di Vincenzo D'Alessio
Caro Enzo ho scritto per te, voce
solista fuori dal coro, il dramma dei miei ricordi nelle tre parti (se vuoi tre
atti) che recano il titolo: I luoghi dell'anima. Un teorema difficile da
sviluppare ché lega le conoscenze reali a quelle ideali e incespica ogni
qualvolta raggiunto un luogo molti altri chiamano da sotto le macerie del
Tempo.
GRIDO!, ma nessuno ascolta.
DIALOGO!, ma nessuno sente.
CERCO!, ma nessuno segue.
“La città è un corpo, percorso da
diverse pulsioni dell’agire umano e storico, ma è anche realtà illuminata dalla
natura” (così scriveva Mario Luzi). La città che vediamo non è realmente quella
che vorremmo. La città che desideriamo veleggia all’insegna del Sole come una nave nel cielo: pulita,
vergine, originale, ricca di memoria, che è in continuo ascolto e fa tesoro più
che parlare, maledire e perseguitare con
l’arroganza del denaro.
Troppi secoli di
menzogne hanno ucciso Le Voci dell’Anima, quelle belle per davvero, quelle
argentine come le sorgenti della Scorza, delle Grotticelle, dell’Acqua del
Pozzillo: tutte quelle che sgorgano a Sud-Est della valle, ce ne sono altre
ancora nascoste agli sguardi avidi degli uomini.
Io e te abbiamo bevuto quest’acqua: è pura, amara, sulfurea. Sorge ad alta quota sulle cime e non raggiunge la città si inabissa e risorge nel Tirreno ch’è
di fronte alle nostre vette. Regala purezza a chi beve, estingue la sete dopo la ripida
salita, si abbeverano nella notte
alta i cinghiali, gli animali
innocenti del poco bosco rimasto.
HO DORMITO CON LORO, ma nessuno mi ha visto!
HO MANGIATO MORE DAI ROVI, ma nessuno mi ha visto!
HO ASCOLTATO LE VOCI DELL’ANIMA, ma nessuno ha sentito!
Solo il vento ascoltava insieme a me le voci che venivano
dall’anima di milioni di uomini divenuti linfa dei faggi, degli aceri, delle
bianche betulle accerchiate dalle piogge acide sul Pizzo del Garofano (stanno morendo!), dei castagni selvatici, dell’orniello dalla bianca capigliatura in primavera, dei cerri, della Terra che mangia le foglie secche
e trasforma tutto in nera magia
del Tempo.
Lo temo!
Le voci accarezzano gli scarponi mentre
cammini nella “filasca”: la graminacea che cresce sul dorso delle cime mentre
intraprendi lo stretto sentiero verso il Pizzo San Michele e là… il miracolo si
ripete: dopo una notte passata all’addiaccio l’immensa sfera di fuoco si solleva
dietro le bianche rocce calcaree
delle Nivere pronta a solcare il cielo: lo schiocco improvviso del vento che spira dalla lastra
luminescente del Tirreno riporta le voci dell’anima che si accampano sotto le Ali d’Argento
dell’Angelo.
Caro Enzo, non cercare nella città che
abbiamo amato la Bellezza: non
abita più in mezzo a questi uomini. Una
giovane voce a me cara l’aveva avvertita già questa mancanza mentre sedeva sulla roccia che domina il
corso antico della Solofrana là dove il Bosco di Sant’Angelo cede al selvatico:
Nelle campagne al tramonto
Si posa un argento…
E arieggiano cornici e colori
Dove tutti i modi
Armonici e disarmonici
Condividono l’emozione
Della continuità
cosmica
(Antonio
D’Alessio: Poesie ritrovate)
Dolce è mirar come
s’addorme a poco
a poco la campagna esausta, stanca:
la sveste il vento con suo folle gioco,
indi la covre una gran colte bianca;
le canta in voce che pur essa manca
la ninna nanna un torrentello roco;
il villico la guarda in su una panca
sdraiato, mentre gaio erompe il foco.
S’addorme, ma lasciato al passerotto
ha ella il pasto già nel noto olivo
e la vecchietta l’erba pel decotto;
né cessa di sue viscere l’ulivo
alimentar pel desinare ghiotto.
Quanta è buona la terra e
l’uom cattivo!
Lontano da questi lidi ora ti scrivo
Enzo in versi ascoltami, amico della Vita!
14 dicembre 2014
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