giovedì 19 maggio 2011

“Signore insegnaci a pregare”


I Vangeli: scritti antichi di duemila anni, realizzati dalle mani di uomini semplici ma colmi di fede in quello che avevano visto e vissuto. L’apostolo Luca (11,2) riporta quest’avvenimento della vita di Gesù Cristo in mezzo alla sua gente. Un avvenimento che non poteva scuotere il grandissimo, e violento, potere di Roma che si era consolidato in quegli anni con la Pace emanata da Cesare Ottaviano Augusto. Anni cruciali per quello che sarebbe divenuto, a breve, l’Impero Romano.
Gesù alla richiesta dei suoi discepoli su come pregare risponde con la più bella preghiera della fede, il Padre Nostro. Per la prima volta porta i suoi discepoli al suo stesso livello, quello di Figlio di Dio: dare del Tu al Dio Unico, al padre di tutti gli uomini, al nome che non si poteva pronunciare, al “Colui che sono” del roveto ardente di Mosè. Immaginate quale grande rivoluzione avvenne in quel momento. Ma pochissimi se ne accorsero.
Il lievito della religione di Gesù Cristo lentamente ha stravolto e condizionato il mondo dominato allora da Roma. Ha fatto decadere la schiavitù; ha rafforzato la voglia di libertà negli uomini, senza distinzione di classi sociali; ha sminuito il potere divino dell’autorità civile. Praticamente ogni comunità cristiana ha preso a battere come un cuore solo in una penisola, l’Italia, ancora divisa da lotte intestine. Ha insegnato ai poveri, agli emarginati a leggere i Vangeli e a comprendere le parabole che Gesù aveva utilizzato per esprimere concetti più ampi e più alti.
Sono trascorsi duemila anni da quegli avvenimenti e ancora oggi si innalzano monumenti in onore e in memoria di Gesù. Nelle aule scolastiche e nelle famiglie di  ogni luogo del pianeta, viene ripetuto il Padre Nostro in tante occasioni. I Vangeli vengono letti e ascoltati in tante lingue e attraverso i più avanzati mezzi di comunicazione. Credo che saranno letti e ascoltati ancora per millenni. Leggere e ascoltare, il segreto della memoria. In questo modo la materia orale, trasmessa dai popoli nomadi nel corso dei millenni, è divenuta lo scritto che racconta, la Storia degli uomini e della Civiltà degli uomini.
“Insegnaci a leggere!” Questa è stata la richiesta che mi è stata rivolta da uno scolaro di quarta elementare, in questo minuscolo agglomerato urbano dove viviamo, mentre  tentavo di spiegare il valore della lettura di un testo, per me non facile: La rivoluzione meridionale di Guido Dorso, in occasione dei centocinquantanni dell’Unità della nostra penisola. Una richiesta non facile da esaudire, perché l’ambito in cui eravamo era preposto a questo compito. Dunque che cosa voleva intendere, un ragazzo di dieci anni, rivolgendomi quella richiesta?
Ho preso tempo ed ho lasciato la classe con l’insegnante di lettere e storia. Sono rimasto a lungo a riflettere ed ho capito che quello scolaro mi aveva dato una solenne lezione di civiltà. Come poteva seguirmi, la classe, se non conosceva l’opera che stavo presentando, né il suo autore? Che significava la parola “meridionale”, quando questo aggettivo viene ad indicare, nella mentalità comune, quasi la medesima definizione di “ignorante”?  Gli scolari, quanto me, avevano ascoltato gli uomini di questo governo attuale ripetere tante volte: “il problema meridionale”, “il vero problema della nostra penisola è il Meridione”.
L’indomani sarei dovuto tornare in classe per realizzare con gli scolari un tema sulla giornata che avevamo trascorso insieme. Ho pensato ad Antonio Gramsci, ai suoi scritti, circa la necessità di dare ai giovani i mezzi giusti per leggere e scrivere e prendere parte alla vita sociale in uno Stato democratico. Ho riletto anche gli scritti di Pier Paolo Pasolini. Sono andato a diverse fonti pedagogiche per sostenere una risposta adeguata  da dare agli scolari della classe quarta, del primo grado di insegnamento. Poi mi sono fermato: era scesa la notte, la mia famiglia dormiva, intorno si erano spenti i rumori e gli odori del giorno: i trattori che aravano il terreno; il vicino di casa che puliva la lettiera dei suoi animali; l’odore di fritto per il pasto serale; il televisore che trasmetteva i programmi quotidiani. Ho pensato ai miei figli!
Insegnare a leggere ai giovani per farli crescere culturalmente in una terra dove ancora vige la necessità di rivolgersi al politico, o al prete, per ottenere un posto di lavoro fisso, dopo avere sgobbato per anni sui libri e impoverito la propria famiglia economicamente per raggiungere il titolo di studio, perché? Per credito personale, per essere migliori di altri ragazzi come loro che, alla stessa età, imparano un mestiere? E quali si troveranno meglio ad affrontare l’esistenza e a costruirsi una famiglia? Gli interrogativi erano tanti, e le risposte?!
Involontariamente mi sono addormentato sugli avambracci posati sullo scrittoio. Ho trascorso una parte della notte con la luce accesa e i libri aperti davanti a me. Cercavo una risposta, semplicissima, da offrire al mattino per l’incontro scolastico. 
Penso di poter rispondere, al mio scolaro, con la semplicità di quella preghiera che ci è stata tramandata da due millenni: Padre Nostro (Tu) che sei nei cieli. Per riprendere le parole di Guido Dorso, dobbiamo iniziare a dare del tu alla società nella quale viviamo; agli amministratori locali che conosciamo; ai politici nazionali che ci rappresentano, chiedendo loro di realizzare il contenuto del voto che gli diamo, di mettere a frutto una democrazia nella quale il cittadino, lo scolaro, riceva sicurezza sociale ed economica con un lavoro, servizi,  tutela della propria salute, conoscenza,  ricerca in ogni campo, migliore qualità di vita presente e futura. Insomma i contenuti che la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana contiene da più di sessantanni. Non ho saputo trovare altre risposte alla richiesta avanzata in classe dallo scolaro che è poi il ragazzo che gioca alla play-station con il mio ultimo figlio.
Prima di lasciare alla classe il compito, non semplice, di tradurre con le loro parole e i loro pensieri quanto avevano ascoltato, ho rivolto per un attimo lo sguardo a quelle teste abbassate sui quaderni, ai loro capelli scuri, e ai miei pochi capelli bianchi.

Montoro Inferiore (AV)

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