venerdì 28 marzo 2025

Musica di Dio, musica del diavolo a Piacenza con Carlo Alessandro Landini –7 aprile 2025


Carlo Alessandro Landini  

Musica di Dio, musica del diavolo. Appunti di Musica Sacra


Carlo Alessandro Landini presenta al Conservatorio Nicolini di Piacenza 

il libro Musica di Dio, musica del diavolo. Appunti di musica sacra,

 una concentrata raccolta di analisi e riflessioni sulla musica sacra, 

dalla musica «divinamente ispirata» alla «musica del diavolo». 


Lunedì 7 aprile 2025 

Piacenza

Biblioteca Conservatorio Nicolini

ore 16.30



Conversazione dell’autore con Paolo Alessandro Rossini, direttore d’orchestra, saggista, docente di Storia della Musica ed Estetica musicale presso il Conservatorio “Giuseppe Nicolini” di Piacenza, e Mariateresa Dellaborra, musicologa, saggista, docente di Storia ed Estetica della musica presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, membro del Comitato scientifico dell’associazione Arcadia (Milano) e responsabile del settore Edizioni societarie della Sidm Società Italiana di Musicologia.

Nell’ambito della rassegna del Conservatorio Nicolini di Piacenza Incontri in Biblioteca @ 2025 a cura di Patrizia Florio, lunedì 7 aprile Carlo Alessandro Landini presenterà il suo ultimo saggio Musica di Dio, musica del diavolo. Appunti di musica sacra, edito da Zecchini Editore. Con questa pubblicazione Carlo Alessandro Landini, compositore e saggista, voce libera e appassionata, aggiunge un nuovo capitolo al suo approfondito percorso di studio dei diversi temi del campo musicale, portato avanti senza sosta e con personalissima sensibilità conoscitiva.  In questo breve e prezioso saggio, Landini si addentra nelle trame della musica sacra e del dualismo tra musica “divinamente ispirata” e “musica del diavolo” attraverso un ampio reticolato di studi e riferimenti, illuminando il tema di luce nuova. 

Un percorso denso di analisi, spunti e considerazioni che si levano dai mille rivoli dell’affascinante e complesso mondo della musica sacra, per poi allargarsi anche ad altre discipline in stretto legame con l’universo dei suoni. Ne affiora un’accurata indagine critica, corredata da una ricca scheda bibliografica, frutto di una continua ricerca tra le discipline dell’arte che apre ad una sorprendente pluralità di riflessioni da cogliere e approfondire.  Scrive Michele Bosio nella presentazione del libro: “Così come avviene per tutti i testi di pregio, il fine ultimo dell’autore è sollevare interrogativi, non preconfezionare narcotizzanti risposte da manuale didattico. La prosa dell’autore, assai dotta e semanticamente travolgente, mette sul banco un’infinità di aspetti che inducono al ragionamento, all’analisi, spingendo le sensibilità più mature all’introspezione. Caratteristiche, quest’ultime, che si ritrovano, invero, anche nelle composizioni di Carlo Alessandro Landini.”


Dalla quarta di copertina: 

La prima parte del libro (Appunti di musica sacra) raccoglie i documenti del Magistero ecclesiale che hanno, nei secoli, dettato usi e norme riguardo alla liturgia. Completano il testo un excursus nel campo dell’architettura sacra, con la riproduzione di un raro disegno di Leonardo, e un accenno alle dinamiche del caos. Vi è sottolineata tutta l’importanza di rinvenire un giusto mezzo fra la complessità disarmante di talune esperienze contemporanee e la semplicità corriva del repertorio oggi in uso nelle chiese (frutto di una certa pastorale post-conciliare). La seconda parte del libro (Musica di Dio, musica del diavolo) riassume le ragioni per le quali non è agevole parlare di una musica “divinamente ispirata” e, sul fronte opposto, di una “musica del diavolo” (la si ascolta nella vita di tutti i giorni sotto forma di “musica di consumo”). Nella teoria dell’armonia e nel terreno (ancora in gran parte inesplorato) della neuropsicologia si possono rinvenire utili indicazioni per affrontare l’argomento. Completano il volume una scheda bibliografica e un indice dei nomi.  



conservatorionicolini.com/event-details/incontri-in-biblioteca




Informazioni:


Lunedì 7 aprile 2025, 16:30 – 18:30

Via Santa Franca, 35, 29121 Piacenza 


Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti.



