Talvolta è
necessario ricordare per ritrovare sé stessi, e ricordare può essere doloroso,
molto doloroso. Ma, non importa! Anche il dolore passa, tutto passa.
Ricordare vuol
dire tornare indietro, ripercorrere le stesse vie di tanti anni fa, rientrare
nella casa del passato, rinchiudersi nella fredda stanza della adolescenza e…
accorgersi che nulla è cambiato.
Tutto è rimasto
immobile, com’era, intatto. Le facciate, la casa, la stanza, le atmosfere sono
ancora lì, attaccate. Il tempo sembra che non sia mai trascorso.
Ricordare vuol
dire aprire cassetti, diari, sfogliare pagine e pagine, rovistare, scoprire
scatole che pensavamo dimenticate.
Ricordare vuol
dire aprire ferite che il tempo non è riuscito a guarire del tutto.
Cammin facendo
avevamo smarrito noi stessi pur facendo finta di avere una identità chiara e
una personalità forte. Nulla di tutto questo! Per anni e anni abbiamo
raccontato a noi stessi e agli altri tante bugie, anche belle, ma pur sempre
bugie. Per anni abbiamo nascosto e sepolto il nostro vero passato,
fantasticando e raccontando di altre vie, case, stanze. Per anni, pur
sapendolo, abbiamo ingannato noi stessi e anche chi, sinceramente, ci voleva
bene. Siamo stati bravi attori della nostra commedia. Tanti ci hanno creduto e
amato, ridendo e piangendo con noi. Ma come per tutti i giochi, invecchiando,
anche il nostro gioco è caduto e si è rotto. Presto o tardi tutti gli inganni
vengono alla luce del sole che sempre brucia la fantasia e tutti i castelli.
Per ritrovare sé
stessi bisogna volerlo con tutte le forze e, per questo, avere molto coraggio.
Ed una volta intrapreso il viaggio di ritorno occorre non spaventarsi di fronte
ai fantasmi, ai mostri, alle notti oscure. In questo caso, una volta presa la
decisione, bisogna armarsi di sincerità per fronteggiare gli attacchi della
legione che nel passato remoto tanto ha colpito e ferito.
È necessario
essere sinceri con sé stessi, mettersi davanti ad uno specchio e guardarsi come
realmente siamo. Non dobbiamo aver paura per non indietreggiare, per non farci
respingere, per non sentirci gridare addosso: “Ehi, tu! dove credi di andare?”.
Dobbiamo essere
determinati, convinti di quel che stiamo facendo e di quel che vogliamo
riscoprire e rivedere. Perciò, dobbiamo saper fare bene i conti.
Dobbiamo essere
molto sinceri e onesti con noi stessi, con il nostro presente e il nostro
passato.
Siamo stati molto
abili nel proteggere noi stessi dalle avversità, dal Male, dalla Morte. Per
questo, abbiamo dovuto indossare molte maschere e abiti che sapevamo non
nostri. Alla fine ci siamo ingannati pensando di essere veramente quel volto e
quel vestito. E per tanti anni abbiamo pensato che non avevamo altro volto e
altro abito. Non eravamo più in grado di vedere altro se non noi stessi e noi
stessi come le nostre difese sentimentali e affettive ci avevano disegnato,
dipinto, cucito, scolpito.
A un certo punto
della nostra vita abbiamo persino pensato di essere un capolavoro, di essere
impeccabili. E chi si pensa così, perché mai dovrebbe ricordare e tornare
indietro?
Che cosa può
spinger noi stessi a un salto nel buio, nel dolore, nel brutto?
La nostalgia per
la nostra innocenza anche se tradita, violata. E le nostre adolescenze sono
state tutte violate! Il desiderio di tornare alla nostra infanzia anche se
dolorosa, triste. La convinzione che solo ritornando alla origine di tanti mali
si può scoprire chi siamo veramente, la nostra vera radice e identità, il
nostro reale volto, quel che il destino aveva progettato per noi.
Si tratta, ancora
una volta, dell’eterno ritorno alla terra, alla radice, alla sorgente. E pur
sapendo, ricordando, tutto quel che è accaduto, torniamo al dolore per
ucciderlo al termine di un sanguinoso duello, alla notte per illuminarla, al
freddo per riscaldarlo. Ricordando e ritornando là dove non avremmo mai voluto
rimettere piede, occhi, udito, naso, ritroviamo la carta e i colori dei nostri
sogni, l’aurora della nostra fantasia, la tavolozza della nostra poesia. E così
scoprire, con grande sorpresa, come eravamo belli!
Forse, allora, non
avevamo bisogno di nessuna maschera, di nessun abito, di recitare, di raccontare
bugie, ma, semplicemente, di essere noi stessi.
Ma essere noi
stessi è una guerra titanica! Forze contrarie ci spingono là dove non vorremmo
andare, ci costringono ad essere chi non vogliamo essere, ci ingannano circa la
nostra vera identità, ci fanno parlare una lingua che non è la nostra, ci
chiudono dentro case e stanze che non vorremmo abitare, ci fanno credere che
sia giusto e bene vestire maschere e abiti pur non sentendoli nostri.
Insomma, ricordare
e ritornare indietro per scoprire amaramente che è stato tutto un grande
inganno, che quasi tutta la nostra vita è stata un grosso imbroglio.
Non resta che
piangere nel silenzio e nella solitudine della casa e della stanza di quel
passato che non è mai stato dimenticato, ma solo chiuso a chiave dentro un
cassetto.
(Tempio
Pausania, febbraio 2016)
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