venerdì 12 agosto 2011

Su Due strane storie scozzesi di R.H. Barham e G. MacDonald

Traduzione e Introduzione a cura di Valentina Poggi
Collana Microbi, Fara Editore, Santarcangelo di Romagna (Rn), 1998, pp.93

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

La letteratura vittoriana ha sempre guardato con fascino e interesse il mondo della scienza e della medicina in particolare. Vari scrittori hanno utilizzato molti riferimenti a ideologie, scoperte, esperimenti o intuizioni scientifiche che in quegli anni venivano portate alla luce. Uno dei temi più utilizzato fu ad esempio quello che concerneva i cavamenti di sangue, le trasfusioni, l’applicazione di sanguisuge e in letteratura questo ha dato luogo a una serie d’invenzioni che nascono dal culto delle scoperte sul funzionamento del corpo e della circolazione del sangue. Non solo. La società vittoriana fu particolarmente attenta a quelle nuove forme di pensiero tutte inedite che nascevano in quel periodo, alcune destinate a morire perché sorpassate o evidenziate come erronee, altre a svilupparsi in maniera più attenta e precisa in quelle che oggi sono le branche della medicina. Ci sono riferimenti al magnetismo, al mesmerismo e alla frenologia in molte opere della letteratura vittoriana, prime tra tutti in Jane Eyre (1847). Non va inoltre scordato che l’americano E.A. Poe si occupò spesso nei suoi racconti terrificanti del labile confine che separa la vita dalla morte, parlando di casi di catalessi come nel celebre racconto Il crollo della casa degli Usher o comunque di condizioni patologiche di dormiveglia e d’incoscienza che culminano con il ritorno in vita del morto (la letteratura sugli zombi nasce proprio da questa premessa).

Valentina Poggi ci propone in questo libricino che fa parte della collana Microbi due racconti poco conosciuti di due scrittori d’età vittoriana dove pure il tema della medicina è particolarmente importante. Si evidenzia spesso come la medicina, più che rappresentare una forma di conoscenza sicura e salvifica, sia invece avvolta da mistero e caricata di dubbi ed incomprensioni. La medicina è ancora in età vittoriana un sapere misterico più che scientifico e che spesso viene confuso con la magia. Il primo racconto “La stanza dell’incubo” (titolo originale “Singular Passage in the Life of the Late Henry Harris, D.D.”) di Richard Harris Barham (1788-1845) ci narra della malattia che colpisce una ragazza a seguito dell’allontanamento del suo amato, che si trasforma in una vera e propria forma d’isteria cronica che la porta a fare incubi continui. Poi la ragazza nel suo lungo racconto parla di perversione, nefandezze e abomini ai quali viene sottoposta, ma non sappiamo esattamente cosa sia successo, la sorella le fa capire che è stato solo un incubo mentre per lei si è trattato di qualcosa di maledettamente reale. L’autore non chiarisce quale sia stata la sua patologia e osserva: «Fino all’ultimo rimase convinta che il suo indegno innamorato l’avesse sottoposta a pratiche di magia nera» (46).

Il secondo racconto è “La bella nello specchio” che fa parte del romanzo Phantastes (1858) di George MacDonald (1824-1905). Come si evince dal titolo nell’intero racconto è centrale la figura dello specchio, un vecchio specchio d’antiquariato di cui Cosmo si innamora e che finisce per comprare. Lo specchio, similmente a quanto avviene in Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll gli dà la rappresentazione di un mondo altro, fantastico, irrazionale: «Che strana cosa è uno specchio! e come somiglia meravigliosamente alla fantasia umana! Perché questa mia stanza, a guardarla nello specchio, è la stessa e non è la stessa» (63). Ma, a differenza di Alice che riesce a oltrepassare lo specchio, Cosmo osserva tutto da fuori, estraniato: «Come mi piacerebbe abitare in quella stanza, se solo potessi entrarci» (65). Ma l’esclusività di questo specchio non è infatti quella di proiettarsi in un mondo fantastico bensì quella di trasmettere l’immagine di una bella giovane vestita di bianco che, puntualmente, tutte le sera gli va a far visita. Cosmo se ne innamora ma non può né toccarla né baciarla fino a quando si vede costretto a utilizzare i suoi rudimenti di magia per invocarla e renderla materiale. Ma la ragazza è legata a un incantesimo e potrà essere libera solo se lui si riuscirà a rompere lo specchio. Così Cosmo si dà da fare in tal senso. Come finisce? Non è bene svelare tutto.

Queste due storie brevi si leggono velocemente, tutte d’un fiato e sono in grado di trasportarci nell’atmosfera vittoriana di false credenze in incantesimi e magie, stati isterici e catatonici e fascinazione per la scienza intesa però ancora in maniera alchemica e magica. Una lettura da non perdere.

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