mercoledì 18 dicembre 2013

Il sole sul quaderno


di Subhaga Gaetano Failla

Guardo dietro di me. Le orme sulla sabbia sono state tracciate dai miei piedi nudi. Dunque nessun Venerdì su queste sponde; e Robinson potrà rimandare ancora l’incontro con lo specchio.

Un grosso cane dal pelo scuro e lucido corre sulla spiaggia. Per un attimo, disorientato, ho scambiato le mie orme con quelle d’altre creature. Ma forse non sono un personaggio di Defoe, non sono il cane laggiù e nemmeno la ragazza che passa adesso – bionda, giovane, occhiali scuri, scarponcini beige che sfiorano l’acqua del mare.

Il fatto che io lasci tracce sulla sabbia è un indizio della mia esistenza. Tuttavia ciò non costituisce prova. E sarei pronto a confutare qualsiasi ipotesi, in sé così fragile, che voglia affermare la mia esistenza.

Che mare e che sole, a dicembre. E la birra, una Tennent’s, è forte quanto basta per condurmi in certi sentieri tra sensualità e sonno. Un buon crocevia, un mormorio suadente, un espandersi della risacca, i jeans arrotolati e le caviglie scoperte. E allora un desiderio d’ulteriori spazi mi spinge ad aprire lo zaino e a cercare parole lì dentro, in un libro che mi accompagna. Eccole, le parole, sono quelle di Gorgia:

“Che le cose pensate non esistano, è evidente.” E ancora: “Ciò che esiste non è pensato.”

Come è anche evidente, affermo a mia volta, che la frase pensata da Gorgia non possa esistere e neppure dunque questa sua espressione in forma scritta. È inoltre palese che la mia frase, appena pensata e scritta, non abbia alcuna possibilità d’esistenza.

Bello questo sole sul quaderno.

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