lunedì 7 dicembre 2015

Eisenberg: Viaggi al fondo della notte. Recensione di Cinzia Demi

Viaggi al fondo della notte
(La migranza, l’erranza, la viandanza) di Mariastella Eisenberg.




Dopo Madri Vestite di Sole, ecco un altro lavoro di Mariastella Eisenberg: Viaggi al fondo della notte, recentemente uscito per le Edizioni Oèdipus di Salerno. Un lavoro quanto mai attuale, con una tematica quanto mai intersecata nel quotidiano delle nostre vite, se pure non inusuale ma, presente da sempre nella storia dell’uomo, e certo, proprio per questo, ritengo che affrontarla con parole nuove, con immagini nuove, cercandone significati e possibili reinterpretazioni, non possa essere stato un lavoro facile per l’autrice. Non che questo fosse strettamente necessario: tanta è la vastità della geografia narrativa e poetica su cui è esteso l’argomento, che risulta impossibile non trovarne tracce anche nell’opera di Mariastella Eisemberg che, con riflessi incisivi, a volte immediati, – certo consapevoli più che incondizionati – è capace di portare il suo contributo che, infine, vedremo approda ad una cifra peculiare alla sua poetica, riconducendo l’essenza del tema alla sua dimensione originaria, dando vita ad un resoconto a mezza via fra il canto epico e la filastrocca bambina che tutto tiene e contiene, che sa parlare al cuore dei più. Andando con ordine, l’analisi del libro non può non partire dal confronto con alcuni poeti che hanno dato vita a percorsi analoghi, vuoi per coinvolgimento personale – essendo essi stessi, in fondo, dei migranti, dei viandanti, degli erranti – vuoi per desiderio di narrazione, vuoi – come nel caso di Pasolini – per lungimiranza profetica.  Così, pensando a un autore la cui consonanza stilistica – in specie per la brevità del verso – mi riporta spesso alla poesia di Mariastella Eisenberg, e parlo di Giuseppe Ungaretti, vediamo come questi si è addentrato nell’argomento, specie con alcuni suoi testi tra i quali, ad esempio, possiamo citare Girovago, In memoria, I Fiumi con la stesura dei quali – a pieno titolo – anch’egli può essere fatto rientrare in quella schiera di poeti della migrazione che hanno, davvero, acquisito la consapevolezza dalla frattura creatasi per la perdita di identità, dopo l’allontanamento dalla propria terra natale e lo stanziamento in altre terre, magari completamente diverse dalle proprie, frattura che può anche essersi conclusa con i toni drammatici della morte, come avvenne per un suo amico di origine egiziana Mohammed Sceab a Parigi. Così Ungaretti viaggia nella sua condizione esistenziale, quella del poeta, che non trova riferimenti, appigli, stabilità, che è in cerca di un paese innocente, un paese che possa dargli la felicità che non riesce a trovare; racconta la vicenda dell’amico del quale spera, attraverso la poesia di poter sublimare in qualche modo la fine, assurgendola a destino del poeta stesso, in cerca dei valori di appartenenza, e proponendola con i toni che assumono i versi, quelli di un lento lamento funebre. Anche ne I Fiumi, il cui titolo accennavamo sopra, ritorna questo forte pensiero autobiografico di poeta, dove la migrazione prende le forme dell’esperienza distaccante, identitaria, di perdita e ossimoricamente di ricerca, realizzabile anche attraverso le diverse lingue che devono essere frequentate per comunicare, in cui rientra anche quella della poesia.
Ora, se Ungaretti può essere visto come un autore che getta ponti linguistici tra le sue identità, in quanto usa la lingua italiana per scrivere, una lingua originariamente non sua, una lingua che diventa portatrice di messaggi che oltrepassano le frontiere, è anche vero che, comunque, altri autori di lingua italiana hanno portato la loro esperienza o il loro contributo al tema senza esserne direttamente coinvolti, magari solo come osservatori o come cronisti di avvenimenti che hanno anche solo sfiorato la loro vita. Penso a Edmondo De Amicis e a Dino Campana che, entrambi in qualità di partecipanti ad un viaggio reale, diventano testimoni dell’esperienza degli emigranti italiani. De Amicis parte dal porto di Genova per raccontare l’esodo dei migranti verso l’America mentre Campana racconta l’arrivo di questi a Buenos Aires: il primo dipinge, attraverso i dettagli, la crudezza delle immagini e la disperazione dei passeggeri della nave alla partenza, al momento del distacco dagli affetti e dalla propria terra; il secondo con un testo dove vengono annotate le “impressioni d’arte” (come le definirà lo stesso autore) resoconta con una poesia intensa e visionaria ma, reale, perché descrittiva di un momento a cui egli stesso ha partecipato, la rabbia e l’asprezza della reazione di chi arriva in qualità di migrante verso chi accoglie festante – migrante già inserito nel contesto - i nuovi arrivati nella nuova terra. Entrambi gli autori, possiamo dire, che riportano analogie fra le situazioni dell’immigrazione italiana di fine ‘800 e l’odierna immigrazione di altri popoli, descrivendone la disperazione, il disagio, la povertà e l’abbrutimento umano, tanto da trasformarne l’aspetto e le reazioni – è il caso dei testi di Campana – in animaleschi. Ma l’autore che più ci stupisce, per il suo essere stato profetico sul tema della migrazione, è senz’altro Pier Paolo Pasolini che negli anni ’60 già immaginava la venuta di migliaia di uomini in Italia e verso l’Europa, spinti da un desiderio di riscatto per una vita fatta solo di privazioni e sofferenza. I migranti di Pasolini, secondo l‘utopica previsione del poeta, avrebbero dovuto portare lo slancio per una nuova rivoluzione che avrebbe cambiato il mondo, abbattendo le barriere di povertà e sfruttamento anche nel sottoproletariato italiano del sud, e spingendo per una rigenerazione, fondata su uno spirito marxista e cristiano al tempo stesso, che sarebbe sfociata nel mantenimento di una promessa di gioia.
Certo Alì dagli occhi azzurri di Pasolini forse assomiglia alle migliaia di Alì che approdano sulle nostre rive e che portano con sé il sogno di un mondo  nuovo, ma non sappiamo se questa previsione sulla migrazione – previsione, come detto, utopica – sarà capace di trasformarsi in realtà, tanto da concludersi con la positività espressa dal poeta.
Simile, molto, alle modalità degli autori chiamati in causa, anche il racconto della migrazione portato dalla Eisemberg, dunque, si inserisce nella dimensione della narrazione poetica che, come anticipato, assume i contorni epici di tutte le “erranze” reali o immaginarie che siano, racchiuse nella storia dell’uomo, riprese nella notte dei tempi dagli Aedi con l’intenzione di farne conoscere le imprese dei protagonisti. Da Ulisse a Enea, da Don Chischiotte a Gulliver pensando ai viaggiatori per antonomasia, ma soprattutto dagli ebrei ai popoli africani, passando dai nostri connazionali, per sintetizzare, gli uomini sono sempre stati viandanti e le genti hanno sempre migrato, e mai è stato facile, mai gratuito, mai senza dolore a vario titolo. E, Mariastella, fa in modo di farcelo sentire tutto questo dolore, dal Prologo all’Epilogo del suo libro, passando per il Canto delle Speranze e per tutti quei momenti, dove la lunga/tormentata storia d’amore/fra Africa e Europa assume le sembianze di un perpetuo luogo di morte, il Mare nostrum dei clandestini di memoria.  Dalla raccolta dei gigli del mare su una strada fatta solo di mare alle leggende di morte neniate da una vecchia donna, dai deserti che fioriscono alle collane di gocce d’acqua, dai cieli che stellano alla nebbia cruda di un mare che schiaffeggia, la transumanza si consuma nel destino dei suoi attori, sul proscenio dei barconi, dove. necessario diventa un grido di preghiera che invoca qualcuno, qualcuno purché sia, purché risponda. Questo lo strazio della visione, il liminare dal quale è difficile tornare indietro, che è ancora peggio attraversare. Riuscirà la poesia con la sua forza visionaria, con la sua parola salvifica – a tratti – a essere lanterna dei Viaggi al fondo della notte? Qual è il tono giusto per diventare luce rivelatrice e provare a istillare il mutuo soccorso che nasce dalla com-passione? L’autrice ci prova col linguaggio che potremmo definire “rodariano” - di Gianni Rodari - con l’azzardo della filastrocca, della nenia, dalla canzoncina bambina, del verso breve e ritmato che ricorda ancora le gocce cadenti, il sussulto del mare. L’epilogo è già una favola da suggerire ai bimbi e agli adulti per chi è uguale e diverso, per chi conosce e chi cerca, per chi vorrebbe trovare e aiutare e ritornare all’inizio del libro dove la moltiplicazione delle speranze, uno, due, tre…  che diventano speranze che levano il loro canto alla terra promessa, non vengano a mancare, ma trovino il loro porto sicuro.