Paolo Pinto – Ufficio Stampa

 paolopinto.stampa@gmail.com

giovedì 27 marzo 2025

Arianna Biscotto al Salone del Libro di Torino 18 maggio 2025

Complimenti ad Arianna Biscotto invitata al Salone del Libro dal Premio Letterario Massarosa per presentare il suo

domenica 18 maggio 2025 
alle ore 12:00



Il Premio Letterario Massarosa è presente con un proprio stand alla XXXVII edizione del Salone del Libro di Torino.
Un’opportunità unica per ogni autore/autrice in concorso, che avrà a disposizione uno spazio dedicato per presentare la propria opera e realizzare un video promozionale. Siamo certi che questa occasione contribuirà a dare ulteriore visibilità ai vostri talenti e alle opere in gara. 

venerdì 14 marzo 2025

AUTORI E VALORI on line di martedì dal 25 marzo al 13 maggio 2025



La Pastorale universitaria della Diocesi di Vercelli, con la compartecipazione dell’Università del Piemonte Orientale e il contributo di numerosi docenti, torna a proporre AUTORI E VALORI, il ciclo di incontri online dedicato agli studenti universitari e a chiunque ami la lettura e la riflessione sui grandi temi dell’esistenza. L’idea — grazie soprattutto alla partecipazione di docenti, dottorandi e studenti universitari, oltre che di studiosi di varie discipline — è proporre la letteratura e la lettura come vie di riflessione, di ricerca, di trascendenza.

Gli appuntamenti serali cadenzati settimanalmente (ogni martedì dal 25 marzo al 13 maggio) consentiranno ai partecipanti di condividere e approfondire interessi e aspirazioni, a partire dalla riscoperta della dimensione etica di testi scelti dall’opera degli autori selezionati. In questa edizione, insieme a grandi classici del calibro di Beccaria e Dostoevskij, verranno proposti saggi di estrema attualità. È d’altra parte il tema scelto a richiedere tali approfondimenti: l’intento è di presentare il dibattito contemporaneo e la sensibilità crescente sulle misure detentive, sulla necessità del reinserimento sociale di chi compie reati e sull’autentico riconoscimento dei suoi diritti, della sua dignità e della possibilità di cambiamento. A parlarne sono dunque stati invitati anche illustri personalità del panorama italiano, tra cui padre Guido Bertagna, tra gli iniziatori della giustizia riparativa. La rassegna online, la cui partecipazione consente agli studenti riconoscimento di crediti formativi, segue un’esperienza particolarmente significativa: un gruppo di docenti, insieme ad alcuni studenti invitati dagli stessi e dalla Pastorale universitaria, si è recentemente recato in visita alla casa circondariale, come primo passo di una progettualità più estesa di rafforzamento del legame culturale  e sociale con il carcere.


per collegarti: 

martedì 18 febbraio 2025

Poesie che attraversano la realtà

pillola di Enrica Musio



Nel libro di Dante Zamperini Di un respiro sospeso pubblicato da Fara editore, troviamo poesie di ringraziamento alla gioia, alla esistenza, a tutto ciò che ci circonda, all’essenza della vita personale; alla natura, a Dio nella sua grande immensità, nella sua grande luce benefica e curativa, poesie che attraversano la realtà, poesie che ci portano in un viaggio attraverso i pensieri più intimi di un’anima che si scontra con la fede di Gesù, col messaggio cristiano, come ce lo porta papa Francesco.

Un buon libro da leggere che dà da pensare e da riflettere.

Belle le immagini dentro al libro, mi sembra di vedere delle dimensioni pittoriche un po’ alla Dalì e un po’ di stile metafisico italiano.

lunedì 3 febbraio 2025

Su critica, scrittura e cultura

grazie di cuore ad Enrico Macioci e complimenti ad Andrea Temporelli

Sono felice di avere dedicato buona parte di questa domenica casalinga alla lettura di Assist, rovesciate e autogol. La letteratura presa a calci, di Andrea Temporelli (FaraEditore). È un testo che, d’ora in poi, porterò sempre nella mia metaforica tasca, e che rileggerò spesso.

