martedì 30 agosto 2011

Su Azioni & Natura Umana di Leonardo Caffo

Ho letto e continuerò a leggere il libro di L. Caffo. pregevole e importante considerando altresì l'età dell'autore. allego sotto una nota di pensieri emersi durante la lettura. la parola è come sempre evocatrice di altre parole. resisteranno alla furia del tempo?

cordialmente

Oreste Bonvicini

urano
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In un editoriale di qualche tempo fa leggevo, a firma di Marco Merlin, un concetto a grandi linee così riassumibile: l'unica scrittura originale rimarrà la saggistica. Forse spostando gli accenti o forse identificando nella precisione e nella maestria di quel concetto un pensiero latente in me da anni, ma che non veniva alla luce, ovvero non trovava spazio per essere esposto in pubblico, penso che Azioni & Natura Umana di Leonardo Caffo, pur tributando omaggio ai pensatori a cui si rifà, ci sveli l'opera breve ma corposa di un autore impegnato, profondo, colto, ancora più considerando la sua giovane età. E forse per questo motivo che, fiducioso nei giovani a dispetto delle difficoltà che toccano loro in sorte nella gerontocrazia in cui ci troviamo ad esistere, penso al dovere della parola di scatenare il confronto e farsi urlo.
Per noi, sconfitti dal troppo non fare, non dire, non osare, il tempo è poco, benché sia viva, con il pensiero di Hannah Arendt, quella convinzione tradotta in certezza dalla disillusione che l'età esalta, che “Compiere grandi gesta e pronunciare grandi parole, non lascerà traccia, nessun prodotto dopo che il momento dell'azione e del discorso è trascorso” (in Vita activa)

Oggi abbiamo bisogno di sfatare questa verità nuda e inoppugnabile. E se è vero che ogni verità nasce nuda e spetta agli uomini vestirla di significati, poiché le azioni che si devono e dovranno compiere saranno alla base della società che lasceremo in eredità a chi ci sopravvive, dobbiamo altresì liberarci dunque degli stereotipi del capitalismo che annaspa, al limite del tracollo, suicidandosi, trascinandoci nel baratro. Correggere la rotta è possibile. Doveroso. E meno traumatico sarà se, agendo presto, troveremo non sole le parole, non solo intenzioni, non solo aridi calcoli di statistiche erronee e generalista, giochetti di macroeconomia.
Forse, ripensando al pensiero di Foucault, quando affermava che “per interpretare le parole bisogna frantumarle affinché vedere emergere in piena luce l'altro senso che nascondono” scopriamo di non aver mai portato a termine questo compito, nascondendoci dietro le agiatezze ipocrite dell'ultimo ventennio del secolo trascorso.
Ma di quale azioni siamo responsabili se non del tempo, ovvero, in senso lato, dell'essere tra le cose del mondo?
Per questo non possiamo più tacere dello scempio quotidiano, e in questo ci dibattiamo, per scrivere nuove regole. Per riannodare il cammino della società entro schemi razionali, ma sopratutto riagguantare ciò che che la notte dell'etica, questa che viviamo, ci sta nascondendo.
Dobbiamo insomma sfatare la piramide di una società infetta di un sistema che mira a perpetuare se stesso. Dobbiamo non aver paura di spingere la porta verso l'esterno. La filosofia del quotidiano confronta e racchiude la capacità di proporre, analizzare, confutare.
La poesia, l'arte della parola sarà per noi ancora la sintesi della creatività, lo specchio del nostro malessere. I tiranni ne avranno paura. Una volta ancora.

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