recensione di Celeste Babboni
“Ammassi di ossa. Sarebbe sufficiente guardarli per capire che il loro cuore non batte più. Faccio il mio dovere e dichiaro la sopravvenuta morte. Ogni sirena è un tonfo, ogni tonfo è un nuovo carbone per i forni. Operai malati non servono. Si marcia muti verso la stessa direzione.”
Può apparire di facile presa scrivere storie facendo leva sull’inquietudine e l’angoscia degli uomini, in quanto sentimenti verso i quali tutti
siamo più o meno sensibili e che ogni persona condivide, ma non è sicuramente
questo il caso di Angela e della sua raccolta.
L’autrice infatti non si limita a
tenerci con il fiato sospeso per tutta
la durata dell’episodio, ma conclude sempre le sue narrazioni con finali enigmatici
e soprattutto con una grande dose di
originalità; il lettore dunque non può fare a meno di creare lui stesso
interpretazioni e soluzioni alle vicende, nelle quali è pienamente coinvolto.
Tutto ha quasi sempre inizio in un
contesto pressoché tranquillo e a noi abituale, che consente di immedesimarsi
con facilità negli insoliti personaggi descritti; è proprio nel momento in cui
ci siamo addentrati ed identificati nella storia che le cose incominciano a
mostrarsi equivoche e a dir poco inquietanti.
Angela pertanto gioca con le nostre
menti dall’inizio della vicenda fino alle ultime frasi, ricche di ambiguità,
nelle quali ha pieno controllo dei più intimi timori di ognuno di noi.
Ciò che crea maggiore angoscia è proprio
la rottura dell’ordine che ci è familiare, degli “imperativi rassicuranti che
danno alle fasi della giornata un senso di regolarità”.
L’irruzione di qualcosa di estraneo alla
nostra realtà in vite scandite da tranquillizzanti ritmi risulta terrorizzante:
per questo motivo la visione di Angela nei confronti della paura si può
definire moderna e ciò nonostante senza tempo.
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