Carlo Broccardo, Tra gratuità e scaltrezza. Le parabole delle misericordia di Luca 15-16
Edizioni San Paolo, 2016
recensione di AR
Dico subito che è un libro eccellente. Scritto in maniera chiara, semplice, accessibile e accattivante, rivela al contempo uno studio ampio, approfondito, perspicuo ed empatico di questi capitoli lucani, il «quindicesimo, quello che contiene le cosiddette parabole della misericordia (la pecora perduta, la moneta perduta, il padre misericordioso» (pp. 5-6), letto anche attraverso il successivo (con le parabole sull'amministratore scaltro e quella su Lazzaro e il ricco gaudente) che fornisce chiavi interpretative insospettabili e imprescindibili.
Broccardo osserva che le dimensioni fondamentali di ogni parabola sono tre: «è una forma di comunicazione indiretta; punta all'effetto sull'ascoltatore più che alla precisione di tutti i dettagli; si gioca su due piani» (p. 11).
Più avanti ci ricorda che Gesù racconta queste parabole in risposta alle critiche di scribi e farisei che mal tolleravano il fatto che accogliesse i peccatori e mangiasse addirittura con loro. Inizia con le storie speculari del pastore che va in cerca della pecora smarrita e della donna che si dà da fare per trovare la moneta perduta. In Luca: «Il centro sta nella gioia che il pastore prova quando riesce a trovare questa pecora, una gioia così grande che deve essere condivisa» (p. 27), lo stesso accade per la donna che, ritrovato la moneta, chiama le vicine per far festa. Nella versione di Matteo, nota sempre Broccardo, al centro c'è invece «la volontà ferrea del Padre che nessuno dei suoi figli si perda» (ivi).
Raccontata questa parabola doppia (con ambientazione ampia ed esterna per quanto riguardo il pastore e più contenuta e domestica per quanto riguarda il ritrovamento della moneta), Gesù procede subito con la parabola del Padre misericordioso: «un giorno un figlio – il minore di due – chiede al padre di anticipargli l'eredità; e il padre acconsente» (p. 39). Il figlio sperpera tutto in un paese lontano vivendo (secondo la traduzione CEI) “in modo dissoluto”, il Nostro propone di tradurre “sconsiderato”, «perché non è implicato un comportamento riprovevole sul piano morale, ma semplicemente un modo di spendere i soldi senza criterio, per cose futili» (p. 40). Il giovane si ritrova affamato a pascolare i porci, ben più pasciuti di lui. E rientra in sé: «“Quanti operai di mio padre abbondano di pani, mentre io qui muoio di fame” (v. 17). Se fosse un fumetto, vedremmo la nuvola di pensieri sopra la sua testa con scritta solo una parola: fame!» (p. 43). Decide dunque di tornare da suo padre non più come figlio ma come operaio. Il padre gli va incontro e abbraccia «un figlio che non è cambiato neanche un po'. (…) fa tutta questa festa per un motivo soltanto: perché il figlio è stato ritrovato. Non importa che sia tornato con secondi fini: ciò che conta è che c'è» (pp.48-9).
Passando a trattare della parabola dell'amministratore scaltro, l'autore giustamente scrive: «qui abbiamo un caso particolare: una persona disonesta che riceve una lode sperticata!» (p. 59); «Per la seconda volta in poco tempo Luca usa la tecnica del monologo interiore; come per il figlio minore di 15,11-13, così per l'amministratore di 16,1-9 anche noi lettori entriamo nella mente del personaggio» (p. 63); «Gesù applica la parabola alla vita dei suoi ascoltatori con una frase che ha dell'incredibile: “E io vi dico: Fatevi amici dalla ricchezza ingiusta, affinché quando verrà a mancare vi accolgano nelle tende eterne”. Cosa vuol dire?» (p. 77). Come vediamo anche solo dai pochi passaggi che stiamo citando, la scrittura di Broccardo (che fornisce pure la sua traduzione dal greco di Luca) è sì precisa e puntuale ma mai pedante, al contrario, è piacevolmente intrigante, informa e istruisce con gioia e quindi dà gioia al lettore facendogli scoprire e assaporare una quantità di particolari che aiutano ad approcciare il Vangelo con un coinvolgimento rinnovato e ricco di “sorprese” e suggerimenti per andare più a fondo nella conoscenza di sé e della Parola. Ad es., in relazione alla scaltrezza dell'amministratore fraudolento, Broccardo ci dice: «Ricostruiamo il percorso: Gesù racconta una storia in cui un tale brilla per la sua astuzia; è iniquo, è malvagio, ma viene presentato come esempio di astuzia, non di malvagità; del resto, come dice lo stesso Gesù, l'astuzia è più tipica dei figli di questo mondo, se dobbiamo proprio dirlo. Poi invita i suoi ascoltatori a fare propria tale caratteristica, l'astuzia appunto: fate come lui, fatevi potenti amici (in senso escatologico: quelli che hanno le chiavi delle dimore eterne) con la disonesta ricchezza, finché ha ancora un valore. Cioè? Concretamente cosa vuol dire?» (p. 79). Le risposte, assieme a molte altre osservazioni e a una nuova traduzione dell'atteggiamento di disprezzo dei farisei (v. 14), e del verbo biazo (v. 16) le troviamo nel capitolo V.
La parabola di Lazzaro e del ricco inizia «a secco, senza un minimo di introduzione narrativa» (p. 97). Dopo la morte di entrambi, «colui che sulla terra era signore indiscusso della sua vita, ora si trova a essere in una posizione dalla quale non può più decidere nulla» (p. 102); «gli ascoltatori di Gesù devono farsi esperti delle logiche di questo tempo, ma avendo sempre come unica prospettiva le dimore eterne» (p. 113); «occorre sporcarsi le mani; e non procrastinare troppo, perché prima o poi sarà tardi. Anche questa è misericordia! (…) non si tratta di avere o non avere misericordia (è chiaro che importante!), ma di capire che cosa significa essere misericordiosi in quello che stiamo vivendo ora, in questo determinato contesto storico, personale, ecclesiaele» (p. 116).
Un testo davvero stimolante, adatto a giovani e a persone mature, ai cultori dei testi sacri e a coloro che li avvicinano da neofiti, a tutti coloro che desiderano avere una guida preziosa e “amica” com è Carlo Broccardo nella lettura di pagine lucane fra le più belle, intense e ricche di una misericordia che sentiamo davvero applicata alla realtà e rivolta a ciascuno.
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