Dopo aver letto il suo libro Con il titolo in coda,
Fara Editore
in
quei giorni di Fonte, tra tanti personaggi, più o meno conosciuti, all’inizio
ti ho perso di vista, anche se spesso notavo le tue battute, il tuo intervenire
a “mente calda” agli interventi degli altri; il bisogno di esternare la tua
inquietudine, girandoti e muovendoti sulla sedia.
Subito
ho pensato fosse una specie di disagio, la sofferenza di dover stare seduto a
lungo, di dover concentrare l’attenzione sulle parole che venivano dette; poi
ho capito che è il tuo modo di fare, di essere. Sei una persona che “vive”, non
ti lasci vivere e hai bisogno di essere “presente” al momento, di viverlo
appieno, partecipando con la mente e con il corpo.
Credo
che i simili si attraggano e forse, più vecchia di te, pensavo che spesso
anch’io ho avuto il bisogno di affermare la mia presenza, chiacchierando,
interrompendo, commentando. Ora questo mi succede meno, forse l’età ci rende
più parchi, anche di parole e di gesti.
Il
sabato mattina, con l’idea di cambiare posizione per cercare di evitare un
torcicollo, mi è capitato di sedermi dietro di te.
La
mia concentrazione sugli interventi è andata a farsi benedire. La tua
agitazione, il movimento continuo delle braccia, mi distraevano e spesso non
vedevo nemmeno chi parlava.
Nella
mattinata la mia irritazione è arrivata al punto di tentare un approccio e
chiederti di “smetterla!”.
Ma
ho imparato da tempo cos’è la pazienza e mi sono limitata ai giudizi tra me e
me, rivelatisi poi tutti sbagliati.
Brutta
bestia il giudizio, ancora non ho imparato, ma in quei tre giorni, sul tema del
perdono, ho ridimensionato il mio caratteraccio e sto piano piano imparando.
Nel
pomeriggio, invece di irritarmi e giudicare, ho cominciato ad osservare i
movimenti delle tue braccia e ho capito che erano dovuti ad un disagio fisico,
forse ad un malessere legato alla “cervicale”, una specie di malattia che va
tanto di moda, ma che è la conseguenza di stili di vita e di tensioni che non
sappiamo scaricare.
Tu,
come medico, ero sicura che avevi già provato tutto. Voi medici siete bravi
anche a fare di voi stessi delle cavie, perciò non pensavo che avessi bisogno
di un medico o di un consiglio naturopatico.
Però
sentivo il bisogno di mettere le mie mani sul tuo collo, avevo la certezza,
dentro di me, che avrei potuto darti sollievo. Così azzardai un contatto.
Non
so quanto tu sia stato sincero con me, ma l’aver contribuito ad un tuo piccolo
benessere, è stato premiato con il tuo libro, e ti ringrazio molto, perché ho
avuto una splendida sorpresa!
“Sei
un ingenuo perché ti fidi ciecamente del primo pensiero che ti si crea nella
mente, della prima immagine che ti viene suggerita, della rappresentazione
immediata che ti fai del mondo” queste tue parole, dalla premessa del libro, mi
hanno fatto pensare che il primo approccio con te sia stato proprio come tu
l’hai descritto.
Però,
nonostante sia davvero un’ingenua, mi lascio trasportare dall’intuito, spesso
molto femminile, inoltre non temo di dover cambiare opinione, anzi, la cambio
e chiedo anche scusa se ho pensato male.
Una
frase successiva: “Sei un ingenuo perché non ti accorgi che, il più delle volte,
guardi senza vedere e ascolti senza sentire” ribalta tutto il mio pensiero
precedente.
In
questo caso sono più orientata al sentire dello Spirito, dell’Angelo che
suggerisce e spesso per “sentire” chiudo gli occhi; dunque non sono ingenua?
Che
bello che ci siano tante diversità nelle creature terrene, nell’uomo e nella
donna, come ci è stato suggerito giustamente di dire.
Mi
rammarica il pensiero che ci siano ancora tante persone che vogliono unificare,
standardizzare, irreggimentare tutti per detenere un potere temporale che avrà
necessariamente una fine. Perché molti non hanno ancora capito che l’unica
certezza che abbiamo nella vita è che dovremo morire.
Essere
e non “avere”, credo che questo sia un po’ il tuo ritornello e in questo mi
riconosco anch’io.
Che
dire poi di tutte quelle scenette che leggevo e che immaginavo, salvo poi la
tua “sentenza” finale, il punto di vista che lasciava una parentesi aperta.
Più
procedevo nella lettura e più entravo nella tua ottica e ho gustato il tuo
libro da cima a fondo, anche se talvolta avrei voluto chiederti qualche
spiegazione.
Confido
di incontrarti il prossimo anno a Fonte, a meno che tu non abbia occasione di
venire dalle mie parti, nel qual caso ti prego vivamente di avvisarmi, ti vedrò
molto volentieri!
Complimenti
e buona vita!
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