LA PRIGIONIA. Un sacerdote stava leggendo una omelia di fra Roberto Pasolini che diceva "Smetteremo di morire quando saremo finalmente noi stessi" noi spesso siamo tesi a registrare la durezza del mondo e dei rapporti sociali che si rivelano nelle lotte dei contadini nel passato. D'altronde le prime carceri sono state istituite nei monasteri dalla Chiesa durante il periodo dell'Inquisizione che portano a censurare idee di intellettuali ed il vitalismo di cui si tende a migliorare la dialettica tra ragione rivoluzionaria e riformista ed il ruolo intellettuale di provocatore di bene nel male dovuta a passione e dalla volontà di conoscenza del reale che si stempera nel senso di abbandono e di sensazione di isolamento. Siamo noi che vediamo solo attraverso una serratura e non riusciamo ad aprire la porta del cuore, siamo noi che facciamo un immensa fatica ad avere comprensione proiettando nel mito la complessità delle problematiche psicologiche e di ideologie tipiche. Il bene siamo noi stessi, nelle nostre debolezze, fragilità e voci diverse da stereotipi. Il bene siamo noi, quando siamo zoppi, storpi, ciechi, muti, e lebbrosi dentro e lo sappiamo riconoscere ravvisando i nostri limiti e cercando di superarli. Il bene è una prigionia dove niente mai va per il verso giusto, tutto deve diventare penitenza, quando invece viviamo l'indecenza. La gente mormora, la gente si scontra su inezie che generano conflitti e guerre di ciò che è sbagliato e ciò che è giusto. La gente mormora spinta dal pregiudizio moralista, la gente vuole diventare perbenista, mentre chi sa ammettere la debolezza fugge dalle occasioni del peccato per avere del bene più destrezza.
Nessun commento:
Posta un commento