domenica 13 aprile 2014

La figura femminile nella saggistica di Saverio Strati.

di Vincenzo D'Alessio 

http://www.scirocconews.it/index.php/2014/04/11/addio-a-saverio-strati/
Saverio Strati, alle domande rivoltogli da Rossana Esposito nell’intervista realizzata a Scandicci il 28 maggio 1978 per la monografia nella collana “Il Castoro”, Nuova Italia Editrice, maggio 1982, n.185, sull’autobiografismo dei suoi romanzi rispose: “Non credo nell’autobiografia… Ma a noi non interessa questo, ci interessa che quelle persone prese a modello dal grandissimo scrittore sono diventate personaggi” (pag. 5).
Nell’esaminare i romanzi di Saverio Strati della prima produzione ( da La Marchesina fino a Mani vuote) l’immagine della donna (madre, sorella, figlia e sposa ) è fortemente connaturata a quella della terra d’origine : “mia madre, l’ingrata madre” (pag. 90, Mani vuote, Mondadori,1960). L’emigrante ama e odia la sua terra d’origine, senza scampo dal punto di vista delle offerte di lavoro ma bellissima per gli umori che essa racchiude nel grembo. È l’affiorare dell’eterno conflitto edipico verso la propria madre: desiderata fino in fondo come donna odiata nel connubio indivisibile del sangue.(1) 

“Comunque, alla fine, perdonai e continuai a mandare soldi, giacché amavo mia madre e desideravo entrare nel suo cuore. (…) Non si può pensare che il cuore di una madre e di un fratello siano tanto terribili” (Mani vuote, pag. 90) .(2)
Questa madre della prima serie di scritti, di cui Mani vuote diviene per noi emblematico, è la madre che lega i suoi figli a un duro destino: “Mia madre mi aveva pronunciato un’amara sentenza, nella quale c’era una spietata condanna: dovevo rimanere, secondo lei, attaccato, inchiodato alla terra, con la zappa in mano” ( Mani vuote, pag. 89).(3) 

E ancora: “ma quello che mi addolorava non era zappare, sfacchinare in modo bestiale, ma capire che mia madre non aveva pietà di me” (ivi, pag. 111).
Non è quindi una madre reale, quella di Strati, è il personaggio “madre” che si eleva in tutta la sua spietata naturalezza dalla pagine del romanzo.(4) 

Il tema dell’emigrazione come risoluzione a questa condanna è contrapposto al lavoro disumano. Intanto è sempre il lavoro, come sottolinea Anthony Costantini, California State University at Northridge, nell’artcolo apparso sulla rivista «Forum Italicum», vol. 24, No. 1, Spring 1990, la forza del riscatto, l’interna maturazione del protagonista di Mani vuote voluta da Strati. Non sarà lo stesso motivo conduttore nella seconda serie di scritti, di cui Il nodo è da noi scelto come continuità tematica.
Il diritto ad emigrare è avvertito alla luce dell’esperienza americana di uno dei loschi personaggi tornato a passeggiare per le strade del paese: “Lì c’è gente che si diverte, che cammina, che non è sola, che è amata” mentre la realtà drammatica del protagonista di Mani vuote si coglie nella considerazione interiore di: “Lei ( la madre) non mi ha nemmeno cercato!” (pp. 239-40).(5) 

Un poeta conterraneo morto negli anni ’60, Franco Costabile, nei versi de Il canto dei nuovi emigrati pubblicato in Sette piaghe d’Italia, Milano 1964, scrive: “Le addolorate / la pietà di tutti gli ulivi. / Lavando / rattoppando / cucinando su due mattoni / raccogliendo / spine e cicoria.”
La femminilità della donna, nei romanzi stratiani, è sovente sacrificata all’impegno quotidiano. La madre del romanzo Mani vuote è dunque quella descritta anche nei versi di Costabile: sempre intenta a raccogliere qualcosa, conservare, rattoppare perché di cose nuove da comprare non ce ne sono mai state. È addirittura avara ché mette il figlio a rischio della vita: “Io me ne frego di tutti gli amici e di tutto il mondo, quando si tratta del bene della mia casa”. Alla quale il figlio risponde: “Tu certo te ne freghi, ma io non me ne frego. Tu non hai cuore, né rispetto per gli altri e per me” (ivi, pag. 229).(6)
La madre viene contrapposta, ancora nel romanzo Mani vuote, alla figura più sensibile e sfortunata della massara: “mi veniva di abbracciarla; ma le presi la mano e gliela baciai… come se foste mia madre, le dissi, e mi sentivo il singhiozzo alla gola” (ivi, pag. 283). (7) 

Strati rivela in questa seconda figura femminile la tristezza esistenziale delle persone sensibili nella società contemporanea legata al materialismo.