Io non sono un critico bensì un narratore, e Temporelli si rivolge (perlopiù) ai critici e all’atto critico, ma credo che tutti noi che leggiamo/scriviamo dovremmo conoscere questo ardente libriccino, che si fa carico con impudenza e anzi con imprudenza di questioni ciclopiche e perciò spessissimo ignorate.
Qualche giorno fa Richard Ford ha dichiarato di non avere, né lui né nessun altro scrittore americano, la benché minima influenza sulla politica e la vita quotidiana americane. Se non ce l’ha lui, figuriamoci io su quelle italiane. Pure, per circa un anno mi sono sentito in dovere - sbagliando, ma che importa? - di denunciare quella che mi sembrava la palese ingiustizia e incostituzionalità delle misure anti-covid, e specialmente del mitologico green pass.
Faccio questo esempio per dire che, nell’ambito umanistico inteso in senso lato, la logica vale il giusto. A rigor di logica, quasi nessuna delle persone che scrivono dovrebbe scrivere, sia per motivi economici sia per motivi di talento. Eppure le persone scrivono; investono speranze ed energie; sfidano, ciascuno a modo proprio, il successo e il fallimento; bordeggiano con tenacia il senso d'inutilità che la letteratura si porta dietro. La logica, nel nostro ambito, vale come il due di briscola.
Il mio post precedente sul libro di Temporelli ha ottenuto finora sei like e questo non andrà meglio, temo. È vero, non è certo facebook il luogo per imbastire simili discorsi (o forse qualunque discorso); ma per chi, come me e tantissimi altri, non ha molto altro, quale sarebbe in nome di Dio il luogo deputato? E se scrivessi queste note sulla pagina di un giornale esse otterrebbero un credito e una visibilità tanto maggiori? Siamo o non siamo, in effetti, nel tempo della nebulizzazione, dell’atomizzazione e della dispersione? Chi è che oggi possiede una chiara autorità? Per echeggiare Shoshana Zuboff, chi decide chi decide?
Bisogna rassegnarsi, come spiega Temporelli: è un tempo micidiale per esistere in quanto scrittori (e non solo). Ma scrivere è anzitutto una vocazione, più che una scelta. La scelta attiene, in seguito, al tipo di scrittore che vogliamo diventare - e nemmeno sempre.
Forse ciò che davvero oggi manca, dell'esercizio critico, è la funzione di collante fra scrittori e lettori, fra scrittori e scrittori, fra scrittori e scrittori morti (la famosa tradizione). Ma se la critica langue non è tutta colpa dei critici; la colpa è anche dei lettori, anche degli scrittori, anche degli editori. Il sistema viene alimentato ed approvato da tutte le sue componenti, tutti collaborano alla direzione in cui scorre l'acqua e però nessuno, da solo, può minimamente cambiarne il corso.
Qui si annida la trappola, temo. In questo senso di vacuità cosmica, di affollamento e affogamento. È vero, le cose stanno così e cosà, ma io che posso fare? Che posso cambiare? Vale la pena crucciarmi per problemi troppo più grandi di me?
Allora chiudo con un’altra domanda: che cos’è la cultura? La cultura è una visione del mondo, con tutto ciò che essa comporta in termini di frustrazione e difficoltà; forse, risponderebbe Temporelli, la cultura è perfino un autogol.

mercoledì 22 gennaio 2025

Ecco i vincitori del Narrapoetando 2025

Grazie di cuore ai giurati Fabio Orrico, Francesco Di Sibio, Giovanna Passigato, Stefano Martello della sezione Narrativa/saggio (per la Poesia v. qui) del concorso Narrapoetando 2025 per l’attento e appassionato lavoro di valutazione e complimenti ai vincitori!

I class.

TRA QUI E ALTROVE
di Francesco Randazzo (Ronciglione, VT)


Francesco Randazzo, laureato in Regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma e in Filologia e Letterature Moderne all’Università “Guglielmo Marconi” di Roma, lavora in Italia e all’estero come regista e autore. Ha pubblicato testi teatrali, poesie (con Fara, Itaca deserta ruggine, 2020, E fu sera e fu mattina, 2024), racconti e quattro romanzi. Numerosi i premi di drammaturgia e letteratura nazionali e internazionali. Sue pièces sono state tradotte in spagnolo, ceco, francese e inglese. Con Graphofeel, negli ultimi anni, sono usciti: I duellanti di Algeri (2019), Il vero amore è una quiete accesa (2021) e Freme la vita. I sogni di Goffredo Mameli (2024).

