venerdì 15 febbraio 2008

“Parleranno lingue nuove”. Spunti su Mc 16,15-20

di Ivan Nicoletto (monaco camaldolese, recentemente uscito con Transumananze)

14 febbraio 08


“Parleranno lingue nuove”
Sembra questo l’aspetto evangelico più appropriato alla festa odierna dei fratelli Cirillo e Metodio, monaci ed evangelisti dell’est europeo nel IX secolo, annoverati per questo fra i patroni dell’Europa. Potremmo dire che ben oltre i confini dell’Europa essi incarnano uno stile esemplare di effusione dello Spirito del Risorto, incarnano un modo spiritualmente creativo di tradurre l’evento del regno di misericordia in un altro contesto culturale.
Sappiamo che essi avevano appreso la lingua slava non soltanto per evangelizzare, ma forgiarono anche un alfabeto per scriverla, e nel cirillico tradussero la Bibbia e i libri liturgici, travasando in una lingua nuova i testi della fede creduta e pregata. Per questa loro coraggiosa iniziativa di traduzione dovettero patire opposizioni e perfino la prigionia da parte di alcuni personaggi timorosi del mutamento, i quali ritenevano al rito romano come il solo garante del culto autentico, poco importa che quanto si celebri tocchi o no il cuore e l’esistenza delle persone.
Quest’anno i vescovi della Chiesa cattolica si riuniranno in un sinodo per riflettere sul tema della Parola di Dio, ossia sulla capacità della Chiesa di poter ancora essere significativa al cuore del mondo con l’annuncio e la testimonianza del vangelo del regno.
Di fatto, quello che sperimentiamo è che la frattura fra chiesa e mondo si allarga sempre più drammaticamente e il rischio è da una parte una chiesa mummificata e dall’altra un mondo senza spirito. Come tradurre oggi lo spirito cristiano nella pluralità delle lingue, delle interpretazioni, delle culture, delle religioni? Come scorgere nell’infinita diversità delle conoscenze, degli stili di vita, dei sistemi simbolici, dei riti e delle religioni una benedizione, un’opportunità che corrisponde ad un misterioso disegno di Dio?

“Parleranno lingue nuove”
Vorrei suggerire tre aspetti di una lingua nuova, di un futuro cristianesimo.
Il primo aspetto riguarda la depoliticizzazione del cristianesimo, cioè la disconnessione del legame fra religione e politica. Spogliati di tanti segni maggioritari, prominenti e imponenti, il corso degli eventi ci depriva dello sfarzo e del monopolio a cui per secoli ci si è assuefatti. Ci chiede di rinunciare volontariamente ai vantaggi di posizioni egemoniche conquistate, alle cattedre dalle quali governare o dettare legge al mondo. Rinuncia a servirsi della forza dei poteri istituiti, quando essi si prestano a tradurre nei codici statuali le direttive sacrali, etiche o valoriali della gerarchia ecclesiastica. È lo sfaldamento di una forma di cristianesimo, il regime della cristianità, nata da un’auto-rappresentazione della chiesa come unica mediatrice dell'attuazione del regno di Dio nella città terrena, un’agenzia di valori perenni e universali, “al cui interno si aveva la garanzia sociale e culturale di abitare il campo della verità” (M. De Certeau).
Liberi da un partito potremo essere sale e lievito in ogni contesto umano.

Il secondo aspetto riguarda una relativizzazione della cultura occidentale, che è stata la cultura dominante e colonizzante della Chiesa nel corso dei secoli, in quanto il messaggio cristiano è stato pensato e riformulato alla luce della tensione fra Gerusalemme e Atene. La Chiesa, incontrando altre culture, ha iniziato a comprendere che esiste un terzo non occidentale, che non è né ebreo né greco, e che l’annuncio evangelico non coincide con l’influsso e la lingua di una cultura dominante, ma deve avere la possibilità di diventare il bene, l’aspirazione a liberarsi di ogni violenza da parte di ogni persona che vive sulla terra.

Il terzo aspetto riguarda il cambio di paradigma conoscitivo.
Siamo sempre più consapevoli del divario tra il linguaggio cristiano ufficiale e il linguaggio degli ambiti conoscitivi attuali che sembrano post-cristiani o post-religiosi. Ma è il Vangelo a essere rifiutato, o un veicolo culturale del tutto estraneo agli uomini e alle donne di oggi?
Credo che la chiesa può essere fedele all’attualità del vangelo solo operando una conversione e un discernimento fra gli elementi fondamentali del suo messaggio di liberazione e gli elementi più contingenti che appartengono ad una cultura greco-romana, umanistica e classica, che la modernità ha gradualmente dissolto, per generare una nuova immagine del mondo. Il mondo contemporaneo mette in discussione quasi tutto il linguaggio su cui è edificata la visione del mondo della cristianità: l’idea della creazione già definita, del peccato originale, della natura, di un fine teleologico della storia, di un Dio egemone esterno… Tutti aspetti che possono essere tradotti in modi nuovi senza intaccare l’annuncio della misericordia evangelica ma anzi, secondo me, trovando proprio nel vangelo una forza creativa a favore del cambiamento, dell’emancipazione e della libertà, dell’autocoscienza contemporanea.

Enuncio soltanto un quarto e un quinto aspetto di un cristianesimo futuro, il volto di una visione ecologica, di un Dio creatore e degli umani come con-creatori e partner di Dio nel rapporto con la terra in cui abitiamo.
Un divino trasversale, che mette in discussione un modo di pensare eterosessuale binario e gerarchico… Vi risparmio!

“Parleranno lingue nuove”
Dio Padre, sorgente dell’energia creatrice e amante della vita, l’ambiente divino nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo, doni a tutti noi di essere continuamente ricettivi ad imparare le lingue nuove che egli desidera insegnarci nell’oggi della nostra vita, in cammino verso la sua pienezza.

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