lunedì 14 gennaio 2019

Una comunità lucana a Teatro

di Vincenzo D’Alessio
& G.C.F.Guarini




Sono giunto a Castelsaraceno, in provincia di Potenza, negli anni Novanta, ospite del Club Alpino Italiano sezione di Salerno, e grazie all’amico dottor Giuseppe (Pino) Stabile che ci guidava.
Due monti sovrastano l’abitato: il monte Alpi (mt. 1900) e il Raparo (mt. 1764), compresi nel Parco Nazionale del Pollino, mete scelte dagli amici del CAI per le loro escursioni.
Restai in paese e cercai notizie sulle tradizioni e sui rinvenimenti archeologici. Fu quella l’occasione in cui conobbi le professoresse Teresa Armenti e Ida Iannella storiche del territorio con le quali conservo ancora serena amicizia.
La comunità castellana è dotata di una immensa ospitalità, questa antica tradizione si perpetra ancora oggi specialmente durante la festa del Maio che in questo luogo prende il nome di “Antenna e Cunocchia”.
L’emigrazione colpisce da anni questa comunità per cui i residenti continuano con frequenti contatti e viaggi a non far mancare le radici buone agli emigrati, che in questi ultimi decenni sono stati principalmente giovani laureati con ottimi voti.
Un teatro vero e proprio non c’è, il teatro vero è sempre stata la piazza del paese dove si svolgono la maggior parte delle manifestazioni.
Da alcuni decenni è sorto un vasto auditorium connesso al Museo della Civiltà Agro Pastorale che accoglie almeno cento persone.
Vincenzo Lardo è stato dirigente scolastico per diversi anni, ha animato con scritti e manifestazioni le comunità in cui lavorava, privilegiando la comunicazione visiva attraverso il teatro.
Ha messo su una compagnia teatrale che già reca nel nome un messaggio beneaugurante: Su(d) con la vita.
Con tutti i castellani che si sono prestati ad un breve periodo di prova, con l’evento che prevede la costruzione di un ponte tibetano dall’alto delle montagne all’interno del paese, ha scritto e messo in scena “Viaggio di andata e ritorno”: commedia in quattro atti scritta, curata e diretta dallo stesso Vincenzo Lardo.
L’introduzione è stata affidata a giovani diversamente abili con l’ausilio di un bambino che simbolicamente prefigura il senso della speranza per il ritorno nella comunità: “attori per caso, colti però nella quotidianità dell’esistenza paesana”.
L’uso del dialetto rende difficile l’interpretazione del dialogo che si sviluppa costantemente tra i personaggi ma non dissimula l’azione sul palcoscenico tanto che è facile intuire quanto sta accadendo e cosa è stato detto.
Le strategie interne alla trama sono tratte dal vivere insieme, dall’allontanamento forzato dei membri delle famiglie fuori dalla comunità alla ricerca di un lavoro sicuro, per realizzare il desiderio di una economia solida tale da permettere il collegamento (come il costruendo ponte tibetano) tra l’origine e il presente.
Vincenzo Lardo ha scritto la commedia con la serenità di rendere, tra lo scherzo e le debolezze umane, i problemi, i sentimenti e le vicende della vita quotidiana della comunità alla quale amorevolmente appartiene.
Il tono della rappresentazione coinvolge il pubblico portandolo alla risata e il lieto fine accende nell’animo degli spettatori, presenti o lontani da casa che vedranno lo spettacolo attraverso lo schermo con un DVD, la certezza che “il viaggio” non è la perdita dell’identità famigliare ma la speranza che il ritorno consenta la crescita della comunità d’origine.

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