Annegare, annegare! Piegarsi e poi lentamente salire
senza sentire in quel riflusso i gradini
sui quali si è discesi di corsa tremando –
solo l’anima, l’anima dell’uomo immersa in una minuscola goccia,
l’anima rapita dalla corrente.
(Karol Wojtyla, “Canto del Dio nascosto”, Tutte le poesie)
Se vuoi, le dissi, ti racconto la mia storia, certo, se hai voglia di ascoltarmi, se non hai voglia non importa, va’ pure, non voglio trattenerti, rimarrò qua, o magari andrò da qualche altra parte, un luogo vale l’altro, a me non cambia molto, rimarrò insieme alla mia storia, cercherò di andare avanti, anche se è dura andare avanti da soli, troverò qualcuno che abbia voglia di sentirla. Se ti va però, se hai tempo, ti prego di rimanere un po’. Non è molto lunga. È da molto che non trovo una persona che sia disposta ad ascoltarmi, e se capita, capita soltanto raramente, magari davanti ad un bar, mentre uno si fuma una sigaretta e l’altro si beve un caffè, in un breve attimo di far nulla, quei pochi – perché neanche a far nulla siamo capaci…
Sì, siamo ridotti a parlare delle nostre storie in segreto: a lanciare le nostre ancore solo a metà, di sfuggita, in questi attimi di far nulla, come dicevo, quando nessun altro è lì per notare e sotto mentite spoglie. Quegli attimi di far nulla rubati alla giornata dove ogni parola diventa essenziale e doppia ad un tempo, tanto sono sempre tutti indaffarati e vanno sempre di corsa. Il desiderio di confessarsi con qualcuno, di parlare in tutta sincerità è in costante latenza, per questo, raccontare è un’azione morale, ma solo se rivela la parte nascosta, quella che mostriamo soltanto all’invisibile, perché su nient’altro si fonda ogni morale, che sull’invisibile.
Ciò che conta di più nella nostra vita è ciò che accade in segreto, e non bisogna vederla come i materialisti che prendono alla lettera tutto, come se invece ogni uomo fosse invisibile, tutti uguali uno all’altro, come se l’uomo stesso fosse un segreto.
Ma io e te non siamo un segreto.
Quelli che la vivono con noi, dico la nostra storia, più da vicino, proprio non gli va di ascoltare un bel niente di solito. Di me, di te, e di tutto il resto. Mi segui?
E i pezzi delle nostre storie si perdono così per strada, ecco perché mi fa piacere parlarti, ora, su questa bella panchina davanti al lago – no, non importa se stavo scrivendo, e quasi come se ti stessi aspettando da un pezzo – il pomeriggio volge al suo termine, ormai, scrivevo, è il mio diario, perché la pagina mi accoglie per davvero, specialmente nelle ore più disperate della mia vita, com’è questa.
Dicevo dunque che perdere i pezzi della mia storia mi preoccupa, perchè in fondo anche io devo sopravvivere in questo mondo e non posso fermarmi a raccoglierne i cocci, pensare – non bisogna mai fermarsi, come si dice.
Sia come sia, non ho mai smesso di ascoltare, questo no. Perciò ero attento quando sei arrivata.
Immagina che i miei passi vadano in cerchio, sempre la stessa scena: arrivo al binario ed il treno ha già chiuso le porte, lentamente sta partendo, chissà per dove, e io, fermo al binario, faccio qualche passo per rincorrerlo ma invano, e lo so che non tornerà indietro, rimango al binario e nemmeno le lacrime riuscirebbero ad esprimere la rabbia; per fortuna ho un giornale, mentre aspetto il prossimo.
Una volta ho sognato che ci ero salito, su un treno, e d’un tratto mi ero o ero stato – poco importa – scaraventato giù, a rotolare e sobbalzare a lato dei binari per la velocità alla quale viaggiava.
Ma non parliamo di questo.
Chi si ferma comunque è perduto, e io non voglio perdermi, quello che vorrei è ritrovare me stesso, ma so che questo è impossibile.
Più che altro, se ho perso qualcosa, sento di aver perso la mia voce, di non avere più la mia voce. Io sento di averla persa, non la trovo più, quando parlo non mi riconosco, è tremendo, come guardare nello specchio e vedere qualcun altro. A te che voce pare io abbia? Forse è per questo che ti ho incontrata. Pochi sanno davvero che cosa è il silenzio, scappiamo tutti dal silenzio, tant'è che io sto continuando a parlare, anche ora, mentre dovrei lasciarti parlare un po’…
Non so niente di te.
Oppure potremmo stare in silenzio per un po’… stare qui seduti su questa panchina senza dire niente, ascoltando il vento e gli alberi e le loro foglie che fa frusciare, senza parlarci.
Spostiamoci da qualche altra parte, se ti va, facciamo due passi. In fondo mi rendo conto solo che sono desolatamente solo, ed è difficile uscire di nuovo, la solitudine mi annienta, meno male che ti ho incontrata, lo sai che sei stata la mia fortuna – anche tu un giorno, chi lo sa, farai parte della mia storia, dirò che ho incontrato una splendida ragazza proprio nel momento giusto, quasi come se mi fosse stato mandato un angelo dal cielo, anche se non gli avevo chiesto nulla, non pensavo di meritarmi niente.
Chi sospetterebbe di qualcuno che è alla ricerca della propria storia? Mettere le parole a posto, una dopo l’altra, lettera dopo lettera e parola dopo parola così che abbiano un senso, che è qualcosa sempre più grande di ogni singolo uomo, e noi siamo attratti, non tutti certo, ma siamo attratti dalle cose più grandi, altrimenti non scaleremmo le montagne o saremmo matti se lo facessimo senza alcuna ragione – hai mai fatto delle arrampicate, hai mai rischiato, o sprecato alcune ore a rincorrere un sogno impossibile? E che cos’altro in fondo dovrebbe fare un uomo se non questo, dimmi!
Di tanto in tanto, tengo un diario, anche se di solito ci annoto solo pensieri di altri, sì, è questo qua che ho in mano. Una volta ho letto che chi tiene un diario a suo modo sta salvando il mondo, non so se a Dio piaccia di più leggere i nostri diari. Un’idea romantica, in fondo.
La vera questione dev’essere questa: che non avremo una storia, fino a che non inizieremo a raccontarla.
Se non mi fidassi di te non ti parlerei, così come non mi sentirei di raccontarti la mia storia se non avessi fiducia in quello che tu ne potresti fare. E un barlume di fiducia ancora ce l’ho, e per questo sono disposto a parlarti, farlo mi rende qualcun altro che non ero, e vedere che questo, diventare un altro è possibile, mi riempie di gioia.
Sono stato un tiepido…
Sono stato uno scrittore, penso proprio di sì, ho abbastanza prove su questo, ma da tempo ho deciso di dedicare all’aria le mie parole: sparire in un certo senso. Non voglio vivere per morire in pace.
E tu, non ti sei mai sentita sola?
Io, devo dire, spesso, e se dovessi rispondere direi che è naturale, noi siamo fondamentalmente soli in questo mondo, per questo non ho nessuno con cui parlare, forse solo l’anima non sta mai in silenzio, forse, o si dorme o si canta. Le parole, e il silenzio…
Il cielo imbrunisce e l’acqua gelida bagna metà del tuo corpo, una mano lo afferra dal collo della maglia e dalle ascelle: la spinge su con violenza.
La mano è forte, mai sentita tanta forza…
Nuoto a fatica verso le sponde del lago, forte era la spinta che ci traeva giù, verso il fondale.
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