NECROLOGIO
Amputato, vinto, immobile – chi lo avrebbe mai detto! –, il 10 novembre 1891, 130 anni fa, smettevi di essere l’uomo, il poeta dalle “suole di vento” come amò definirti l’amico Paul. Un camminare infaticabile, il tuo, chiaro segno di un’inquietudine non saziabile, e pertanto non umana. Insofferente lo sei sempre stato, sin da bambino, con quel tuo broncio antipatico stampato, fissato negli occhi blu da “angelo in esilio”, nella bocca piccola e sottile. Eri sempre pronto a partire, “lontano, più lontano”, “coi pugni nelle tasche sfondate”. Chi, incontrandoti, non ti vedeva, pensava: Dov’è il ribelle sempre in fuga? Infatti, non eri mai al tuo posto. Per via di un demone, geniale e intrattabile, sei sempre stato scandaloso, inciampo per “i seduti”, i sedentari. Immagini feroci, un battello ebbro, vocali colorate, ed eccoti fischiettante per le vie di Parigi, Londra… Mettendo insieme i tuoi versi hai fatto tremare, pavidi, Banville e Verlaine. Poverini! Ecco, poi, la superba delusione, e te ne sei andato. Inseguirti? Impossibile! Capirti? Impossibile! Innamorarsi di te… ma, tu non hai mai amato nessuno! Tu serio non lo sei mai stato, neppure quando hai avuto “diciassette anni”. Mai sei stato buono con te stesso e per questo ti sei punito, molto. Ah Arthur, Arthur, quante promesse tradite! Sei tu che cantasti: “lascerò che il vento m’inondi il capo nudo”, “l’amore infinito mi salirà nell’anima”? Chi, dunque, ti ha ferito a morte? Perché non sei stato “felice come con una donna”? Chi ti ha privato degli occhi belli? Chi ti ha strappato il cuore? Chi ti ha rubato il fuoco? Qualcuno, forse, un giorno, piangendo, ti chiederà: Perdono! Oscura è la notte e il riposo assai agitato, informe. Se ti abbiamo calpestato, tu, ti preghiamo! non tenerne conto. Se ti abbiamo amputato, tu, ti preghiamo! discendi ancora per i “Fiumi”, “nel furibondo sciabordio delle maree”. E ora che giaci, ansimante, stanco, morto, lascia che le farfalle volino nelle “sere turchine d’estate” e i pochi amici attorno sedano col loro bianco fiore tremante tra le mani. Allora, e solo allora, il tuo “sangue cattivo” sarà il nostro sangue cattivo e il blu che verrà. Riposa in pace, amico Arthur Rimbaud!
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