di Subhaga Gaetano Failla
Vi sono luoghi dove ci si addormenta, luoghi dove si muore.
Un orologio spande il ticchettio in una stanza in penombra. Il respiro è lieve. L’ultimo granello di sabbia è caduto, si rovescia la clessidra, scorre il nuovo tempo.
Mi addormento in uno spazio a circa venti metri d’altezza dalla superficie terrestre. Per mia ignoranza, ho creduto questo spazio identico a quello del passato, d’altri sonni e d’altre morti. Un limite, un frammento, una immobilità. L’eterno movimento ci spaventa, osserviamo il senza tempo, l’illimitato spazio pulsante, dalle nostre ridicole finestre, barricati nelle stanze inesistenti del timore.
Il sole è apparso di nuovo, tra nuvola e nuvola, dopo le brume di ieri e la pioggia fine nel crepuscolo invernale.
Ascolto il cinguettio d’un uccellino in gabbia. Poi volgo lo sguardo oltre le case.
Fantasmi ebbri –
sul monte verdeggiante
le nubi chiare
Nessun commento:
Posta un commento