mercoledì 29 ottobre 2014

Sulla mostra di Ardea Montebelli Più grande del mare

di Alessandro Ramberti



http://www.asianews.it/notizie-it/Le-mappe-di-Matteo-Ricci-non-mettono-la-Cina-al-centro-del-mondo-17450.html
Il grande missionario gesuita Matteo Ricci (Macerata 6 ottobre 1552 – Pechino 11 maggio 1610), è un personalità straordinariamente affascinante, di vasta cultura e profonda spiritualità. Dal punto di vista cristiano può essere considerato un novello Paolo: se quest'ultimo riuscì a penetrare il mondo greco-romano, Ricci, con una lunga (1852-1601) ascesa a Pechino irta di innumerevoli difficoltà, fu il primo missionario/sapiente ad essere ammesso al corte del Celeste Impero. Ascoltando alla kermesse avellanita Gianni Criveller (nella foto con una mappa realizzata da Ricci), uno dei massimi conoscitori del maceratese, Ardea Montebelli ha creato la mostra Più grande del mare  in cui si è immersa con tutta sé stessa: attraverso intense poesie, suggestive fotografie in bianco e nero all'infrarosso di paesaggi sospesi nel tempo, icastiche citazioni di brani delle lettere ricciane e di opere di grandi pensatori cinesi (Confucio, Laozi) intervallate da caratteri cinesi scritti di suo pugno, il visitatore viene trasportato in un “altro” mondo. 
Un modo imprescindibile per avvicinarsi alla cultura cinese è quello di apprenderne la lingua e la scrittura. In particolare quest'ultima racchiude una saggezza millenaria che è già in sé una visione e una interpretazione della realtà. La calligrafia, di cui Ardea è una cultrice, esprime poi i sentimenti più profondi, l'anima di chi traccia i caratteri: è quasi una donazione di energia. Consideriamo ad esemio il carattere qui sotto, si pronuncia hǎi  e significa “mare”:




Anche se non si è esperti di calligrafia cinese, se ne può subito percepire la dinamicità, la forza propulsiva ed espansiva… è forse uno dei caratteri che può esprimere meglio l'afflato missionario di Ricci, che percorrendo mari e oceani al tempo assai pericolosi (moltissimi missionari sono morti durante la navigazione), ha poi “navigato” il non meno insidioso e difficile mare della Cina, un mare al contempo pieno di meraviglie naturali e artistiche. 
Su suggerimento del suo superiore, padre Alessandro Valignano, Ricci adottò il metodo “soave” di predicare il Vangelo, facendosi cinese con i cinesi, accomodandosi ai loro usi e costumi, prima vestendosi da monaco buddista e poi da letterato confuciano, trovando negli scritti di Confucio non poche somiglianze con i comandamenti e i precetti di umanità e benevolenza contenuti nella Bibbia. 
Non a caso Ardea pone all'inizio del percorso questa citazione paolina: “Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari” (1 Ts 2,7-8). 
La prima poesia inizia con questi versi:

Avverti solo la vita che nasce
sulle immobili acque
nulla si perde
del rito e della danza.
(…)

Poche ma densissime immagini ci aprono già al senso di questo viaggio in compagnia di Ardea e Matteo: il movimento segue una Via 道 (dào) che ha un senso, una direzione, una bellezza che vengono dall'alto. 
Nella seconda poesia troviamo scritto:

(…)
Ciò che manca
a fatica sazia l’attesa
di una verità
che mi scruti 

(…)

E successivamente appaiono i caratteri 天主 tiānzhŭ (Signore del Cielo) scelti da Ricci per indicare il Dio cristiano.
La terza poesia (abbinata a una citazione in cui Matteo afferma che dopo anni di studio è in grado di predicare e confessare) recita:

Mi persuadono
l'odore della pioggia
la fatica e l'amore
strappati alla terra.

Nella quarta abbiamo una dichiarazione implicitamente paolina, Ricci (ormai a Pechino, come si evince dal passo citato da una lettera del 1608) è conscio che la sua opera di evangelizzazione può considerarsi avviata: “… essere qui è molto: / sembra che tutte le cose / stendano ora le ali.”

Segue un altro carattere che indica il Legno, uno dei 5 elementi costitituvi dell'universo per i cinesi (gli altri, che con la loro generativa bellezza, intervallano il successivo percorso della mostra, sono Fuoco, Terra, Metallo e Acqua; tutti i caratteri, come abbiamo detto, sono calligrafati da Ardea)








Questo carattere esprime stabilità e vitalità ed è seguito da una poesia in cui troviamo scritto: “… e osservo sul ciglio del mare / come tutto si trasforma…”.

Seguono il carattere 火 (huǒ, fuoco) e una poesia che termina con questi versi: “… dopo questo viaggio / avrò riposo / ai piedi dell'altare.”

La splendida fotografia di una piccola cascata a balze precede dei versi in cui Matteo tramite Ardea afferma: “Vorrei essere anch'io  / il seme nascoto / che si posa / fra i monti.”

Poi l'elemento 土 (tŭ, terra) seguito da una poesia che si apre con questa quartina: “Ogni attimo / di questa terra / è un solco chiaro / che sfida la distanza.”




L'elemento 金 (jin, metallo) precede la poesia che inizia con: “Quale forza / esprime la lucentezza / del giorno.”


Infine il carattere/elemento 水 (shuĭ, acqua) introduce l'ultima poesia, che citiamo integralmente:


La differenza
non sta nel togliere
qualcosa agli avvenimenti,
ma nell'aggiungere alcune diversità.
È un'attesa.



Questa rapida e parziale presentazione della mostra Più grande del mare, non può renderne che in minima parte il coinvolgente richiamo, dove il fascino di una cultura millenaria si unisce alla stupenda interpretazione poetica, fotografica e calligrafica di Ardea Montebelli. L'Autrice riminese ha saputo calarsi con grande empatia nei panni di un gesuita che meriterebbe di essere maggiormente conosciuto in Italia, non solo per il suo valore indiscusso di saggio e scienziato, ma soprattutto per la testimonianza evangelica che quattro secoli fa ha piantato stabilmente in un mondo lontanissimo e ostile il seme dell'annuncio cristiano che sta portando frutti ai nostri giorni. Un mondo che nonostante le diffidenze e le persecuzioni, Matteo Ricci ha saputo amare e da cui è stato  ed è amato. Del missionario è in corso la causa di beatificazione

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