Il sesso, nella protagonista femminile di “ Mani vuote” , è trasgressivo: “ Qualche notte sentivo anche altro: Pasquale fare all’amore con sua moglie. Ma lei spesso non voleva, lui bestemmiava sordamente e la prendeva a forza; ” (ibidem,pag.131) “ Desideravo Ciccina e stavo pensando di trovare una via per averla ” (pag.145) “ Io ero l’unico a conoscere tutto, ma non parlai. Né mi pentivo d’aver parlato per Ciccina, però. Se lo meritava, lei, perché era stata cattiva contro un uomo buono e giusto.” (pag.169). Una donna, quest’ultima, sessualmente repressa. Condizionata dalla sua casta sociale. Affidata all’egemonia degli uomini. Una donna, a considerarla, ancora alla mercé dei tabù e riti tribali.

Vorrei solo citare, oltre l’immediata realtà della nostra terra del Sud sotto gli occhi di tutti, quella scritta di Lara Cardella nel suo primo romanzo “ Volevo i pantaloni ” (Mondadori,1989): “puttana è qualunque donna che nel modo di vestire e negli atteggiamenti appaia, per così dire, libertina” (pag. 32).(8) 

“La odiavo, mia madre; sapevo che non era colpa sua e, forse per questo, la odiavo ancora di più” (ivi, pag. 40).
Di madri che scombinano i matrimoni, che affliggono i figli e le figlie fino al completo abbandono della loro volontà nelle loro mani, ce ne sono troppe. L’infelicità di moltissime donne, l’uso infausto dell’aborto clandestino, è legato proprio a questa figura materna eternamente incombente, dalla nascita alla morte, nell’esistenza della propria progenie. Le nonne, invece, sono più nobili perché antiche, perché hanno perso l’infausta forza dominante per essere solo consigliere.
È la nonna, in Strati, a dare forza e consigli. È la nonna in Lara Cardella a darle sollievo: “Io stavo molto bene con lei, perché era buona e divertente, ma volevo molto più bene a mia nonna, anche se mia nonna non era molto giusta, anzi! Voleva più bene a me che a tutti e non perdeva occasione per dimostrarlo, persino quando erano presenti gli altri nipoti con i loro rispettivi genitori” (op. cit., pp. 62-63)
Emerge in questo primo ciclo di scritti che il protagonista del romanzo di Strati non avverte come riscatto definitivo della propria condizione sociale l’apporto di una donna. Nella seconda serie di scritti, dei quali Il nodo è parte essenziale, la donna invece è l’aggancio il trait-d’union tra la nuova realtà d’oltralpe e il vecchio mondo superato d’origine(9). Gretchen non ha bisogno di contrapporsi alle altre figure femminili per rivelare la sua “calda” sensibilità. Non è donna appassionata, è passione lei stessa; non donna comprensiva, è la comprensione; non madre risoluta alla propria realtà, ma feconda continuità di vita.
Ha ragione Rossana Esposito, nella monografia citata in precedenza, ad indicare il romanzo Il nodo come momento di svolta dell’opera di Strati. Scrive la Esposito: “A partire da Il nodo Strati concentra dunque la sua attenzione su problemi che non interessano solo la realtà del Sud ma tutta la società contemporanea; la sua narrativa viene a perdere così quel carattere meridionale e regionale per acquisire una dimensione europea e universale. (…) Il romanzo è tutto strutturato sull’antitesi tra civiltà settentrionale moderna ed emancipata rappresentata da Gretchen, la ragazza svizzera libera ed indipendente, e la civiltà meridionale, immobile ed arcaica, rimasta legata ad antichi ed assurdi condizionamenti” (op. cit., pp. 39-41).(10)
Emerge, accanto alla figura della compagna di studi e di nuove attese da protagonista, la figura della madre, questa volta ridotta però a un fantasma che si frappone tra il padre, con la sua sregolata vera vita di paese, e il protagonista del romanzo, il figlio (11). Il sesso, anche in questo nuovo scritto, è avvolto nella luce della falsità meridionale: “A volte calcolavo quante ore all’anno sprecavamo nei bordelli. Più di cinquecento ore appollaiati sulle sudice sedie, a guardare gambe, petti, visi stravolti; ad ascoltare discorsi sozzi” (Il nodo, pag. 132); “Era tranquilla. Evidentemente ignorava il nome di Tina. Ignorava che Tina era la tenutaria della casa dove lei andava a scialare col vecchio banchiere” (ivi, pag.152); “Sorrisi con me stesso pensando a Tina sempre pronta a correre agli ordini di Franco e miei. Era felice quando facevamo all’amore. Anzi c’incoraggiava a fare all’amore, quando stavamo in casa sua. Ci procurava lei stessa, da brava esperta, le caruse di sua conoscenza” (ivi, pag. 187).