«Il fantastico sembra essere il sottofondo morale scelto dall’autore per le sue storie, inteso nel senso più ampio del termine. Si va dalla fantascienza propriamente detta all’utopia passando per fiabe dal tono gentile e moraleggiante. Purtroppo, la tendenza a chiudere (ma spesso anche ad aprire) con una nota decisamente patetica inibisce le potenzialità di diversi racconti.» (Fabio Orrico)

«Ironia, tensione, partecipazione all’avventura umana, anticipazione del futuro. Anche nei suoi aspetti più feroci o più inverosimili.
“Ogni vita nasconde una catabasi, immaginata, sognata, temuta, desiderata, è forse un impulso segreto (…) che può essere un’epifania, un richiamo sia alla maturità da raggiungere che al fremito irrequieto della volontà di compiere la propria impresa esistenziale.”
Racconti di solitudine estrema, e, coraggiosamente, anche nell’abisso dell’Alzheimer: forse questo dissolversi nella realtà che conosciamo è uno sfumare verso un’altra, altrettanto reale, seppure sconosciuta.
Racconti anticipatori, come 2063, e per questo terribili.
Racconti ironici come Prima i lombrichi.
Racconti di una predisposizione all’amore: “Vedo soltanto un mare d’argento, nitido e freddo. La barca del mio corpo vuoto scivola e va verso il suo orizzonte del nulla”. E poi la vecchiaia. E altro. Il tutto raccontato con un linguaggio semplice e alto insieme, di una precisione scientifica, in grado di penetrare, coinvolgere e sconvolgere.» (Giovanna Passigato)

«Ci sono temi e generi, tra queste parole, che meriterebbero più rispetto. Più riconoscimento. Non per buonismo letterario ma solo per la stretta contingenza con il presente. Magari questi racconti, questi inizi, non mi sono nemmeno piaciuti, ma meritano una spinta vigorosa in avanti. Soprattutto oggi.» (Stefano Martello)


II class. ex aequo

LA SCUOLA POSSIBILE
di Simone Mazza (Parma)


Simone Mazza vive e lavora a Parma. Insegnante e formatore, coltiva variegate passioni, tra cui scrivere. Ha redatto numerosi articoli per riviste di tecnologia didattica e diversi manuali, fra i quali: The digital storytelling (2018). In ambito narrativo, dopo due raccolte di racconti, ha pubblicato in varie antologie molti testi premiati in concorsi letterari (es. “Il passaggio a livello” in Creare Mondi, Fara 2011) e due romanzi: Memorie di fango (Prospero 2017) e Ci vediamo dopo (Calibano 2021). Nel 2020 pubblica con Fara, Storie con un’altra morale e nel 2023 Se in cielo non ci sono stelle.

«Testo molto interessante, che offre uno sguardo sull’istituzione scolastica negli ultimi anni del XX secolo, e ancora nei primi del XXI, attraverso le esperienze di due modelli innovativi, la scuola di Summerhill, e la Sezione Sperimentale della Scuola Montebello, i quali mostrano il valore di un’educazione che metta al centro la felicità, l’autonomia e la socialità.
Tuttavia, entrambe evidenziano anche la necessità di un equilibrio tra libertà e struttura, tra spontaneità e progettazione. Temi molto sentiti all’epoca. Scritto in modo semplice, chiaro, coinvolgente.» (Giovanna Passigato)

«Saggio elegante, basato sull’esperienza personale di un ex allievo della sezione sperimentale di una scuola elementare. Aiuta il parallelo con l’esperienza anglosassone da cui la sperimentazione prende più che le mosse. Con onestà intellettuale, non vengono taciuti i pregi né i difetti. Tutti siamo stati bambini, quindi chiunque può accostarsi, capirlo e farsi delle domande.» (Francesco Di Sibio)


TRE RACCONTI INQUIETI
di William Protti (Santarcangelo)


William Protti, nato a San Marino, vive a Santarcangelo di Romagna. È appassionato di fumetti e ha impaginato alcuni libri, ultimo dei quali Lo splendore della Verità (Pazzini, Villa Verucchio 2022). Fra il 2015 e il 2018, i racconti Un giorno di follia, La minaccia, Kronin: visioni del futuro e Vera sono stati premiati dai concorsi indetti da Fara. Con Eghena ha vinto il Faraexceslior 2024.

