Il tempo della mani si classifica terzo nella sez. Narrativa Edita del Premio “Michelagelo” (Associazione Il ventaglio di Ovada, AL) presieduto da Bruna Sbisà. Ecco la recensione di Angelo Garavagno:
“Mani Grandi, Mani senza fine” diceva Paoli e non aveva bisogno d’altro per definire tutto.
Leggendo Patrizia Rigoni spesso fui percorso da intensi brividi, sorprendendomi così simile a Lei, per il solo fatto di possedere anch’io due mani, per ricordarmene decine d’altre , di quanto da queste fui condizionato, quante ne odiai e quante ne amai.
Odiai le mie quando da quattordicenne la mia insegnante di piano mi diceva: “Hai la testa di Listz, l’estensione di Thalberg, ma le dimensioni di un maniscalco. Le mie dita non entravano fra il do diesis ed il re diesis, per prendere il re naturale e pertanto avevo difficoltà nel Gradus ad Parnassum. Ma neppure riuscivo nel lento e maestoso Preludio n° 20 di Chopin. Ma facendo “Trasporti”? Vabbè c’è sempre un rimedio a tutto, ma la musica non vuole succedanei. Molto tempo dopo vidi il calco delle mani di Rachmaninov e mi rammaricai di avere gettato la spugna: Serghiei aveva mani peggio di un minatore!
Il cervello dei primi ominidi iniziò ad ingrandirsi sia a causa del “Processo Pelvico” che consentì alla testa del femore di rendere eretta la postura umana, ma anche a causa delle mani, così versatili, così forti e prensili, così delicate nel carezzare e così possenti e minacciose nel brandire un sasso, un bastone, una punta di lancia.
Pensate come rimasero indietro gli altri primati che di mani prensili ne avevano addirittura quattro?
Loro sono rimasti all’utilizzo di qualche ramoscello infilato nei fori di un termitaio o al massimo a qualche sasso per spaccare il guscio delle noci. Tuttavia l’inizio fu lentissimo per il metro attuale e ci vollero almeno un paio di milioni d’anni perché l’Homo Erectus imparasse ad accendere il fuoco, mentre ne bastarono meno di 60 per passare dalla prima transvolata della Manica di Bleriot al volo trans planetario.
Se fu tutto disegno divino perché il Creatore immaginò tempi così stranamente diversi?
Perché le nostre due mani funzionarono così bene, mentre così poco le quattro mani degli scimpanzè?
La nostra Rigoni non si impantana in cose del genere e fa delle SUE MANI tutto il proprio microcosmo relazionale, affettivo, intellettuale e caratteriale.
Le mani a Lei vicine sono lo specchio dell’anima, quasi la ragione dell’essere.
Sicuramente la reminescenza di un mondo escatologico.
Il tutto condito con un italiano frizzante, poliedrico, ammiccante, incalzante e gradevolissimo.
Peccato che il flûte di Dom Perignon finisca troppo presto!
Nessun commento:
Posta un commento