Ancora Rossana Esposito scrive, per il romanzo Il nodo, a questo proposito: “il disgusto per il falso moralismo della borghesia provinciale del Sud lo indurrà a sciogliere definitivamente questo nodo con il proprio passato…” (op. cit., pag. 41). Accanto alla rappresentazione della realtà sociale della donna compare quella domestica, servile, racchiusa nella figura della sorella del protagonista del “nodo”. Una donna, quest’ultima, il cui destino viene deciso dalla volontà paterna (materna) contrapposta, senza soluzione di continuità, a lei essere non pensante. Queste donne “serie”, casalinghe, sono costrette loro malgrado ad accettare qualsiasi atto compromissivo pur di trovarsi un “uomo” di sostegno: “Bene – fece mio padre – all’improvviso. Parliamo di affari più urgenti. Si toccò il mento. Riprese: Noi abbiamo questa creatura, tua sorella, e dobbiamo pensare alla sua sistemazione… (…) Non riuscivo ad immaginare mia sorella moglie di un uomo rozzo e già sulla quarantina. Attaccato alla terra e alle vacche, che sarebbero certamente più curate e amate di mia sorella; alla quale sarebbe toccato lavorare da contadina per tutta la vita, senza alcuna gioia” (ivi, pag. 100).(12)
In questo secondo ciclo di scritti la donna è alle prese con la propria identità, ha maggiore coscienza tanto da tentare finalmente una liberazione come in una semplice confessione, davanti al bar, all’amico sapendolo lontano, ormai estraneo a quel contesto, altrimenti? In entrambi i cicli la scrittura di Strati ha funzione di denuncia e di profonda realtà storica. Basta per ricordarlo la frase del protagonista del romanzo Mani vuote: “ Sempre mi è piaciuto conoscere la storia degli altri, anche a costo di sembrare e di essere un maleducato” (pag. 92); “È un mondo di mangia mangia, di furbi, questo di forti” (pag. 131); “Le baracche che l’America mandò per i terremotati l’hanno date a chi non toccavano. I trucchi che sempre fanno quelli che comandano” (pag. 248).
Gretchen diviene, infine, la nuova madre, la nuova terra, la continuità della vera vita. Ma la donna protagonista della lunga teoria di scritti del “loico Strati” (cito Stefano Lanuzza) dov’è finita ? Di certo non “in fondo al pozzo” ma ha continuato e continua nella realtà a soffrire dell’ingrata insensibilità del circostante genere umano che domina. L’amore vero sarà per sempre negato alla terra e alla donna del Sud. Fabbriche senza presente. Interventi senza alcun confronto con le tradizioni. Sfruttamento al massimo. Hanno impoverito la vera ricchezza della generosa terra che Strati ha conosciuto e dovuto chiamare “madre ingrata” nei suoi romanzi. Questa ingrata terra fredda terra di pietre aveva però bisogno di conoscere l’amore vero della sua gente. Aveva negli anni delle grandi migrazioni bisogno ancora più di braccia e di figli, di aiuti reali dallo Stato. Non è andata così!
L’assenza di uno Stato vivificante e capace di avere un ruolo di madre patria, disegnata sulle spalle e le imprecazioni dei manovali, ha indurito ancora di più l’anima della nostra gente, mitizzata nella barbarie della ‘Ndrangheta, della Camorra, e della Mafia, piaghe insanabili perché tutt’uno con la terra dove sono nate.
La donna protagonista dei romanzi di Saverio Strati, come il protagonista del romanzo Mani vuote, ha dovuto ascoltare troppe volte e per lungo tempo la frase dettata dalla saggezza di gente “timorata di Dio”: “Non sei fortunato, mi disse il vecchio. I tuoi antenati comandavano a centinaia di gente, e tu sei uno schiavo. C’è una legge della natura che è spietata: uno deve pagare per tutti. Questa volta la condanna è caduta sulle tue spalle” (pag. 251).(13)
Non vedremo, e noi che scriviamo lo desideriamo con tutte le nostre forze, se non nascerà una forte presa di coscienza democratica nella società della nostra terra del Sud, una donna protagonista delle proprie idee, una madre/terra libera, orgogliosa delle sue forze, capace di offrire vita e dignità, non solo benessere, a quanti pur lontani vorrebbero tornare e non restare a “mani vuote” .
 

