mercoledì 19 gennaio 2011

Su Cari vecchi frammenti e Ma il cielo ci cattura di Ardea Montebelli

recensione di Marcello Tosi

Cari, vecchi frammenti, ovvero la storia dell’uomo che consente all’eternità di entrare nel tempo e fare memoria, nella mostra fotografica di Ardea Montebelli aperta al pubblico fino al 30 gennaio al foyer del Teatro Bonci di Cesena per la 16. edizione di “Poesia a teatro”.
In 48 fotografie in B/n un itinerario nella memoria contadina della Valmarecchia, integrato da testi poetici e brani tratti dal Vecchio Testamento. Come nel libro di Giobbe: “I vecchi ci raccontano e ci insegnano quel che hanno imparato”, lasciandoci in eredità il senso profondo dell’appartenenza. La terra, madre di tutte le cose e madre nostra conserva intatto quel fascino d’antico e di nuovo insieme. Il mistero si posa su volti rugosi, mani incallite e povere cose per raccontare l’amore per la terra e per la fatica.
Così nella raccolta di versi e immagini  Ma il cielo ci cattura, recentemente edita da Fara,  
la poetessa riminese ha tracciato un percorso poetico e figurativo, come scritto con la luce, tra gli eremi incastonati tra i monti abruzzesi, come S. Onofrio al Morrone e S. Spirito a Majella. Luoghi che appaiono carichi della memoria ricca di mestizia e solennità di Celestino V, il papa del gran rifiuto.   
Poesia e fotografia, nascono dallo stesso amore per la bellezza, si fondono insieme per tendere alla stessa meta, alla ricerca della nudità essenziale e della prodigiosa bellezza che vive nell’anima inquieta. Un domandarsi incessante cosa sia la verità: “abisso vestito di metafore… armonia  profonda che affascina ogni cosa”. 
Tutti i possibili percorsi erranti convergono verso un “punto di domanda misterioso e fragile”. E Giorgio Bàrberi Squarotti afferma nella sua introduzione di avervi rinvenuto:  
“l’esempio più  alto e luminoso della rappresentazione e celebrazione del sacro”.
E’ ansia di comunicare  la parola poetica, unica capace di esprimere e di comunicare la rivelazione “che udremo mormorare tra le foglie / il senso delle cose / rapiti della bellezza” perché ”una soltanto è la verità / cui tende il nostro amore”.  Vibrazione, sguardo rivolto all’infinto in cui l’universo prende forma. Tormentato credo che mette in grado di  misurare tutta la distanza tra mistero e bellezza, nella luce della consapevolezza che, come si legge nel passo di S. Agostino che chiude il libro: ”chi conosce la verità conosce quella luce, e chi la conosce, conosce l’eternità. L’amore la conosce”.       

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