Mariastella Eisenberg è nata a Napoli da padre, medico rumeno laureato a Montpellier e fuggito in Italia a causa delle leggi razziali, e da una giovane pianista napoletana; ha studiato al Liceo Genovesi, si è poi laureata in Lettere moderne e si è specializzata in Storia dell’Arte; dopo aver insegnato nei Licei Scientifici e Classici Italiano e Latino, è diventata Preside nelle scuole superiori, impegnandosi con fervore in numerosi Istituti della provincia di Napoli e di Caserta, nonché a Caserta stessa. Fin da ragazza ha coltivato la passione per la scrittura, ed è stata premiata in alcuni concorsi di poesia di livello nazionale;  ha poi pubblicato testi scolastici, ad esempio un’edizione per i licei dei Promessi Sposi, e ha tenuto numerose lezioni in convegni e in corsi di aggiornamento, in particolare sulla letteratura italiana e sul tema della disabilità e dell’inserimento dei diversamente abili nei curricula scolastici. Dal 2004 ha deciso di dedicarsi completamente alla scrittura e all’impegno sociale e civile per il quale ha fondato e coordinato un gruppo di lettura presso il carcere di Lauro su incarico della Fondazione Premio Napoli; ha svolto numerosi incarichi in associazioni di livello nazionale, quali l’A.N.F., e locale, quali il CLABARC; ha tenuto una rubrica settimanale sulla diversabilità sulla rivista Il Caffè; si è impegnata in interventi a favore delle donne violentate e abusate con l’associazione casertana Spazio Donna. Collabora con diverse riviste, quali SUD, di cui è anche componente del Comitato di Redazione; nonché con Fresco di stampa. Ha pubblicato: Perché ancora i Promessi Sposi, Marimar - Napoli, 1989; Sara, Guida - Napoli, 2005; Andare oltre, Sud n.11 Lavieri - Caserta, 2008; Negozio, Sud n.13 Lavieri - Caserta, 2008; Carovita, Lettere arti scienze - Caserta, 2009; Nelle città come Napoli, Narrazioni periodico di cultura, 2009; Chiedi alle mani, Sovera - Roma, 2009; Alfabetando, L’Aperia - Caserta, 2011; Cantico nella parola svelata, Compagnia dei Trovatori - Napoli, 2013; Madri vestite di sole, Interlinea Edizioni, - Novara, 2013; Viaggi al fondo della notte, Oèdipus Edizioni, - Salerno, 2015.


Bologna, 7 dicembre 2015

Cinzia Demi





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