«Nella cornice del genere horror, modulato tante volte quanto è il numero dei racconti trovano posto ipotesi e tendenze legate al genere: dal folk horror al gotico, accostati a temi sociali di bruciante attualità (la violenza sulle donne, per esempio). L’autore è capace di amministrare il citazionismo con grande intelligenza, integrandolo nel racconto e non usandolo come sfoggio di erudizione né come strizzatina d’occhio postmoderna.» (Fabio Orrico)

«Un gioco di specchi coinvolge il lettore immerso nelle pagine del primo racconto. Il filo va tenuto ben stretto per non perdere l’aquilone della storia. Seguono altri due racconti inquieti, da leggere. Bisogna lasciare spazio alla fantasia, per farsi catturare totalmente.» (Francesco Di Sibio)


III class. ex aequo

DIARIO
di Marco Bottoni (Castelmassa, RO)


Marco Bottoni è nato nel 1958 a Castelmassa (RO). Medico di Medicina Generale, scrive per passione dal 1999 racconti, poesie e testi per il teatro. Ha pubblicato il romanzo: Io e Marcellino. Con Fara raccolte di racconti e il testo teatrale Con il titolo in coda (2011) vincitore del premio Martucci Valenzano. È fondatore della Compagnia Buoni e Cattivi che mette in scena i suoi testi teatrali. Ha vinto vari premi (nel 2014 il concorso Insanamente con Tratto da una storia vera (medaglia del Presidente della Repubblica) e il Pubblica con noi 2016 con “Vite in viaggio”). È inserito in molte antologie.

«Bel testo sperimentale, formalmente rigoroso ma narrativamente libero. Dal titolo si evince tono e struttura ma numerose ipotesi narrative vengono parcellizzate all’interno del dettato e restituite prismaticamente, come volti riflessi in uno specchio rotto.» (Fabio Orrico)


Appartengo a te
di Arianna Biscotto (Cervia, RA)


Arianna Biscotto è nata a Campo San Martino (PD) 55 anni fa, sapeva scrivere il suo nome a 3 anni e l’amore per la scrittura e i libri le appartiene da sempre. Lavora in un’azienda che offre servizi alla persona e che le permette di rimanere a contatto con ogni realtà umana. Ha un diploma in ragioneria, ma i numeri non fanno proprio parte del suo mondo, le parole sì.

«Il romanzo breve appassiona fin dalle prime battute, il lettore nuota tra i flutti narrativi e si immerge nei luoghi dove si sposta l’azione. Una fotografa di fama fugge dal suo passato doloroso e incontra il bell’attore turco. La Hollywood turca contagia pure la narrativa. Ce ne faremo una ragione.» (Francesco Di Sibio)


Noir. Dieci racconti
di Robi Cottoman


Robi Cottoman tiene molto alla sua privacy, scrive per passione dalla sua nascita di scrittore che si stima sia da datare attorno all’anno 1999.
Nel mondo letterario è pressoché sconosciuto; nella professione si occupa di termodinamica applicata, circuiti idrodinamici a pressione variabile, pompe aspiranti e prementi, scambi gassosi, microcircuiti ipercomplessi a bassissimo potenziale (non produzione, solo manutenzione). Ha vissuto anche in Nicaragua (brevemente) e in Svezia (più a lungo); parla, legge, scrive e sogna correntemente in italiano, inglese e spagnolo. Nessuno è mai riuscito a scattargli una fotografia e, fortunatamente, non ha mai avuto un incidente mortale. Gli piacerebbe molto riuscire a pubblicare un libro.