Aprile, 1991

Note

1) esiste sull’argomento dell’emigrazione meridionale una estesa letteratura. Basti pensare all’esodo massiccio avutosi agli inizi del XX secolo verso le Americhe e successivamente in Australia. Negli anni che seguono l’ultimo conflitto mondiale l’emigrazione meridionale ha scelto l’Europa centro meridionale. Saverio Strati è uno di questi emigrati in Svizzera ed ha conosciuto la realtà dell’emigrato. Confrontare anche il contributo di Sebastiano Martelli in «Forum Italicum», vol. 27,Nos.1-2, Spring-Fall 1993, dal titolo: “Immaginario collettivo e rappresentazione nella letteratura del Sud”, pag. 229 e seg.
2) Il senso profondo del distacco dalla madre patria viene lenito dalle rimesse effettuate ai parenti con la speranza, da parte dell’emigrato, di ritornare con i figli. In realtà le cose sono andate diversamente. Gli emigrati sono morti e i figli sono tornati solo per turismo nei luoghi ameni dei genitori. Luoghi inospitali per mancanza di civiltà. Un tradimento continuato nel tempo.
3) Quando l’unica ancella era la zappa, anche la madre terra sembrava ingrata. Non a caso Strati rappresenta nel desiderio di espatriare la rivolta il profondo disagio che sfocia in diversi momenti storici in vera lotta proletaria per ottenere la terra da coltivare per sopravvivere (vedi, Rocco Scotellaro).
4) La madre terra costituisce l’unico “avere”. Tema che ritorna in molti scritti e film neorealisti.
5) L’assenza della madre nel romanzo di Strati è l’assenza della madre Patria.
6) Come non avvertire in questa mancanza di rispetto della madre verso il figlio il mancato rispetto/protezione dello Stato verso i cittadini?
7) Si scorge limpida e serena la figura della donna forte e sensibile capace di tenere testa ai figli delinquenti.
8) Troppe volte si alimenta l’ossessione maschilista verso le donne che intendono risalire la china dove secoli di protervia umana le hanno relegate.
9) Il lungo peregrinare all’estero di Strati, le esperienze lavorative acquisite, gli permettono di affrontare con maggiore serenità il distacco dalle origini.
10) Strati ha assunto pieni poteri per valicare le terre calabre e spaziare senza timori il proprio passato.
11) La madre/Stato è diventato un flebile ricordo. Il padre è solo un ricordo.
12) Rimangono, per lo scrittore e noi che leggiamo, dei nodi insolubili legati alla terra del Sud.
13) Il protagonista del primo ciclo dei romanzi di Strati onora la vecchiaia e la dignità della Fede e ricerca, nel secondo ciclo di scritti, la vera strada per sfuggire alla nemesi storica.

Nessun commento: