Giambattista
Bergamaschi
DIRE
E NASCONDERE. IL “SEGRETO” DEL POETA
Gennaio 2014
Oltremodo sui generis Dire
e nascondere, agile ma
intenso saggio letterario in cui Giambattista Bergamaschi affronta il
problema dei rapporti tra poetica e poesia, tanto sul versante della
scrittura (ben sedici liriche originali vengono infatti
“esistenzialmente” chiosate dall'autore stesso), quanto
soprattutto su quello della “lettura”, dell'interpretazione
testuale, che appare ineluttabilmente condizionata da un dato di
fatto assai ovvio, eppure mai francamente rilevato o debitamente
valutato dai critici di professione: il
testo poetico è instricabilmente connesso a tutta una serie di
realtà, più o meno materiche ed oggettuali, ovvero intime e
soggettive, quando non addirittura metafisiche.
Nella maggior parte dei
casi, comunque “indicibili”.
In questo suo nuovo lavoro,
innovativo e persino temerario, edito a brevissima distanza dalle due
recenti sillogi narrative Storielle
strastrane
(www.prosperoeditore.com)
e Tra le
righe
(www.grazzaniseonline.eu/IMG/pdf/Tra%20le%20righe.pdf;
issuu.com/grazzaniseonline.eu/docs/tra_le_righe?e=5125163/5177476),
l'autore non mostra alcuna reticenza o inibizione nel dichiarare
candidamente (quasi sempre sulla propria “pelle”, svelando
parecchio delle private “occasioni” da cui ogni sua lirica viene
accesa) i processi a monte del proprio fare poietico,
nonché le incognite fattualmente incontrate e giocoforza risolte nel
corso di un lavoro che mai ricicla materia trita, agevolmente
gestibile, sì invece vissuti emotivamente forti e liberi, non di
rado discretamente recalcitranti a soluzioni meramente linguistiche.
Per questa ragione, date le
vicissitudini esistenziali che di volta in volta si trova ad
attraversare l'artista non riconduce al lettore che la “superficie”
del fermento profondo, in buona parte inconscio, da cui scaturisce,
al termine di un'elaborazione squisitamente laboratoriale, l'ambita
forma,
compiuta e leggibile.
Ciò
che dell'intero saggio immediatamente colpisce è innanzitutto quel
certo - vagante ed inconfondibile - stile espositivo che è tuttavia
esempio di coerenza, indicatore di sincerità e correttezza: l'autore
vi esprime ciò che pensa
(e probabilmente è),
in un desiderio costante, ostinato e testardo - come in virtù di un
imperativo categorico - di cimentarsi fino in fondo con un'ipotesi
nuova, che gli consenta di (ri)formulare in maniera diversamente
illuminante una tematica solo in apparenza nota, e nel contempo di
sperimentare inedite modalità di analisi letteraria.
L’introduzione
“teorica” con naturalezza conduce verso le sedici liriche.
Bergamaschi
vi mischia le carte, ma non per confondere. Le gioca infatti per
stimolare a capire, a configurarle in un diverso ordine plausibile,
possibilmente migliore del precedente: non intende ammannire alcuna
pappa pronta al lettore, sì invece disorientarlo quanto basta,
mettere in discussione qualche miope sua certezza per far sì che con
rinnovata freschezza di pensiero possa egli giungere ad approdi più
congeniali.
Atto
a dir poco generoso.
Tutti
i primi dodici paragrafi e la non finita, frammentistica “Appendice”
dicono con chiarezza l'umiltà di chi parla di sé dignitosamente
aggiogandosi al titolo stesso assegnato all'opera: dice
e nasconde,
ma spiega anche perché
lo (si) fa, e allora tutto appare così candido, lecito e pulito:
dalla mera curiosità si genera una rinnovata intesa, che l'autore
strizza appena, di sfuggita, come in un'anamorfosi, ed è caldo
invito a cercare - “tra le sue
righe” - quanto è celato nelle cose dette: “Vorrei che foste voi
a trovare quelle parole che io non voglio,
non posso
né devo
dire”.
Le
sedici liriche - costituenti, in sé prese, una silloge
indiscutibilmente più lieve e serena delle due precedenti (Allora...
e ora e
Quando la
mente si tradisce: poesie tra sogno e dormiveglia,
entrambre edite da www.grazzaniseonline.eu)
- ben si prestano ad una ricerca del “segreto” come anima della
poesia.
Preziose,
e non di rado avvincenti, le NOTE che a stretto giro le seguono con
liberale rispetto nei riguardi di un lettore che non intenda farsi
preventivamente codizionare, sebbene la premessa alla sezione
“Liriche vecchie e nuove” per ovvie ragioni ponga discretamente
in guardia da ciò.
Comunque
sia, esse consentono un assai circostanziato apprezzamento delle
sedici composizioni.
In
ultima analisi, la chiave di lettura dell'intero saggio è
soprattutto nell'invito, quanto mai toccante e sincero, ad una sorta
di “lettura a cipolla”, accostandosi alla poesia con umiltà,
per esigerne giusto quel senso
im-mediatamente esplicito che
essa può di fatto
consegnarci, nel contempo
immaginando tutto il resto in piena autonomia – saggiamente arresi
all'ineffabile mistero che per necessità ne circonfonde la
“scintilla” generativa -, dunque, riscoprendo per tale via il
fascino di un discorso che occulta
più che dire,
eppur sempre incanta ed esteticamente avvince.
M.
G.
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