«Saranno i tempi che corrono ma "Noir" non indica più solo un genere. Piuttosto uno stile comportamentale. Un timbro operativo. Dieci racconti che parlano di un oggi particolarmente scadente ma non per questo meno seguito.» (Stefano Martello)


Opere votate

Il Gepe e altro
di Giuseppe Callegari (Grazie, MN)


Giuseppe Callegari, nato a Voghera (PV) nel1951, residente a Grazie di Curtatone (MN). Ha tentato di fare il giornalista (iscritto all’Albo dei pubblicisti dal 1979), ma dopo aver scoperto che lavorare per i giornaloni e la tv implicava avere la targa giusta, ha scritto qua e là (anche qualche libro) e ha finito la carriera facendo Il Topone (un tri-settimanale autoprodotto e auto-distribuito). Con la vecchiaia è stato promosso da giornalista e giornalaio. Infatti distribuisce i giornali alle persone che hanno difficoltà ad andare in edicola. Si è guadagnato la pagnotta quotidiana facendo l’insegnante nelle scuole professionali e il più bel voto che ha ricevuto è stato: “mi hai preso la mano quando non la sentivo e non l’hai più lasciata”, una frase detta da una allieva dopo che aveva finito il suo percorso scolastico da più di vent’anni.

«Un po’ sconclusionato e, forse, proprio per questo accattivante nei rimandi caotici per periodo, tematica o riferimento. L’intervista a metà del guado è semplicemente dolce.» (Stefano Martello)


UOMO DI MONDO
di Cristiana Veneri (Urbino)


Cristiana Veneri è nata a Urbino il 1 Aprile 1995, qualche minuto dopo la sua gemella… no, non è un pesce d’Aprile. Cresce, circondata dalle colline del Montefeltro, in un forte connubio tra arte e natura. Studia lettere all’Università di Urbino e poi si specializza in Archeologia all’Università Sapienza di Roma. Due sono sempre stati i sogni nel cassetto: 1. fare la scrittrice, 2. diventare guardia forestale. Questo scritto è, forse, l’incontro di quelle due anime.

«Il titolo è piuttosto criptico (non utilizzato nella sua normale accezione). E poi, chi è Mondo? Lo strano individuo compagno di stanza e di dolori del protagonista? Suo amico? O forse solo protettore? Forse un alter ego?
Tra disquisizioni di cucina e sulla natura delle tempeste, pian piano la storia si dilata fino a comprendere l’universo, quel piccolo universo astronomico che rotea attorno alla Terra – o viceversa.» (Giovanna Passigato)

