recensione di Pierluigi Montalbano
pubblicata in Quotidiano di storia e archeologia
Rosamaria Rita Lombardo, studiosa
e ricercatrice, affronta in questo testo la ricerca delle tracce lasciate in
Sicilia di uno fra i miti più intriganti delle antiche genti mediterranee, quello
di Minosse, il Re di Creta.
Unendo il proprio background
culturale alla conoscenza diretta dei siti trattati nell’indagine, la studiosa raccoglie
le testimonianze orali raccolte dagli abitanti e analizza il territorio inquadrandolo
nel paesaggio siciliano. Nella lettura ci si trova proiettati nel meraviglioso
mondo raccontato dal poeta Omero nei suoi misteriosi versi di quasi 3000 anni
fa.
L’autrice scava nelle memorie
di famiglia come se stesse affrontando una stratigrafia, e inizia la ricerca
scrivendo che il terreno nel quale potrebbe essere terminata l’avventura di
Minosse in terra sicula, il Monte Guastanella, fu acquistato dal padre alla
metà del Novecento. Mentre leggevo il
suo bel libro, ho immaginato la giovanissima Lombardo che sgambettando con
curiosità nella vegetazione profumata iniziava il processo ideologico che la
porterà in età adulta a descrivere quell’altura dell’agrigentino che offre un
panorama mozzafiato sulle vallate circostanti. Ai piedi della collina, oggi, si
scorgono tracce di fabbricati e una necropoli.
Poco distante, come in tutti i siti antropizzati dall’uomo intelligente,
scorre un fiume, il Platani, che potrebbe identificarsi con l’Halycos delle
fonti.
Il testo, nella sua
scorrevolezza, è distinto in 4 capitoli che raccontano la saga di Minosse in Sicilia: la storicità
del mito, la localizzazione dei siti dell’antica saga; la memoria
mitica della tomba-tempio di Minosse e la collocazione di Camico.
Rosamaria Rita Lombardo, consapevole
dell’eccezionalità dell’ipotesi avanzata, affronta con prudenza il tema
attraverso un’indagine geografica e toponomastica accurata, e rimanda alla
comunità scientifica il gravoso compito di emettere un verdetto sulle sue
conclusioni. Presenta la sua ricerca come contributo all’interpretazione di un
passato magico e misterioso, e desidera portare alla luce il segreto del re
cretese Minosse con un’analisi che vuole restituire un’identità storica alla
leggenda locale che i vecchi raccontano avvenuta sul Monte Guastanella.
Già il toponimo Guastanella offre
i primi indizi. Secondo l’autrice, potrebbe derivare dall’antico Wuastanedda di
matrice minoica, costituito dal prefisso wa-, abbreviazione di wanax (re)
o wanakatero (regale), e da stan (dimora,
luogo, città), radice del verbo cretese στανύομαι, ossia città del re.
La Lombardo si muove appassionatamente
in prima persona nell’indagine, e nella lettura si avverte un incessante
rimbalzo fra passato e presente, fra mito e realtà, fra archeologia e
letteratura, intrecciato il tutto da un filo rosso che cuce fra loro i capitoli
come fossero pregiate stoffe dell’antico corredo di famiglia.
Il contenuto mitico inizia con
Dedalo che, esiliato da Atene trova rifugio a Creta, alla corte di Minosse. Per
il sovrano realizza il famoso labirinto per rinchiudere il mostruoso Minotauro,
la bestia figlia di Pasifae, moglie di Minosse, e di un toro mandato lì da
Poseidone, l’antica divinità marina dalla quale discende la stirpe dei
naviganti di ogni epoca. Dedalo costruisce anche una vacca di legno dentro la
quale Pasifae può nascondersi per ingannare il toro. Forse il labirinto è il
palazzo della capitale di Creta, Cnosso, nel quale dimorava re Minosse. Ancora
oggi si estende per migliaia di metri quadri con centinaia di stanze, corridoi
e scale, un “dedalo” dal quale non si riusciva a uscire. Solo con
l’intelligente aiuto della bella Arianna, Teseo riuscì a uccidere il mostro. La
figlia di Minosse suggerì all’eroe di lasciare un filo lungo il passaggio e lui
venne fuori impugnando nell’altra mano la testa mozzata del Minotauro ancora
sanguinante. È una metafora della resurrezione che può avvenire solo con un
gesto cruento, come per i cristiani di oggi è il ricordo della passione di
Cristo. Minosse, sdegnato per l’inganno, fece imprigionare Dedalo e suo figlio
Icaro, ma i due fuggirono volando via verso il sole, ed ecco rispuntare un volo
purificatore verso una luminosa divinità celeste. Tuttavia le ali di cera di
Icaro si sciolsero facendolo piombare nel Mar Egeo, e solo il padre riuscì a
raggiungere la Sicilia.
