domenica 18 luglio 2021

Un mondo in cui gli adulti non “vedono”…

recensione di Nino Di Paolo




Racconti-romanzo come questo Sottoterra di Beatrice Bittau (edito nel 2017 da Fara), specie se trattano della vita di ragazzi e adolescenti, vengono definiti “romanzi di formazione”.

Sottoterra è certamente un romanzo di formazione ma anche molto altro.

È lo spaccato di un mondo in cui gli adulti non “vedono” neppure i propri figli a causa della onnicomprensività del lavoro, il lavoro ipersfruttato delle comunità cinesi che vivono nei nostri paesi.
Il lavoro umano ipersfruttato esiste ovunque su questa Terra, ne è oggi sovrano incontrastato.
Ma sono le storie che raccontano quello che accade a fianco di casa tua che te lo fanno comprendere.

La narrazione vede come protagonista un ragazzo cinese di terza media, Kai, che vive in un miniappartamento con un padre che è fuori casa fino a tarda sera, un fratello più piccolo che non sopporta, e una madre, il personaggio centrale del racconto, a mio parere, che sopporta una non-vita fatta di lavoro a domicilio e di paura, una continua paura di non farcela che non le consente neppure di mantenere l’igiene domestica.

La vita di Kai è, come la vita di ogni suo coetaneo, un susseguirsi di liti, di ricerca di amicizia, di confusione sul che fare del proprio immediato e lontano futuro.

E non basta la cecità di genitori sommersi di lavoro; c’è un’altra cecità, forse perfino più grave: quella degli adulti responsabili della tua istruzione ed educazione civica, pronti a giudicare ma non a capire o, peggio, a non conoscere, a non voler conoscere la situazione vitale di bambini e ragazzi.
È un qualcosa che non riguarda tutti gli educatori/insegnanti: dipende da chi ti capita, come dipende che giudice ti capita, che caporeparto ti capita, che amico ti capita.

È una situazione in peggioramento o ci sono prospettive?
Beatrice non risponde a questa domanda, e fa bene a non rispondere nel libro.

Tocca a ognuno, nella sua pratica quotidiana, rispondere.
Ascoltando e parlando con ragazze e ragazzi, senza paure.
Beatrice, con e nella sua pratica quotidiana, risponde.

Personalmente, ricordo quando, da ragazzino, mi intrufolavo nei bar pieni di fumo a carpire i discorsi degli adulti, provando a intavolare discorsi con qualcuno che non ti considerasse solo un bamboccio o, nella migliore delle ipotesi, un bambinetto.
Era importante, per me, che qualcuno mi desse retta senza dimostrare fastidio.
Perché in ogni bambino e ragazzo, oltre che esservi sentimenti istintivi, vi è un intelletto sempre pronto ad essere stimolato e sfidato.
E rispettato.


17 luglio 2021

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