recensione di Marco Furia
Preferisco sparire
di Marco Ercolani è una raccolta di dialoghi (sarebbe meglio dire di monologhi)
in cui l’autore si cala nella personalità di Robert Walser (1878–1956),
scrittore svizzero che trascorse parecchi anni in una clinica psichiatrica.
Una pronuncia
sorprende, fin dalla prima pagina, per la sua lucida concisione: “Etico è sparire”.
Se, di norma, ciò che è
ritenuto moralmente apprezzabile è collegato a edificanti rapporti con una
comunità o con singoli individui, qui il concetto viene capovolto: etico non è
comportarsi in un certo modo, bensì risultare invisibile.
Ho usato l’aggettivo
“invisibile”, perché, a mio avviso, il suddetto “sparire” non coincide con il
non esistere, ma con il non poter essere percepito.
Siamo al cospetto di un
accentuato soggettivismo?
Senza dubbio, tuttavia,
nel caso specifico, non dobbiamo cadere nell’errore di considerare tale aspetto
in maniera negativa.
Si legge, più avanti: “Lo scrittore ha il
compito di accostarsi all’incredibile e di mostrarlo come vero”.
“Lo scrittore”,
dunque, è uno scomparso?
Sì e no.
No, perché se è
riconosciuto come tale fa comunque parte di una comunità, sì, perché, per
“accostarsi all’incredibile” ha dovuto in qualche modo sottrarsi alle
consuetudini esistenziali, ossia, almeno in parte, “sparire”.
Nel corso del testo, lo
sviluppo problematico della persistenza psicofisica e la difficoltosa
complessità del vivere emergono per via di chiari tratti.
Cito, ad esempio: “Non posso essere io a
chiedermi qualcosa: saprei già tutte le risposte” e “Ho sempre amato i
Lotofagi: mangiano la dolce pianta di loto e smettono di ricordare gli
affanni”.
Si legge, a pagina 51,
una sorprendente affermazione capace di esprimere un cosmico delirio di
onnipotenza: “Aiutami a spegnere il
sole, perché devo cominciare la mia passeggiata”.
In effetti, un senso d’impotente onnipotenza attraversa tutta
questa raccolta d’intensi (brevi) brani in cui l’autore mostra una certa
attitudine all’aforisma.
In Preferiscosparire, il racconto convive con la pronuncia fulminea.
Alcune espressioni,
poi, nella loro semplicità, risultano ricche di pregnanza evocativa: “Le passeggiate mi
portano lontano”.
Il semplice non
necessariamente è banale, anzi!
Una frase, posta verso
la fine del libro, è particolarmente efficace: “Non sapere nulla è
bellissimo”.
Potremmo fare
esperienza di ciò che ci circonda se non
sapessimo nulla?
Non potremmo farla nei
modi che sono per noi familiari, poiché dovremmo prima apprestare un’idonea visione grammaticale.
Viene, così, da chiedersi:
non ci stiamo già impegnando in tal senso?
Le scienze, le arti e,
in genere, le intelligenze individuali non sono forse inclini ad ampliare il
proprio bagaglio conoscitivo?
L’ingegno e la
creatività non hanno bisogno di alcuna tabula rasa da cui trarre origine.
Il sogno del “Non
sapere nulla”, tuttavia, continua a diffondere innegabile fascino in virtù di
quella sua totale disponibilità all’aperto
che scaturisce da un vivido desiderio d’infinito: desiderio condiviso da Robert
Walser e Marco Ercolani ma non soltanto da loro.
Marco Ercolani, Preferisco sparire, Robin Edizioni, 2014, pp. 144, euro 12,00.
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