Il nucleo del lavoro della
Lombardo è dedicato al proseguimento della vicenda, con il re Minosse che, con
una potente flotta, insegue Dedalo in terra sicula per catturarlo e approda
nell’isola. Individuato il fuggiasco con un tranello, metafora dell’intelligenza
umana, la questione sembra mettersi per il meglio per il re, ma, come di
consueto, una leggendaria figura femminile escogiterà un inganno salvando
l’eroe e ponendo fine all’esistenza del cattivo re che, così, non ritornerà più
a Creta.
Si legge nelle fonti che Dedalo
dimorava a Camico, presso il re Cocalo. Nelle vicinanze si fermò Minosse, in
una città chiamata poi Minoa, in suo onore. Con uno stratagemma il re di Creta fece
uscire allo scoperto l’architetto greco: mostrò ai cittadini una conchiglia di
tritone e promise una forte ricompensa per chi avesse fatto passare da un capo
all’altro un filo di lino, sapendo che solo Dedalo conosceva il modo. Il
tranello giunse alle orecchie di Dedalo che mostrò il sistema: cosparse di
miele l’interno della conchiglia, la forò sulla punta e la fece percorrere a un
insetto al quale aveva legato un filo di lino. La soluzione rivelò che Dedalo
si trovava effettivamente in quella città e Minosse comandò a Cocalo che gli
fosse consegnato, ma le ancelle di corte, ammaliate dall’intelligenza e dalla
bellezza di Dedalo, introdussero un tubo nella stanza da bagno del re versando pece
bollente su Minosse mentre era nella vasca.
L’autrice, in questo libro,
riporta scrupolosamente le fonti letterarie più autorevoli dell’epoca: Erodoto,
Aristotele, Eraclide e altri. Chiama in cattedra Diodoro Siculo per una
testimonianza illuminante: «Minosse, informato della fuga di Dedalo in Sicilia,
decise di fare una spedizione contro l’isola. Preparata una considerevole forza
navale, approdò in territorio di Agrigento, nel luogo chiamato da lui Minoa.
Minosse reclamava Dedalo per punirlo. Cocalo lo invitò a un incontro e, mentre
Minosse era al bagno, lo uccise. Restituì quindi il corpo a coloro che lo
avevano accompagnato nella spedizione, adducendo come causa della morte il
fatto che fosse scivolato nel bagno e caduto nell’acqua bollente. Costoro
seppellirono il corpo del loro re con grande pompa: edificarono un duplice
sepolcro e posero le ossa nella parte nascosta, mentre in quella scoperta
costruirono un tempio ad Afrodite».
Sempre Diodoro descrive il
monumento sepolcrale nel I a.C. e riporta i racconti degli antichi autori sulla
saga di Minosse e Cocalo: “Cretesi [furono i] fondatori di Gela e di
Agrigento”, suggeriscono all’autrice di documentare e comprovare la leggenda
relativa alla sepoltura di un re, dal nome Mini Minosse, all’interno di Monte
Guastanella.
Ecco come Rosamaria Rita
Lombardo descrive il sito:
“Un rozzo sedile di pietra, di
struttura e conformazione monumentale, chiamato da sempre Il trono del
re, sulla cui spalliera sono tracce di grafemi, si trova all’ingresso della
grotta, al piano superiore. Grazie a una ricostruzione grafica al computer, ho
individuato una figura femminile di stile cretese, con elaborata acconciatura e
a seno nudo, circondata da capre e bovidi. Accanto si nota una piccola figura che
corre tenendo fra le mani un oggetto di forma cornuta. Vicino a questa c’è un
uomo dal copricapo piumato simile a quelli degli elmi tardo minoici e micenei.
Inoltre, sul pianoro del monte è ben definita un’incisione con reticolo
tauromorfico che contiene una croce o un segno X vicino a un individuo.”
L’autrice ritiene attendibile
la saga del re cretese Minosse in Sicilia, e fa notare che il Monte
Guastanella, presenta un’unica via di accesso e una rupe fortificata che
potrebbe essere l’antica Camico, la reggia del re sicano Cocalo, raccontata da
Diodoro Siculo che avvalorano la tradizione orale della sepoltura di un re dal
nome Mini-Minosse nelle viscere di Monte Guastanella, ossia la verosimile tomba-tempio
del re cretese Minosse”.
Rosamaria Rita Lombardo aggiunge
alla paziente ricerca un altro tassello significativo grazie alle ricerche
comparative sui materiali. Sull’anfora cipriota Hubbard,
proveniente da Platani (Famagosta) conservata nel museo di Nicosia a Cipro, c’è
una decorazione che mostra il ciclo mitologico
della saga di Minosse e Dedalo in Sicilia. Databile al 700 a.C., confermerebbe
che la saga del re cretese Minosse in Sicilia non fu solo una composizione
mitica scritta per conferire dignità all’espansione greca in Occidente, bensì
un evento realmente accaduto che precede di mezzo millennio la successiva composizione
letteraria.
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