martedì 7 settembre 2010

Su Pubblica con noi 2010

a cura di A.RAMBERTI, Fara Editore, Rimini, 2010
recensione 3 di Vincenzo D'Alessio
precedente recensione qui 

Nell’antologia dei vincitori del concorso “Pubblica con noi”, edizione 2010, è inserita, nella sezione poesia,la raccolta Topografia della solitudine di Sergio Pasquandrea. Una raccolta che si presenta come il diario, lumeggiato, della città di New York, la cosiddsenza saperlo nemmenoetta “grande mela”, da parte di un viaggiatore.
La scelta, dell’autore, del termine topografia è quanto mai giusta: poesia e prosa si incontrano per delineare, colorare, particolareggiare, rendere musicalmente, la città delle città più visitate al mondo. Il Nostro è il turista curioso, insolito, che guarda con gli occhi, puliti, del poeta le enormi crepe, la fauna e la flora, che su quest’isola hanno trovato posto insieme agli uomini: “Sotto New York / si dice, c’è la città dei topi” (pag. 200); “Eppure Manhattan per gli Irochesi era 'l’isola delle colline'. (Qualcosa ne rimane. A Central Park, per esempio: tranci di granito che emergono dalla terra obliqui, come pinne di pesci sotterranei)” (pag. 192).
Pasquandrea con penna ferma trascrive le emozioni che man mano risalgono verso quella che definisce “roba molle / insomma l’anima” (pag. 198) e le annota, in prima persona, sul taccuino da viaggio. Ascoltiamo, in prosa, la descrizione dall’alto del fiume Hudson e dell’East River: “I moli bruciavano di verde e arancio, il sole rimbalzava sul torace teso dei grattacieli e sul versante opposto le luci tramavano il buio, gli uffici vuoti sospesi nella sera come asteroidi. Entrambe le volte c’era il vento, piangevo per il freddo. Ero solo, e felice” (pag. 203).
Sembra di leggere la scrittura di un maestro del Novecento, Italo Calvino, e del suo richiamo sempre utile: “Ascoltare qualcuno che legge ad alta voce è molto diverso da leggere in silenzio. Quando leggi, puoi fermarti o sorvolare sulle frasi: il tempo sei tu che lo decidi. Quando è un altro che legge è difficile far coincidere la tua attenzione col tempo della sua lettura: la voce va o troppo svelta o troppo piano.” (Se una notte d’inverno un viaggiatore, Ediz. 2002,con «Repubblica»).
Leggere l’insieme dei versi e della prosa, racchiusi in questa raccolta, è veramente bello, sorprendente, gradito e provocatorio al tempo stesso. Ascoltiamo il passaggio della visita alla casa natale di Louis Armstrong: “Intorno, il Queens era una desolazione crivellata di pioggia, i messicani nell’officina fumavano con la faccia di chi non c’entra niente e la ferrovia sopraelevata si allontanava affondando nel cielo infangato. Era una giornata ottusa, uno dei peggiori giorni del mese. Un mattino senza gioia e senza musica” (pag. 205).
Bastano le figure retoriche contenute in questo brano a svelare la natura letteraria e di critico musicale del Nostro autore: sinestesia “del cielo infangato”, la metafora della “giornata ottusa”, il senso tautologico dell’espressione “i messicani nell’officina fumavano con la faccia di chi non c’entra niente”. Insomma, più che un corredo fotografico, c’è il repertorio della bella scrittura del secolo appena trascorso nella restituzione che l’autore fa degli stimoli “luminosi” pervenuti ai suoi occhi di scrittore-poeta.
Come una provocazione, nella lettura dei testi di Pasquandrea, mi saltano alla mente i versi di un grande poeta italoamericano, eterno viaggiatore, anch’egli “doppio” per avere in sé l’identità delle due nazioni, di partenza e di arrivo, Luigi Fontanella. In modo parallelo e con l’abbrivo che tanto distingue i viaggiatori: “Il Rumorecontinuo / assoluto / assordante / azzerante / azzannante / di Broadway e della Penn / ch’è poi quello di Manhattan / e ch’è in generale di tutta la Grande Mela / e ch’è poi quello tuo, giovane Amerika” (canto XXXII, dalla raccolta Round Trip, Campanotto Editore, Udine, 1981).
Bene hanno scritto Matteo Fantuzzi e Agostino Cornali, nel cogliere, come desideravamo comunicare al lettore: “a livello strutturale, l’alternanza di frammenti in versi e in prosa non spezza l’unitarietà della raccolta” (pag. 18).

Nessun commento: