sabato 13 gennaio 2024

 L'IMPREVISTO NOI. Un politico infondo deve assomigliare molto ad un Dio che è analogo alla realtà del benessere accessibile, nonostante la sua raffigurazione sia inaccessibile alla mente, ineffabile egli deve dare l'impressione di coraggio e determinazione di persona che è sostanza che si individua nella natura razionale e nel contempo sa mantenere un certo affascinante mistero di persona che si avvicina all'assoluto. Il rapporto esistenziale con il Dio politico, non si stabilisce solo dove Dio sia pensato come essere uno ed unico, ma può esprimersi nella vicinanza e lontananza, nella trascendenza rispetto al mondo e nell'immanenza, nell'autosufficienza ed indipendenza e nella piena partecipazione. L'accento del politico deve poter cadere sull'uno o sull'altro degli attributi come una impronta esclusiva di una immagine di affermazione in cui si identifica il pubblico. Quando un politico appare in pubblico deve possedere Dio in lui e nel contempo ha in sé una antitesi del suo essere assoluto ed essere persona che sa farsi valere nella sua particolare unicità e totalità che sa comporsi nel provvidenziale intervento. L'idea di un politico è nella definizione di Giudice, di fondamento della legge che indirizza alla salvezza, attributi che si affermano nelle richieste referenziali continue e che si presenta connessa con esigenze di moralità, giacché il Dio politico autentico e verace non si compiace del male e obbliga gli uomini ad esprimere al meglio la propria natura, ma quando l'uomo si spoglia davanti ad uno specchio spesso trova una cortina di fumo che lo confonde nelle prove al proprio valore e stima. Allora il Dio politico entra in crisi trovandosi di fronte all'esperienza del reale che risulta sempre contradditoria e dovrebbe allora negare di sé la razionalità del reale e ritrovarsi in un essere pensabile col massimo delle perfezioni che non conosce errore, ma solo l'ordine ed il finalismo che si presentano alla natura intelligente. Invece lui è come una tigre in gabbia pronta e decisa a graffiare ed attaccare con il volto truccato e mascherato per nascondere la debolezza e la fragilità e con una forte figura di alleanza con un Padre nostro che si fa prospettiva, pur attraverso i molti smarrimenti. Il politico Dio è un eletto dal popolo e lo lega a sé ed esso si lega a Lui mostrando a tutti la propria sovranità di espressione libera e sincera delle mani intrecciate e dei piedi scalzi in cammino nella sua irriducibilità a qualsiasi delimitazione temporale e spaziale; nel suo geloso riservare a sé il popolo come un diritto esclusivo ad essere riconosciuto servito e riverito. Ma alla fine non c'è santità nel Dio politico perché la Fede come l'amore ha bisogno della giusta atmosfera che si sviluppa nel continuo rinnovamento di una promessa che va mantenuta da entrambe le parti e che costituisce una vocazione alla chiamata ad una più accentuata intonazione escatologica. L'accostarsi all'uomo del Dio politico è nell'accettare il peccato e la debolezza umana di una intimità famigliare di dono che si vede nell'abbandono all'amore attraverso la profondità dell'obbedienza ad una precisa missione che sa operare prodigi e che è autentica testimonianza. Amiamo quando ci riveliamo nella nostra completa anima che sa avere uno sguardo misericordioso, che sa attendere la maturazione del frutto di un grembo, che sa conoscere non altro e non altri ma una pienezza che si dispiega nella sopportazione e nel sostegno dell'impegno, della responsabilità della croce che non conosce ira, ma giustificazione di grazia e gentilezza nell'accoglienza e nella comprensione. Quando il Dio politico si spoglia egli cerca e ritrova la sua figliolanza che sa essere speranza anche nell'inadeguatezza e pure nell'abominio in quanto sa essere efficace nei suoi principi di trasfigurazione, i capelli spettinati sul capo ed il soffio del respiro che si muove intorno, il profumo della vita che si innalza attorno, la bellezza di un tramonto che più non muore all'orizzonte. Il Dio amore si presenta nella sua nudità che sa vivere anche nell'oscurità della notte infera nella sua povertà di intenti che viene colmata dal sentimento di adesione alla seduzione. La traccia profonda del seno che allatta all'amore con il palpito incalzante ed il sospiro, con l'intreccio dei tralci che si uniscono nella fusione dei corpi fra la carne ed il sangue, fra gli struggimenti e la contemplazione devota di una armonia che incatena nell'ebrezza. Conoscere il piacere rubato da briciole profane delle carezzate membra e dell'estasi dell'oscillare delle sensazioni sulla pelle, fra le stelle del pensiero malinconico del riaffiorare del bocciolo della coppa della congiunzione dello strumento che appartiene e si dona, che cede e si abbandona nell'essere voluttuoso che sospinge ad ascoltare il palpito. Respiro della volontà esigente la continuazione in cui scorge se stessa nel rapporto necessario di condivisione che anela alla freschezza che scaturisce fra gli aspetti tragici del mondo e che sa vivere gioiosa, dentro una coppa e in una particola che si spezza per farsi assaggiare. Respiro della mente istintiva che diventa pulsione di vita fra le braccia inchiodate nell'abbraccio e nel petto ove cela la serbante costituzione di sé stessa anche fra fatali problemi. Respiro fra le macerie e le distruzioni, fra le lacrime e le crisi patologiche e le malattie che infermano e soggiogano al loro schiacciare. Respiro fra le nuvole rovinose delle guerre, fra le pietre sparse intorno ed i corpi straziati, fra le torture delle frustrazioni e le umiliazioni di sentirsi un rigetto, cenere che si sparge fra le righe di un diario ingiallito e dimenticato. Fotografie di materiali e documenti di dispersione, letture di avventure e collisione fra le nefandezze del mondo ancora il respiro di Dio che sa divenire amore. Sentirlo nelle ossa, sentirlo fra le dita leggere che si inarcano sul corpo fra i baci a stampo, fra gli sguardi languidi, fra i sapori tenaci e rupestri, fra i fili d'erba e le edere avvinte che si appartengono come i petali di velluto che si avvertono sul noi. Fra le pagine di un modello pubblicitario di smalto coprente del vuoto pensiero, di insalata d'amore che non sazia e che fa dimagrire il cuore, di ammiccanti sopracciglia di un hamburger alla senape, di acque di colonia sul giornale in prima pagina, fra le frange delle idee stanche e malconce di un bicchiere amaro dove la giostra gira alla rovescia e le lancette la inseguono senza tregua. Pausa di una musica stonata, fra gli sberleffi di una vita patinata della scena rubata e di quella ruffiana, fra le pieghe del tessuto stinto e quelle di una pelle raggrinzita, fra la sfiducia e la presa di uno stelo ripiegato ed introverso, fra il polline e l'ambrosia eccolo che nasce il Dio che sa essere lo zucchero filato bambino, il giocattolo e la barba matura, la legge fra i capelli e gli occhiali dello studio, la regola e la virtù fra il fazzoletto nel taschino e le scarpe da ginnastica, fra le corse al ministero e la schiuma da barba ecce homo, ecce amore afrodisiaco, ecce cuore impazzito ancora in quell'angelo con le frecce che colpiscono con la lancia spezzata ed il costato aperto, fra le ferite i sì ed i no ecce homo, ecce amore che ancora esiste, esiste dentro quel magnifico imprevisto politico noi. 

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