venerdì 27 giugno 2014

Su Girovaghi, musicisti e musicanti della Valle dell’Agri

AA. VV., Grafiche Zaccara, Lagonegro (PZ), 2013

recensione di Vincenzo D'Alessio
 


Il libro che reca il titolo, Girovaghi, musicisti e musicanti della Valle dell’Agri, pubblicato sul finire del 2013 in Basilicata si avvale della scrittura di tre grandi della terra lucana: Graziano ACCINNI, Teresa ARMENTI, Adamo DE STEFANO. Il primo autore è un musicista affermato in tutta Italia e all’estero, ha collaborato con il cantante Mango e altri artisti internazionali. La sua collaborazione in questo lavoro è la ricerca certosina che da anni conduce per la ricostruzione delle radici musicali della sua terra.

Teresa ARMENTI, educatrice oggi in quiescenza, è scrittrice, ricercatrice storico-archeologica, poetessa, curatrice della ripresa del dialetto lucano. Collabora come giurata nei premi letterari nazionali con la Casa Editrice Fara di Rimini. A lei, e alla collega Ida IANNELLA, si deve la ripresa memoriale del grande archeologo Dinu ADAMESTEANU con una mostra fotografica itinerante e altre iniziative culturali.

Adamo DE STEFANO, docente, scrittore, funzionario ministeriale, è legato dalla stessa passione per la ricerca sul campo che lo unisce ai due spiriti precedenti.

Devo usare la parola “spiriti” per introdurre il nostro dialogo, amato lettore, accostando questi scrittori alla figura di Charles Lindbergh primo sorvolatore in solitaria dell’Oceano Atlantico con un monomotore. Questi spiriti inquieti della Valle del fiume Agri hanno ricomposto, con non poca fatica di ricerca, un mosaico nascosto nella polvere dei secoli XVIII, XIX e XX. Le piccole tessere policrome hanno mostrato tutta la loro vetustà ma contemporaneamente l’irripetibile bellezza e il dolore che è costato per metterle insieme.

Il filo rosso che lega la costruzione del racconto – musicologico-storico-geografico-demografico – è l’arpa: strumento antichissimo e celestiale nel suono ma anche tanto difficile da accordare, trasportare, mantenere in buono stato. Sull’arrivo di questo strumento nell’area lucana, le ricerche sono ancora in corso. Sull’uso che ne hanno fatto le popolazioni lucane, dopo la lettura di questa Bibbia Musicale, in me non sorgono più dubbi.

ACCINNI ha utilizzato in modo armonioso, come è scritto sulla copertina del testo, le note nel tempo e nello spazio realizzando un pentagramma leggibile a qualsiasi latitudine, poiché la musica è l’Arte per eccellenza che unisce da secoli le popolazioni del pianeta e si rifà alle note più antiche dell’Universo: i suoni della Natura. Chiunque può sentire l’armonia che governa questo testo, anche i sordi attraverso le immagini, e per quanti non vedenti bastano le voci narranti dello scrittore in dialogo con l’amata discendenza ad interrompere il buio nelle orbite. Capitolo dopo capitolo, documento dopo documento, la storia dei paesi-villaggi della Lucania prendono vita: il secolo della prima emigrazione, l’Ottocento, il Secolo Breve tra le due Guerre Mondiali e l’inganno della finta economia del finire del Novecento fino ai giorni nostri. Scrive ACCINNI: “Ora quelli che stiamo vivendo, possiamo chiamarli Anni di Oscurantismo Etico, Sociale, Culturale, Politico ed Economico, tanto per essere precisi” (pag. 97).

Sembrerebbe un ossimoro, se confrontato con il dolore che promana dalle pagine che raccontano “La tratta dei piccoli musicanti girovaghi” (da pag. 32 a pag. 43). Come si accostano le morti dei piccoli musicanti, la povertà, la schiavitù dei piccoli lucani venduti dagli stessi genitori con il benessere odierno? C’è l’Oscurantismo richiamato da ACCINNI?

Caro lettore, veramente non so rispondere, meglio se lo fai scorrendo attentamente le pagine di questo bellissimo lavoro, quasi poetico. Tante sono le vicende umane incluse in questo libro, che alla mia mente sono balzate le figure di Remì o Remigio del libro Senza famiglia scritto nel 1878 da Hector MALOT e i versi armoniosi del poeta irpino Pietro Paolo PARZANESE: “Ho l’arpa al collo, son viggianese; / tutta la terra è il mio paese. / Come la rondine lascia il nido; / passo cantando di lido in lido / e finché in seno mi batte il cor / dirò canzoni d’armi e d’amor” (Il Viggianese, 1846). Come potrai constatare il periodo più cupo è quello seguente all’Unità d’Italia. Tanto che anche i briganti avversarono le povere bande musicali che si recavano di paese in villaggio a rallegrare processioni, ricorrenze come il Natale e i funerali.

Le comunità ebraiche sparse in tutta la Basilicata hanno concorso alla diffusione dell’arpa: si ricordi Davide che placava con il suono l’ira di re Saul. L’avvicendarsi delle varie genti sul suolo lucano a partire dai Greci hanno in qualche modo confuso le impronte musicali tanto che solo oggi e lentamente si stanno formando musei, biblioteche e collezioni private per salvarne la memoria.

Il contributo storico letterario di Teresa ARMENTI e Adamo DE STEFANO ha permesso a questo capolavoro di mostrarsi in tutta la sua bellezza rimasta nascosta per troppi secoli. Per renderlo maggiormente fruibile sarebbe stato opportuno allegare a questo libro un DVD con il dialogo tra Graziano e Domenza il quale avrebbe consegnato, anche nelle scuole e nelle comunità lucane sparse ancora oggi in tutti i continenti, le storie inedite dell’Arpista sull’Oceano e dell’ultimo arpista, rinfocolando il calore di quella moralità che la Basilicata conserva da millenni.

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