venerdì 21 gennaio 2022

Intervista a Paola Spigarelli

Intervista a cura di Anna Taddei e Laura Sansone



Dopo la lettura dei due libri Le scrittrici di D'Io e Sorelle e madri di Paola Spigarelli, noi del blog abbiamo deciso di porle alcune domande:

  • Quale rapporto ha riscontrato tra scrittura e fede? 

Nel mio libro Le scrittrici di D'Io, cito Sylvia Plath, per la quale "La scrittura è un rito religioso: è un ordine, una riforma, una rieducazione all'amore per gli altri". E aggiungerei...per se stessi. Ecco, nella mia vita è accaduta proprio questa sinergia fra scrittura e fede. Dedicare tempo alla scrittura ha aumentato il mio amore per me, perché mi sono concessa tempo, per gli altri, perché arricchendomi arricchisco gli altri, e anche per le donne a cui ho regalato voce e ricordo. La fede è alimentare il contatto con la tua radice profonda, che è Dio, quindi ha molto a che fare con il lavoro di scavo e scoperta che la scrittura compie.


  • In base a quale criterio seleziona le figure femminili da inserire nelle sue opere?

Per il mio primo libro ho scelto figure femminili che hanno significato molto nella mia formazione personale, professionale e di fede, come Virginia Woolf e Edith Stein, altre invece mi sono venute a cercare, come Maria Baxiu e Teresa Gardi, attraverso libri trovati per caso in librerie nascoste o di passaggio: catturate al volo sono entrate nel mio bagaglio di Sorelle e madri. Per il mio secondo libro, dedicato a Le scrittrici di D'Io, tutte le donne descritte, tranne Cristina Campo che già conoscevo e amavo, sono state per me una straordinaria scoperta: è stato un lavoro di scavo e recupero nella letterature. È diventato poi urgente e necessario per me farle conoscere agli altri.


  • Abbiamo riscontrato nei suoi scritti la figura della donna in quanto profetessa, anticipatrice e rivelatrice della realtà: crede che questo aspetto si possa ancora cogliere al giorno d'oggi? 

Ritengo che la donna, come predisposizione e dono naturale, abbia le antenne sempre pronte a cogliere sfumature, sensazioni ed emozioni. L'attenzione di cui parla Simone Weil ci è innata e se ben coltivata ci aiuta la leggere in anticipo i bisogni, nostri, degli altri e dei tempi. È per questo che mi auspico, come in realtà sta già avvenendo, che la Chiesa e la società ascoltino le nostre anticipazioni di senso e ne facciano tesoro.


  •   Successivamente alla lettura delle innumerevoli conversioni nelle due raccolte, ci chiedevamo come lei avesse vissuto il suo percorso spirituale: se come una scala da salire passo dopo passo, o un improvviso cambiamento di prospettiva.

Ho avuto la fortuna di aver sentito dentro di me, fin da piccola, in maniera del tutto naturale, la presenza di Cristo, non come una figura esterna a cui aderire, ma come una Persona già presente nel mio cuore, una Persona che mi voleva bene. Questo lo riconosco come Dono. Crescendo la preghiera, buoni educatori e compagni, la lettura di buoni testi, hanno alimentato questa consapevolezza. Ci sono stati momenti di crisi e di passaggio, ma sempre nella certezza che Lui c'era. Lo studio e la scrittura sulle donne di fede me le hanno veramente fatte sentire sorelle: mi hanno letteralmente accompagnato lungo la strada, che comunque rimane sempre un cammino aperto ed in divenire. 



  • Secondo lei, in quanto madre ed insegnante, quanto è importante nella nostra società educare i bambini ad esprimere senza paura le proprie opinioni, credenze ed emozioni? 

 A casa come madre e al lavoro come educatrice vedo costantemente come sia importante l'educazione alle emozioni, nel senso di rendere consapevoli i bambini di ciò che provano, lasciandoli liberi di esprimersi, ma nel contempo insegnar loro a gestirle e a ben canalizzarle. Raccogliere e rispettare i loro pensieri produce quell'irrobustimento dell'autostima necessario in futuro a non aver paura ad esprimere, sempre con educazione e rispetto, le loro opinioni e credenze.

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