… nel romanzo di Pietro Criaco Via dall’Aspromonte (Rubbettino 2017)
Anche per leggere
un libro, e per scriverlo, bisogna avere l’animo d’un fanciullo. Questo ho
pensato durante i miei giorni trascorsi
in compagnia del romanzo Via dall’Aspromonte
di Pietro Criaco (Rubbettino, gennaio 2017).
Andrea, un
ragazzino di dodici anni, è la voce narrante del romanzo, d’una storia corale
perfettamente introdotta dal frammento di Borges, tratto da Elogio dell’ombra, posto in epigrafe:
Quei cammini furono echi e
passi, donne, uomini, agonie, resurrezioni, giorni e notti, dormiveglia e
sogni.
Via dall’Aspromonte è un libro del dormiveglia, ai confini tra
realtà storica e visione mitologica, sogno utopico, sofferenza e indicibile
gioia. Ha la forza, la straordinaria potenza elementare, delle leggende e delle
favole.
Andrea,
orfano di madre, racconta la sua vita, negli anni Sessanta, trascorsa con il
padre, il suo eroe silenzioso, con i piccoli amici e con la comunità paesana, a
correre a perdifiato, a tuffarsi ebbro di luce nella fiumara, a spalancare gli
occhi su un mondo meraviglioso e terribile, a impugnare le fionde, a declamare
incantato le poesie imparate a scuola, a stringere inorridito il primo
coltello.
Racconta
d’un piccolo paese poverissimo dell’Aspromonte, Africo, distante sei ore di
cammino dal primo centro costiero. Africo non ha luce elettrica, l’unico
maestro spesso non può raggiungere la scuola, il medico arriva raramente tra
quelle case. Proprio la mancanza di cure mediche, con la conseguente morte d’una
giovane partoriente, scatena nel paese la protesta, e il sogno utopico, e
naturalmente comunitario, quel comunismo primitivo così smarrito e disprezzato,
della costruzione d’una strada che colleghi i luoghi impervi del paese con le
linee di maggiore comunicazione del mar Ionio.
La
popolazione, unita come un unico organismo, incontrerà enormi ostacoli nel
percorso di realizzazione del
sogno: l’opposizione del sindaco e della burocrazia del Comune costiero, e
delle forze dell’ordine, rappresentanti d’uno Stato sempre percepito come un
nemico, perché presente soltanto nelle angherie e nella repressione verso i
ceti più deboli; il contrasto feroce e violento del brigante don Totò, un
personaggio enigmatico che ostacola il progetto perché teme la scomparsa delle
tradizioni paesane insieme alla scomparsa
dell’isolamento.
Via dall’Aspromonte è una storia di abbagliante luce e
spaventosa oscurità, di voci e profumi, di speranza e disperazione, in una Calabria
di umori fisici e metafisici in indissolubile unione, così vicina al mondo
greco, una fusione di elementi che si manifesta in quei luoghi già percorsi da Pitagora,
dai locresi, dai sibariti. È un romanzo pieno di fascino, nelle fulgide visioni
del Mito, nella perenne contesa di
Amore e Odio, come in un archetipico Sfero empedocleo. Ed è una storia,
inevitabilmente, sulla nostalgia. Ma l’Autore è ben consapevole che tale
nostalgia non è legata al dolore d’una inesistente terra da ritrovare, ma riguarda
la sofferenza dell’umanità d’ogni tempo, eterna viandante, la ricerca del
ritorno a sé stessi, il desiderio ultimo di congiunzione con un’anima fanciulla
e universale. Nella parte conclusiva del romanzo troviamo la seguente
affermazione d’uno dei personaggi centrali, un altro eroe immortale, l’invincibile
spaccapietre:
Tutti lasciano qualcosa, anche
quando non partono. Anche se rimangono per tutta la vita nello stesso posto.
La
lettura di questo romanzo mi ha trasmesso la gioia d’una infanzia mai perduta.
L’incontro con Via dall’Aspromonte è
avvenuto durante una recente presentazione del libro presso un piccolo paese,
Decollatura, nell’Appennino catanzarese. Il mercato editoriale ci offre ogni giorno la possibilità di leggere numerosissimi
libri. E noi dobbiamo scegliere quali. La conoscenza seppur fugace di Pietro
Criaco a Decollatura, la sua straordinaria gentilezza e il suo calore umano, un
Autore scaturito dalle sue stesse pagine incantate, hanno guidato la mia scelta
verso questo libro.
2 commenti:
Bello, dirompente,evocativo; un articolo pieno di sguardi che mi hanno attraversato come una folata di vento improvviso.
Emozionante,da rimanere senza fiato,senz'altro da poter aggiungere.
Gratitudine per aver veicolato con grande capacità di linguaggio, parte del mio sentire.Parole di amore e ombra, di classe alta,ai confini del sogno. Voce che riesce a trovare il cuore delle cose, il bagliore ultimo, quello che intercede tra quello che eravamo e ciò che siamo riusciti a diventare.
Grazie Gaetano per aver voluto condividere il percorso e volte tortuoso che riporta ai miti e all'Utopia.
Un grazie a Ivan Gigliotti che ha organizzato l'evento a Decollatura.
Inoltre un infinito grazie a Ippplita Luzzo tessitrice di rapporti umani e culturali in una Calabria così difficile.
È lei che ha reso possibile gli incontri alimentando quel "sogno utopico" che rende la vita degna di essere vissuta. Pietro Criaco
E' stata per me una scoperta di straordinaria importanza, Pietro, il tuo romanzo "Via dall'Aspromonte", e anch'io esprimo qui tanta gratitudine nei tuoi confronti. La letteratura continua a offrire grandi doni. La bellezza e la luce dell'utopia che appaiono tra le tue pagine sono fondamentali per un nuovo risveglio.
Colgo l'occasione per unirmi ai tuoi ringraziamenti rivolti a Ivan Gigliotti per la giornata memorabile di cultura organizzata a Decollatura e a Ippolita Luzzo, creatrice di relazioni vivificanti tra letteratura e persone, che mi ha dato la possibilità di conoscere te e la tua Opera.
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