domenica 19 gennaio 2025

LA CASA DI LINO



All’amico Lino

La casa di Lino aveva qualcosa di sinistro, da palazzotto nobiliare un po’ decaduto. Da una via interna pedonale, in rapida discesa, si arriva a una piazzetta sbilenca, dal perimetro irregolare, lastricata da ciottoli levigati male assortiti. Gli edifici che vi si affacciano, apparivano tutti posti lì quasi a far la spia. Alcuni semiabbandonati, altri abitati ma con le vecchie persiane in legno sempre chiuse o accostate. In questi, la posta giungeva assai raramente. Quando pioveva, abbondantemente, l’acqua defluiva di corsa, a cascata nei gradoni sottostanti. D’estate non c’era vento in grado di rinfrescarla almeno un pochino e, perciò, attraversarla a piedi nudi era impossibile, sempre che non si volesse rischiare di ustionarsi.
Ebbene, dopo questa strana piazzetta, una piccola scala con gradini macchiati portava al pianerottolo della porta d’ingresso. Ora questa, di vecchio legno più che stagionato, recava, uno nell’anta di destra e l’altro in quella di sinistra, due grossi pomi in ottone così ben lucidati che ci si poteva specchiare. Non passava giorno, di qualsiasi stagione, che non fossero strofinati e ristrofinati. Se fosse accaduto un crimine e si cercassero delle orme digitali, sarebbe stato inutile, perché cancellate dallo strofinaccio di turno.
Sulla destra della porta, appesa alla bell’e meglio, una cassetta postale mezzo arrugginita recante uno stemma reale non identificabile. Varcata la porta, subito una ripida scala portava al piano superiore. I gradini, in marmo di Carrara, erano consumati dal tanto andirivieni, un tempo, su e giù e giù e su. La pedata era corta e l’alzata eccessiva, ma lo spazio era quello e, dunque, non si era potuto far di meglio. Però, un corrimano di ferro attorcigliato aiutava nell’impresa della scalata. Oltre un secolo fa i vecchi la facevano più volte in un giorno, senza mai e dopo mai lamentarsi. Erano più forti? Probabilmente sì! Dopo l’arrampicata, che poteva risultare più o meno salutare, a detta di qualcuno, si accedeva a un grande soggiorno a forma di elle. E qui, meraviglia! Sembrava d’essere entrati, come per magia, in una sorta di un museo misto tra una pinacoteca e una raccolta di porcellane e argenti. Le alte pareti erano quasi completamente tappezzate di quadri a olio e di stampe. Tutti i soggetti erano magnificamente incorniciati. Abili artigiani avevano ideato e scolpito pensando felicemente al quadro o alla stampa. La maggior parte dei quadri, di diverse dimensioni, erano veramente stupendi, e altrettanto poteva dirsi di alcune stampe. S’intuiva che non erano stati acquistati per caso e lì appesi senza una logica e un senso estetico raffinatissimo. Si potevano leggere firme importanti, di autori che avevano fatto scuola, per lo piò impressionisti insieme a qualcuno delle avanguardie di fine ‘800 e inizi ‘900. Molte stampe erano antiche, veri pezzi da museo.
Poi, sulle e dentro le credenze ottocentesche, dai pannelli finemente intagliati e istoriati, ogni ben di Dio in fatto di ceramiche, porcellane e argenti. A un primo e superficiale colpo d’occhio, appariva una raccolta tale da poter suscitare invidia al direttore del Victoria and Albert Museum di Londra. Facevano bella mostra di se: statuine, vasi, piatti, tazzine e teiere, insieme a: tabacchiere e portapillole d’argento, e sempre in argento: piattini, piccole caraffe, posate, porta candele, candelabri. C’era, dunque, da farsi e rifarsi gli occhi non dieci ma cento volte. Ovviamente, si poteva ben supporre che ogni oggetto aveva una sua storia personale. Tra l’altro, alcune erano molto interessanti e altre persino misteriose, legate com’erano a personaggi della storia locale e nazionale.
Nella casa di Lino non c’era oggetto, piccolo o grande, che non avesse la sua voce e, dunque, non parlasse, non avesse qualcosa da dire. Tutti erano parlanti, tutti erano da ascoltare.
Dalle finestre di questo soggiorno-museo, il Poeta avrebbe detto: “E quinci il mar da lungi”. Sì, spettacolo assicurato! E per questo: “Lingua mortal non dice / Quel ch’io sentiva in seno”. Perciò, dentro la calda penombra della stanza, senza troppo affacciarsi, non era necessario, ecco il mare blu e azzurro e spumeggiante o specchio d’argento mite e incantato. E da un verone, bello nella sua ringhiera in stile liberty, a perdita d’occhio, quel che questo mare cullava, portava. Così, non lontano, appena al di là di qualche tetto rosso dalle vecchie tegole, riarse e consumate dal sole e dalla salsedine, che si tenevano abbracciate l’un l’altra, il porto con le sue barchette e motopescherecci da quadro naif.
Quel porto che, in un bel mattino d’inizio d’ottobre, aveva visto ammirato e accolto alla fonda, tra una santa e un santo, ben diciotto superbi velieri inglesi. Quel porto che tanti uomini e donne aveva visto salpare e mai più far ritorno, perché così accade quando si cerca fortuna oltre le colonne e l’Atlantico. Quel porto che custodiva, segretamente e gelosamente, ultimi baci, abbracci e lacrime, tante lacrime.
