Cinzia Demi è una sorpresa continua, una che
dall’inquietudine umana e spirituale trae energia per prendere a volo quelle
intuizioni che non sono la verità, “ma uno scalino della verità”, come fa dire
Giorgio Saviane a Padre Sergio ne Le due
folle, suo romanzo d’esordio.
Non è casuale che mi sia venuto in mente Saviane,
come non è casuale che mi venga in mente Renan. Non per affinità di temi
trattati, ma per l’atteggiamento al limite dell’eresia, quella che con acutezza
critica ed eleganza Massimo Morasso chiama “l’azzardo di un’effrazione al
lascito tradizionale”.
Comunque non sta nella esattezza o meno del
rispetto delle fonti la freschezza della poesia di Cinzia, ma piuttosto
nell’aver saputo rubare una scintilla divina riportandola al proprio seno, edificandola
in sé e soltanto dopo proiettandola verso l’universo e verso l’Infinito.
In questi versi c’è un totale abbandono alla
Luce che arriva da lontani siti e non s’arresta perché il lievito della
leggiadria non può né deve restare statico e così le quartine scandiscono un
vero e proprio percorso che dà l’idea, a me, di stazioni dalle quali ripartire
di continuo per approdare alla Grazia.
Gabriele deve annunciare a Maria quel che
accadrà, ma il turbamento diventa padrone e tuttavia non si oltrepassano i limiti della volontà
divina, perché in tutti e due vige il principio dell’obbedienza e della
castità.
Credo che l’idea di Cinzia Demi sia stata
geniale: un incipit di romanzo meraviglioso tra Gabriele e Maria, che nella
sezione Quasi uomo quasi umano ha i momenti alti di
poesia del libro, perché il dettato si
fa preghiera.
Cinzia è riuscita a impossessarsi del tema
trattato fino a immolarvisi ed è per questo che a un certo punto può dire
liberamente: “quasi uomo quasi umano /
come un corpo che ha raccolto / il giorno e la notte / nelle sue pieghe d’animale // ti sarebbe
piaciuto Maria / lo avresti raccolto e nutrito / cresciuto insieme a tuo figlio
/ radici gli avresti dato di casa // mite e deciso / ti avrebbe somigliato /
consolato forse nei giorni / delle
foglie cadute”.
Credo che esiti così convincenti e così alti
nella poesia religiosa siano stati raggiunti prima di Cinzia soltanto da altre
due poetesse, Margherita Guidacci ed Elena Bono e da poeti come Idilio dell’Era
e Carmelo Mezzasalma.
La voce di Cinzia resta voce al femminile, come
deve sempre essere per non perdere la propria identità, ma si tratta di un
femminile che sa entrare fermamente anche nell’animo di Gabriele per metterlo
davanti alle proprie responsabilità.
In calce al libro noto che Cinzia, oltre a una Nota che spiega come “Dal grande mistero
dell’Annuncio e dall’alto valore
simbolico dell’accoglienza, racchiuso nel sacro evento, nascono le figure
umanizzate di Maria e di Gabriele che non potranno non piacersi e che
rinunceranno ai loro sentimenti per un fine più alto” riporta anche una Bibliografia Essenziale con nomi di
grande prestigio. L’intento è sicuramente quello di avvertire il lettore che,
nonostante l’effrazione lei si è documentata e ha cercato di entrare
nell’argomento non solo con le sue percezioni ma anche con l’apporto di
confronti di vario genere.
L’onestà intellettuale di Cinzia Demi è
proverbiale, ma devo dire che leggendo Maria
e Gabriele – L’accoglienza delle madri ho riscontrato un’autonomia e una
franchezza che ha il sapore della sana teologia. Che però non ha inficiato il canto,
non ha appesantito la fluidità poetica, anzi gli ha dato una forza che a tratti
inquieta e a tratti rasserena, come deve accadere sempre nel rapporto con i
testi pregni di significati e di valori
etici e morali.
Un importante libro di poesia e, perché no? Di
teatro di poesia, e chi non avesse voglia di sfogliare il Vangelo, si fermi
sulle pagine di Cinzia, ne trarrà refrigerio: se donna prenderà maggiore
consapevolezza del suo ruolo; se uomo saprà meglio guardare nel grembo
delle madri scevro da tentazioni
irresponsabili. La castità è un valore illuminante, un valore che va ben oltre
la rinuncia “come gemma da curare / strada da inventare / rubata alle parole dell’angelo”.
DANTE
MAFFIA
Qualche testo da "Maria e Gabriele. L'accoglienza delle madri"
da “Maria e Gabriele
l’accoglienza delle madri”
Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina...
Ma tu, tu sei la pianta.
Rainer Maria Rilke
Annunciazione (le parole dell’angelo)
dal Libro delle immagini
[…]
La casa di Maria
non mi pensate come
se fossi un reliquiario
un tempo
avevo appesi ai miei chiodi
gli angoli e le vesti della festa
ero le gesta lo spirito
di una donna innamorata
della sua normalità
in me avvenne il miracolo
l’eccezionalità
insieme entrammo
nella storia in noi
fu
l’oasi d’ascolto
che a Dio dette la
gloria
nel silenzio smarrito
che vedemmo
farsi mistero farsi
ordito
*
un senso sono qui
per dare un senso
alle emozioni stelle
polari
o anfore del buio
alla potenza del
destino
che si fa ombra
in un fremito di grembo
all’accoglienza
che chiede
spazio alla nostra
vita
e non al tempio
come la madre che
accolse il figlio
sapendo quanto
fosse
seme e poi embrione
già nella voce dell’angelo
già nell’Annunciazione
*
le madri sole vi
dico
conoscono l’attesa
le madri sole hanno
nel corpo l’accoglienza
l’infiorescenza del
polline
portata fin sulle
curve dei ponti
sui pennoni sui
barconi
di pece e amianto
quando pulsa la
marea
della sera quando si
alza
un canto un canto
che
pare un tepore di nulla
rubato agli uccelli
notturni
alle ricolme acquasantiere
dei gommoni alle
mani
che benedicono lo stesso
[…]
portata e raccolta
dal mistero dell’angelo
a una semplice donna
una che non è ancora storia
una che non è
Madonna
“Rallegrati, piena di
grazia,
il Signore è con te” le dice
aprendo l’insenatura
formando un disegno
sul corpo che è già
ricolmo e che brucia
mentre si adagia sul fianco
*
mentre cerca o
crede
e ha già capito
che il suo ascolto
sarà il futuro
la fecondità la
forza
del domani
stringerlo
quel ventre col
sorriso
già pieno d’amore
voltarsi a quella
luce
chinarsi al suo volere
ora può ripassare le parole
accennare a un saluto
non temere
le fattezze o l’ardore
compiuto è il passaggio
impaginato il messaggio
*
e raccolto in un
diario
aperto e quotidiano
scritto con i gesti
col segno della croce
raccontato a voce
in quell’ultima periferia
del mondo questa è la
storia
di Maria la storia
di Maria
che vide l’Angelo
del Signore
che accolse il Salvatore
che si fidò di una parola
data ne fu per
sempre
trasformata questa
è la storia che si
racconta
ancora per
l’accoglienza
che venne data
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