Cosa accomuna Ambra Contimini,
aspirante scrittrice, “donna estranea tra
le donne”, e Ruggero Morganti, anatomo-patologo presso un prestigioso
Istituto Universitario siciliano? Due personaggi che entrano in contatto attraverso una diagnosi
istologica, seppur con sentimenti diversi: Ruggero spinto dall’interesse
scientifico, Ambra spinta dall’ansia e dall’attesa di un verdetto che tarda ad
arrivare. I destini dei due si incrociano nell’Istituto di Anatomia Patologica,
dove Ruggero accompagna Ambra in un universo a lei sconosciuto. Presto i
sentimenti dei due si trasformano,
e si rivela il vero obiettivo del romanzo: un viaggio interiore che
prende le mosse da un rapporto d’amore per spingersi nell’analisi della
condizione umana, dell’insoddisfazione, di quella necessità di fuggire altrove,
semplicemente per fuggire da sé stessi. È un silenzioso grido di dolore per la
consapevolezza che quel che resta è “emozionarsi
ogni tanto, quando allungando una mano nel mare della normalità, portavano a
galla qualcosa che sembrava interessante ma che, dopo qualche mese o anno,
scoprivano non essere dissimile da ciò che avevano tralasciato giù nel fondale”.
L’autore, attraverso l'impronta delle immagini sensibili, realizza l'atto
conoscitivo, tramutando in concetti universali (“la vita è il più grande interstizio che sta tra il nulla del non
essere nato e il nulla della morte”) le connotazioni sensibili
dell’esperienza romantica dei due protagonisti.
Sfondo alle vicende dei due
una meravigliosa Sicilia in cui, più di una volta, la descrizione dei paesaggi
tocca lirismi raffinati in cui si percepisce la pasoliniana “straziante
meravigliosa bellezza del creato”. Alcune atmosfere ricordano la delicata
sensualità de L’insostenibile leggerezza dell’essere, e in effetti tutto il
libro in realtà è un ossimoro, un contrasto: la volontà di sospendersi tra una
sistole e una diastole, l’illusione salvifica del viaggio, la consapevolezza
che l’amore (“interstizio tra il piacere
d’amare e il dispiacere d’essere lasciati”), regolato da meccanismi
biochimici sconosciuti, ogni volta sembra eterno e ogni volta finisce . È la
storia di una rinascita (che in realtà viene solo fantasticata dal lettore)
attraverso la caduta nell’abisso (Ambra decide di “aspettare quell’alba difettosa che le apparteneva più di ogni altra
cosa”) , con la consapevolezza che il dolore che accompagna questa
rinascita si debba necessariamente estendere anche alle persone che ti sono
accanto. Il finale risulta sconvolgente – “Nulla o poco è veramente come
ci appare” – o forse no. Forse tutto apparirebbe
più chiaro se si avesse il coraggio di cercare nei posti giusti: “si
trovano più risposte tra gli spazi che stanno tra le cose che nelle cose
stesse”.
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