Suor Umiltà guarisce una monaca (Pietro Lorenzetti) |
Buongiorno a tutti! Ringrazio Alessandro Ramberti e prima ancora la prof.ssa biblista Rosanna Virgili che me l’ha fatto conoscere. Sono molto felice ed emozionata. La prima volta a una kermesse e a presentare il mio primo libro. La prima volta in questa città, Faenza, che da tanto volevo visitare, perché ha come patrona (compatrona insieme alla Madonna della Grazie) la mia protettrice: una santa nata qui nel 1226 e battezzata con il nome di Rosanese che corrisponde al moderno Rosanna, che poi ha scelto – come consacrata – di prendere il nome di Umiltà. Santa Umiltà! Sì, l’umiltà è una grande virtù, la prima grande virtù, fondamento di tutte le altre, anche della carità, e senza umiltà non c’è perfetta letizia.
Di questo i santi ce ne hanno dato e continuano a darcene la prova.
San Francesco sapeva vedere in ogni più piccola creatura un raggio della bellezza divina, l’essenziale che è Dio. Questa è umiltà, questa è letizia.
Mi viene in mente la famosa frase dell’Autore de Il Piccolo Principe: Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.
Chi meglio di un “bambino” è capace di vedere con il cuore, e di parlarci di Dio che abita il cuore dell’uomo? Si tratta di quei piccoli di cui parla Gesù quando dice: A chi è come loro appartiene il Regno dei Cieli (Mc 10,14) e quando benedice il Padre perché ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli (Mt 11,25).
I bambini hanno tanto da insegnare: lo ripete spesso Papa Francesco. Con la loro fiducia, la loro semplicità di cuore e di vita.
Perché sto dicendo questo? Perché qualche tempo fa ho sentito molto forte in me il desiderio di parlare, di scrivere in modo semplice del grande mistero di Dio Uno e Trino. Sono andata in cerca della bambina che è in me, e lei mi ha suggerito l’immagine della piuma. Così è nata la storia che ho scritto e che ho intitolato Le Tre Piume.
È il mio inno di gratitudine a Dio per tutte le sue meraviglie, il mio desiderio di risvegliare desiderio, stupore, capacità di sognare e sentire la magia della vita nella semplicità delle piccole cose. E cosa c’è di più semplice di una piuma per esprimere l’infinita e leggera essenzialità di Dio?
Eppure non è facile pensare a Dio in questo modo: troppo buono! Piccolo, umile, dolce, delicato, quindi fragile, debole e indifeso… in una parola misericordioso, talmente innamorato di ciascuno di noi da lasciarci liberi anche di allontanarlo con un soffio, di schiacciarlo! Talmente rispettoso della nostra libertà – un suo dono! – da entrare nella nostra storia in punta di piedi, quasi chiedendo: Posso? È permesso? Perché non si vuole imporre mai, preferisce aspettare con eterna pazienza dietro la porta del nostro cuore, pronto a darci tutto non appena gli apriamo la porta. E quando pure è entrato, preferisce restare dietro le quinte, sempre con noi ma dietro le quinte, perché il palcoscenico è nostro, siamo noi i protagonisti della nostra storia.
Questo è amore, il vero amore, quello che rende felici: dare vita, dare libertà, mettere al centro della vita l’altro.
Infatti, il titolo che ho dato è Le Tre Piume, ma nel racconto la presenza delle Tre Piume è molto discreta. I protagonisti in realtà sono una bambina e un bambino, entrambi dodicenni, entrambi orfani e adottati, lei da tre suore di un eremo di montagna, oasi di pace tra i boschi, lui da una coppia che ha la casa al mare… Si incontrano quasi per caso su una scogliera a picco sul mare al chiaro di luna di una notte d’estate e nasce un dialogo, un’amicizia. Ma il bambino all’inizio sta molto sulle sue, è timido, insicuro, come smarrito, sfiduciato, non riesce a parlare di sé. La bambina, che è abbastanza testarda, non vuole rinunciare a quella nuova e inaspettata amicizia e allora, per coprire quel silenzio, per aiutarlo ad aprirsi, gli racconta una storia, che poi si rivelerà essere la sua storia, il suo viaggio alla scoperta di un mistero: la montagna delle tre cime.
Un misterioso cammino di tre giorni dall’inverno all’estate, dalla montagna al mare che lei raggiunge quella notte e quella notte vede per la prima volta in vita sua. Una vera e propria avventura, non priva di momenti di oscurità, di ostacoli, cadute dolorose, pericoli, difficoltà… eppure bella, di una bellezza che cresce passo dopo passo, insieme alla gioia che diventerà esplosiva nelle ultime pagine. È l’avventura dello spirito, nello spirito: un cammino interiore dalla superficie del cuore alla sua parte più profonda. Che chiaramente non si compie da soli: è cammino di fede, speranza e carità con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Dio è nostro compagno di viaggio. La bambina se ne renderà conto cammin facendo.
Sulla scogliera raggiunta lei vorrebbe restare a contemplare quella montagna d’acqua fino all’orizzonte. Lui l’ha sempre avuto davanti agli occhi il mare, ma ha paura, paura di tuffarsi nell’immensità: entrambi hanno bisogno di una spinta, di un incoraggiamento, incoraggiarsi l’un l’altro per andare avanti – bisogna andare avanti, chi non va avanti va indietro – e sarà proprio quel dialogo d’amicizia fraterna nella notte, e soprattutto la storia che lei racconta, che è ricordo del suo cammino (lo ripete spesso Papa Francesco: non c’è futuro senza memoria del passato), ecco sarà proprio quella memoria ad aiutarli a superare paure, reticenze e tiepidezze, e quindi ad aprire loro un futuro. Si prenderanno per mano e si tufferanno in quel mare che li accoglie a braccia aperte e li porterà a una visione stupenda… e qui mi fermo, non vi svelo la sorpresa finale.
Posso solo dire – ma lo dicono tutti i bambini dentro di noi – che la vita rimane un mistero ma un mistero da abbracciare con fiducia. Possiamo fidarci di Dio e dell’uomo, possiamo amare Dio e l’uomo, e il vero amore è sempre umile e proprio perché umile porta sempre alla letizia!
Così concludo con il mio più sincero auguro a tutti voi di una perfetta letizia!
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