attenzione a ogni studente, alla sua personale crescita integrale, umana e spirituale.
Dice giustamente don Ruggeri che «la cura della singola persona è cuore della pedagogia ignaziana», una pedagogia che «guarda più alla persona che deve crescere, che ai contenuti da trasmettere». L’impegno educativo dei gesuiti è continuato e continua fino a oggi, accompagnato sempre dalla riflessione sulle sue caratteristiche ispiratrici, a cui essi si vogliono mantenere fedeli pur traducendole in forme nuove adatte ai tempi, ritenendo che siano particolarmente appropriate per formare persone capaci di orientarsi e vivere in un tempo dinamico e complesso come il nostro. Anche di questo troviamo una presentazione sintetica, ma fedele e animata dall’apprezzamento e dalla simpatia dell’Autore, molto sensibile alla necessità di «porre la persona nella condizione di saper riconoscere la strada per “mettere ordine nella propria vita”, nella frammentarietà dei propri vissuti».
I gesuiti si sentiranno lusingati dall’attenzione di don Ruggeri per le loro diverse attività, alla ricerca di come anche oggi esse siano caratterizzate da questo principio, non solo nel campo del servizio spirituale e della scuola, ma anche della formazione dei seminaristi, del servizio con i poveri, i migranti, gli emarginati. L’Autore diventa così attrezzato con una serie di modelli concreti di applicazione della cura personalis in diverse attività e situazioni, verso persone di età e condizioni diverse, e acquista anche una prospettiva con cui può cercare di allargare lo sguardo per misurarsi con alcuni campi ulteriori della vita della Chiesa e dell’apostolato. Egli pensa giustamente che la cura personalis si ponga come «sfida per l’agire ecclesiale», passando «da categoria tipica di un ordine religioso a criterio pastorale e pedagogico valido anche per un ambiente diocesano, per un’educazione personalizzata in ambiti educativo-formativi quali le parrocchie, le associazioni laicali, l’oratorio».
Giustamente don Ruggeri si rende ben conto e mette in rilievo quanto la cura personalis sia di fatto un aspetto fondamentale della prospettiva di Papa Francesco, non a caso trattandosi di un papa gesuita: «L’insistenza del Papa a essere una Chiesa “ospedale da campo”, a vivere ed esercitare un cristianesimo di prossimità, di uscita e di periferia, trova senso proprio nella pedagogia-spiritualità ignaziana e nella specificità della cura personalis». Questo è un aspetto su cui ci permettiamo di insistere e che può essere certo ulteriormente sviluppato. A esempio con riferimento alla formazione e al ministero sacerdotale, in una recente conversazione con i gesuiti polacchi il Papa diceva espressamente ai suoi confratelli religiosi: «Vi chiedo di lavorare con i seminaristi. Soprattutto date loro quello che noi abbiamo ricevuto dagli Esercizi: la saggezza del discernimento. Bisogna formare i futuri sacerdoti non a idee generali e astratte, che sono chiare e distinte, ma a questo fine discernimento degli spiriti, perché possano davvero aiutare le persone nella loro vita concreta». Non è certo difficile cogliere la connessione profonda fra la cura personalis e l’accompagnamento spirituale e il discernimento applicato alla vita, e se solo pensiamo, a esempio, all’importanza che accompagnamento e discernimento assumono nel servizio alla famiglia nella prospettiva impegnativa e innovatrice dell’esortazione postsinodale Amoris laetitia, comprendiamo il perché e l’urgenza di queste parole del Papa. L'Osservatore Romano, 21-22 gennaio 2017
Dice giustamente don Ruggeri che «la cura della singola persona è cuore della pedagogia ignaziana», una pedagogia che «guarda più alla persona che deve crescere, che ai contenuti da trasmettere». L’impegno educativo dei gesuiti è continuato e continua fino a oggi, accompagnato sempre dalla riflessione sulle sue caratteristiche ispiratrici, a cui essi si vogliono mantenere fedeli pur traducendole in forme nuove adatte ai tempi, ritenendo che siano particolarmente appropriate per formare persone capaci di orientarsi e vivere in un tempo dinamico e complesso come il nostro. Anche di questo troviamo una presentazione sintetica, ma fedele e animata dall’apprezzamento e dalla simpatia dell’Autore, molto sensibile alla necessità di «porre la persona nella condizione di saper riconoscere la strada per “mettere ordine nella propria vita”, nella frammentarietà dei propri vissuti».
I gesuiti si sentiranno lusingati dall’attenzione di don Ruggeri per le loro diverse attività, alla ricerca di come anche oggi esse siano caratterizzate da questo principio, non solo nel campo del servizio spirituale e della scuola, ma anche della formazione dei seminaristi, del servizio con i poveri, i migranti, gli emarginati. L’Autore diventa così attrezzato con una serie di modelli concreti di applicazione della cura personalis in diverse attività e situazioni, verso persone di età e condizioni diverse, e acquista anche una prospettiva con cui può cercare di allargare lo sguardo per misurarsi con alcuni campi ulteriori della vita della Chiesa e dell’apostolato. Egli pensa giustamente che la cura personalis si ponga come «sfida per l’agire ecclesiale», passando «da categoria tipica di un ordine religioso a criterio pastorale e pedagogico valido anche per un ambiente diocesano, per un’educazione personalizzata in ambiti educativo-formativi quali le parrocchie, le associazioni laicali, l’oratorio».
Giustamente don Ruggeri si rende ben conto e mette in rilievo quanto la cura personalis sia di fatto un aspetto fondamentale della prospettiva di Papa Francesco, non a caso trattandosi di un papa gesuita: «L’insistenza del Papa a essere una Chiesa “ospedale da campo”, a vivere ed esercitare un cristianesimo di prossimità, di uscita e di periferia, trova senso proprio nella pedagogia-spiritualità ignaziana e nella specificità della cura personalis». Questo è un aspetto su cui ci permettiamo di insistere e che può essere certo ulteriormente sviluppato. A esempio con riferimento alla formazione e al ministero sacerdotale, in una recente conversazione con i gesuiti polacchi il Papa diceva espressamente ai suoi confratelli religiosi: «Vi chiedo di lavorare con i seminaristi. Soprattutto date loro quello che noi abbiamo ricevuto dagli Esercizi: la saggezza del discernimento. Bisogna formare i futuri sacerdoti non a idee generali e astratte, che sono chiare e distinte, ma a questo fine discernimento degli spiriti, perché possano davvero aiutare le persone nella loro vita concreta». Non è certo difficile cogliere la connessione profonda fra la cura personalis e l’accompagnamento spirituale e il discernimento applicato alla vita, e se solo pensiamo, a esempio, all’importanza che accompagnamento e discernimento assumono nel servizio alla famiglia nella prospettiva impegnativa e innovatrice dell’esortazione postsinodale Amoris laetitia, comprendiamo il perché e l’urgenza di queste parole del Papa. L'Osservatore Romano, 21-22 gennaio 2017
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