Dalle finestre di Lino, ah quanta e quanta umanità! Piccole storie che andavano sfumando e smarrendosi incontrando e inseguendo l’orizzonte, la sua intoccabile linea.
Se, poi, da questa importante stanza, aprendo una porta, vecchia e cigolante nei suoi cardini antiquati, si entra nella cucina che fu sempre usata, allora l’odore non era salmastro o di rose o di olio per mobili, ma quello delle spezie della bisnonna, del buon fritto di pesce, dell’aglio e del prezzemolo, del sugo di pomodoro, del caffè. È qui che tanta vita quotidiana è stata vissuta intensamente, perché, come si sa! la cucina è la stanza sacra della casa. Infatti, non vi è ambiente più fecondo, parlante, generativo, evocativo, poetico, della cucina, anche perché in una cucina si può cantare, suonare, scrivere, dipingere, sognare.
Qui, dove nascono tutti i pasti, è custodito il primo, fondamentale, valore della vita familiare: la convivialità. È nella cucina che prende forma e sapore la pasta, le torte, i dolci e le prelibatezze delle feste che scandiscono l’umano scorre del tempo che sempre fugge e non si sa mai dove.
In questa cucina, così gravida di materie e corpi, appeso alla parte di fronte, il rame regna, sovrano consumato e lucidato. Narra di ciambelle e budini, di crostate e creme da far leccare più e più volte le dita. Sembra, allora, di vedere bambine e bambini intenti nel gioco d’impastare con l’aiuto della nonna o della zia, e la mamma, di lontano, rammendando, sorridente e contenta. Una finestrella di vetri veneziani colorati, socchiusa, il più delle volte, fa si che vapori e odori vadano a confondersi là, fuori, con la libera aria della via sottostante e della non lontana piazza.
In una cucina come questa, si potrebbe restare anche per un’intera vita.
Lasciando la sacra cucina, però non prima d’aver intinto un boccone di pane dentro la pentola del sugo in lenta cottura, con un ulteriore sforzo, ma ne vale la pena! ci si arrampica per una scala meno ripida della precedente lasciandosi aiutare, ben volentieri, da un corrimano in legno consumato da vecchi e bambini. Giunti al piano, si viene inondati dal buonissimo profumo del lino alla lavanda che avvolge i letti del sonno e del riposo notturno. Alle pareti non più quadri, non più stampe, ma tante, tante foto. Ricordi, tanti ricordi. Così tanti che si accavallano e si confondono, si offuscano, si allontanano. Ed ecco la mamma quand’era bambina, il nonno col panciotto, la bisnonna vestita da sposa, il cugino alla marinara e lo zio balilla, un parente soldato disperso in Russia e un altro ucciso in Abissinia e non da un colpo di fucile ma da una primitiva freccia. Quanta storia appesa e incorniciata alle pareti del lungo corridoio e delle camere da letto.
In fondo, il bagno col lavabo di marmo ingiallito, la vasca con qualche macchia di ruggine, lo specchio con i bordi d’argento. L’odore è quello dei saponi, della schiuma da barba, dei balsami, delle creme. Da una monofora la luce entra per giocare con qualche ombra, mentre nel soffitto un lucernario ruba un quadrato di cielo mutevole quanto lo sono le nuvole nel loro volteggiare come rondini in primavera.
Da una camera da letto, superata la stanza dei libri e della carte varie, della scrivania e della macchina da scrivere Olivetti, camera che ha visto nascite e morti, tramite una scala a chiocciola, si conquista il terrazzo della casa dal quale si può ammirare un infinito paesaggio tutt’intorno, ruotando su se stessi. I tetti, in parte rifatti, tutti a due spioventi, nascondono tante famiglie, e fanno brillare di rosso lo sguardo che si posa per poi andare oltre e oltre ancora. Da questo punto di vedetta, è possibile scrutare il paesaggio di là dalle case e del porto e così mettere l’occhio nel mare che da secoli si sposa con chiunque voglia metter su casa tra le case che s’abbracciano proteggendosi l’un l’altra, d’estate come d’inverno.
Dal punto più alto della casa di Lino, vien voglia di spiccare il volo, mossi dal desiderio di lasciare ogni oggetto al suo posto, ma far navigare per il libero cielo le essenze, gli affetti e i sentimenti. Liberare i profumi e i colori, da spalmare insieme là dove l’alba e triste e il tramonto muore, senza più ferire.
Ma, poi, da questo spazio, tra cielo e terra, si torna nelle stanze, nei corridoi, nelle scale, ed eccoci in ben che si dica nella piazzetta dove, ad aspettarci, troviamo il gatto del vicino al quale regalare un pesciolino, il turista che si è smarrito nei vicoli e nella lingua dei vichinghi chiede indicazioni, il postino stagionale che non trova il numero civico, la rosa in vaso che implora un po’ d’acqua.
E così salendo, si lascia la casa con dentro nella tasca destra un tovagliolino da tea e alcune foglioline di lavanda, per non dimenticare.


sabato 18 gennaio 2025

Parole ponte a Rimini: fotoracconto di Giorgio Iacomucci

Grazie di cuore a Giorgio Iacomucci per l’attiva collaborazione, ad Anteas (in primis alla Presidente Mirca Carrozzo), al Comune di Rimini (in particolare alla Presidente del Consiglio Giulia Corazzi), alla bravura del poemusico Vincenzo Mastropirro e a tutti i partecipanti che hanno donato parole ponte coinvolgenti e stimolanti e ricche di belle emozioni.