lunedì 1 settembre 2014

Sparire per esserci


recensione di Marco Furia

http://www.robinedizioni.it/nuovo/preferisco-sparire
Preferisco sparire di Marco Ercolani è una raccolta di dialoghi (sarebbe meglio dire di monologhi) in cui l’autore si cala nella personalità di Robert Walser (1878–1956), scrittore svizzero che trascorse parecchi anni in una clinica psichiatrica.
Una pronuncia sorprende, fin dalla prima pagina, per la sua lucida concisione: “Etico è sparire”.
Se, di norma, ciò che è ritenuto moralmente apprezzabile è collegato a edificanti rapporti con una comunità o con singoli individui, qui il concetto viene capovolto: etico non è comportarsi in un certo modo, bensì risultare invisibile.
Ho usato l’aggettivo “invisibile”, perché, a mio avviso, il suddetto “sparire” non coincide con il non esistere, ma con il non poter essere percepito.
Siamo al cospetto di un accentuato soggettivismo?
Senza dubbio, tuttavia, nel caso specifico, non dobbiamo cadere nell’errore di considerare tale aspetto in maniera negativa.
Si legge, più avanti: “Lo scrittore ha il compito di accostarsi all’incredibile e di mostrarlo come vero”.
“Lo scrittore”, dunque, è uno scomparso?
Sì e no.
No, perché se è riconosciuto come tale fa comunque parte di una comunità, sì, perché, per “accostarsi all’incredibile” ha dovuto in qualche modo sottrarsi alle consuetudini esistenziali, ossia, almeno in parte, “sparire”.
Nel corso del testo, lo sviluppo problematico della persistenza psicofisica e la difficoltosa complessità del vivere emergono per via di chiari tratti.
Cito, ad esempio: “Non posso essere io a chiedermi qualcosa: saprei già tutte le risposte” e “Ho sempre amato i Lotofagi: mangiano la dolce pianta di loto e smettono di ricordare gli affanni”.
Si legge, a pagina 51, una sorprendente affermazione capace di esprimere un cosmico delirio di onnipotenza: “Aiutami a spegnere il sole, perché devo cominciare la mia passeggiata”.
In effetti, un senso d’impotente onnipotenza attraversa tutta questa raccolta d’intensi (brevi) brani in cui l’autore mostra una certa attitudine all’aforisma.
In Preferiscosparire, il racconto convive con la pronuncia fulminea.
Alcune espressioni, poi, nella loro semplicità, risultano ricche di pregnanza evocativa: “Le passeggiate mi portano lontano”.
Il semplice non necessariamente è banale, anzi!
Una frase, posta verso la fine del libro, è particolarmente efficace: “Non sapere nulla è bellissimo”.
Potremmo fare esperienza di ciò che ci circonda se non sapessimo nulla?
Non potremmo farla nei modi che sono per noi familiari, poiché dovremmo prima apprestare un’idonea visione grammaticale.
Viene, così, da chiedersi: non ci stiamo già impegnando in tal senso?
Le scienze, le arti e, in genere, le intelligenze individuali non sono forse inclini ad ampliare il proprio bagaglio conoscitivo?
L’ingegno e la creatività non hanno bisogno di alcuna tabula rasa da cui trarre origine.
Il sogno del “Non sapere nulla”, tuttavia, continua a diffondere innegabile fascino in virtù di quella sua totale disponibilità all’aperto che scaturisce da un vivido desiderio d’infinito: desiderio condiviso da Robert Walser e Marco Ercolani ma non soltanto da loro.
                                                                                             

Marco Ercolani, Preferisco sparire, Robin Edizioni, 2014, pp. 144, euro 12,00.

Nessun commento: