Intervento di Alessandra Gabriela Baldoni
alla kermesse faentina Umiltà e letizia
alla kermesse faentina Umiltà e letizia
In questo intervento
ho proposto un estratto dello spettacolo teatrale La Bella Addormentata nel
Bosco – Il tempo del sogno, scritto e interpretato da me e da Giancarlo Sissa.
Che cosa accade nei
cento anni di sonno e sogno di Rosaspina?
Siamo partiti da
questa domanda, studiando le più antiche origini della fiaba fino ad arrivare
ai capolavori poetici, filosofici e spirituali del Novecento, per raccontare un
cammino che conduce al risveglio.
In questo lungo
cammino Rosaspina passa inevitabilmente per la via dell'umiltà, della bellezza
e della letizia, e lo fa attraverso le parole di Etty Hillesum, Simon Weil,
Cristina Campo, ma anche Renè Daumal e tanti altri.
Narratore:
Dopo la maledizione della strega, fra la gente atterrita,
si fece avanti la dodicesima fata, che doveva ancora formulare il suo voto e
disse:
–
Annullare
il crudele decreto non posso, ma posso mitigarlo, principessa tu non morirai,
ma cadrai in un profondo sonno, che durerà cent’anni… Tutte le tue virtù e il
tuo sapere verranno mutati in confusione e il tuo spirito e i tuoi pensieri
saranno immersi in un oceano di dubbi. Una sola cosa allora potrà aiutarti a
vincerli e a rischiarare il cammino che conduce al risveglio: L’umiltà. Questa è
la virtù di cui io ti faccio dono.
…
Rosaspina:
Due
mondi e io vengo dall’altro.
I
ricordi più antichi dei miei primissimi anni di vita sono ricordi di sogni. Da
allora è sempre nello stesso posto che mi portano: lo stesso bosco, lo stesso
palazzo… Ma soprattutto la vita che si conduce, il dramma e la commedia che vi
si recitano eternamente secondo rigorose leggi cariche di simboli.
Arrivata
qui, nel paese della lunga prova, per un momento tutto si è confuso ai miei sensi,
io mi trovavo sulla soglia tra due mondi, come due abissi.
Cancelli
di spine furono dapprima il termine del mio mondo, e dietro vi era uno spazio
infinito, carico di minacce ma anche di eternità.
Entrai
nell’altra notte, ai confini del tempo e dell’eterno, dove la bellezza è posta
come suprema aristocrazia. Sopra di me eterna luce, calma per quanto era
fulgida; e in cerchio, sotto di me, il tempo, in ore, giorni, anni, sospinto
dalle sfere, come una grande ombra si muoveva e tutto il mondo vi era scagliato
dentro.
Vidi
tutte le tentazioni gettate come un’immensa rete sulla terra, emisi un gemito
di spavento…come potrò salvarmi?
Una
voce confusa tra i miei pensieri mi disse:
– Togli
le tentazioni e nessuno sarà salvato poiché anche i più eccellenti doni, se non
sono accompagnati da qualche avversità, sono una rovina per coloro che li
ricevono… Abbassati per oltrepassare l’ostacolo…
Ora la
mia coscienza risiede oltre il tempo, oltre al caos e alla ragione, in un mondo
celato al mondo.
Questo
universo onirico non ha sole e ogni oggetto si illumina della sua propria luce.
Sole che vede, spalancato nel regno notturno della perfetta solitudine. È il
paese delle metamorfosi, e io mi muovo in un campo ignoto come fa il corpo nello
spazio quando si è svegli, perché questo sogno è reale e forse comune ad ognuno
di noi.
Mi
accorgo che il mio spirito dorme, se fosse sempre sveglio raggiungerei presto
la verità che forse mi circonda.
Come
potrò descrivere tutto ciò? E far sentire come la vita sia bella e degna di
esser vissuta, e giusta, proprio giusta. Come potrò parlare di umiltà senza dar
prova di esserne totalmente priva? Credere di essere umili è una chiara
manifestazione del fatto che non lo si è…? Nell’oro e nell’azzurro di questo
Sogno, dovrò traversare e farmi traversare da deserti… La mia posizione mi
espone più degli altri a credermi la migliore, lo spirito di vanagloria mi
ferisce, sfruttando le mie stesse virtù, mi fa cadere e ricadere tra i corridoi
di questo palazzo dove non ho finito di perdermi…
Però
la mia vita sembra nutrirsi, come l’uccello dell’Upanishad che guarda il frutto
senza mangiarlo. È un sapore improvviso, di intensità straziante, la felicità quasi
mortale dello sguardo senza possesso.
Giorno
dopo giorno, di visione e silenzio, vado più oltre dentro di me, a ritrovare l’antica
speranza che dorme ancora in fondo alla mia coscienza.
Cammino
verso le mie più buie radici e verso il cielo, ma non mi muovo verso l’oblio,
come la legge del tempo lo vorrebbe, vado invece verso la memoria, la prima
terra, verso il mistero delle radici…
Dall’inizio
di questo sogno la mia vita è in gioco. Se il seguito di annunciazioni velate,
non saprà tradursi in seguito di atti ispirati e di scelte sempre più candide
non potrò svegliarmi.
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