Le meravigliose braccia aperte del padre
In questa domenica, la IV di Quaresima, la Chiesa con la Parola di Dio ci fa quasi respirare la bellezza della nostra resurrezione, frutto della Resurrezione del Maestro, sempre che la Sua Grazia ci raggiunga e arrivi a parlare al nostro cuore, che ha davvero bisogno di assaporare, nel ritorno a Lui, lo stupendo bacio di gioia e di pace che solo Dio sa e può donarci.
È il tempo in cui Dio si 'lascia commuovere' dalla nostra povertà, quando finalmente comprendiamo, 'rientrando in noi stessi', quanto profonda sia la tristezza di sentirsi 'orfani' e lontani da Casa.
Se ci lasciamo conquistare dalla Grazia e non sbarriamo le porte del cuore, fatto per essere amato da Dio ed amarlo, consapevoli della nostra fragilità e pochezza, avvertiremo un profondo bisogno di sentire il calore delle braccia del Padre, che si tendono verso i figli per accoglierli, stanche forse di essere state inutilmente aperte nell'attesa, ma pronte a chiudersi su quanti sanno gettarsi dentro con fiducia.
«Fratelli – ci avverte S. Paolo – se uno è in Cristo, è una nuova creatura: le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con Sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Noi fungiamo, quindi, da ambasciatori per Cristo; come se Dio esortasse per mezzo di noi. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.» (II Cor. 5, 17-21)
In fondo la storia del Padre verso di noi, Sue creature, ha come stupendo scenario immutabile il Suo incredibile Amore: un Amore che dà la vita e rigenera, ossia ci rende pienamente Suoi figli, anche quando Gli voltiamo le spalle, ignorandoLo o ancora peggio offendendoLo.
Il Padre non si lascia intimorire né frenare dal rifiuto in cui noi siamo capaci di cacciarci, per l'egoismo che è spuntato nei progenitori e continua a dare i suoi perfidi frutti anche in noi. Il Padre sa bene, molto bene, che nulla è paragonabile anche solo ad un centimetro di parete della `propria Casa', che è la Sua stessa Casa. Sa molto bene quanto sia dura la solitudine, che può prendere possesso del cuore dell'uomo: è una terribile morte del cuore, che striscia vicino a troppi per un motivo o per un altro.
Troppe volte perdiamo anche la verità del peccato e facciamo passare per lecito quello che invece offende Chi ci ha creati e a cui dobbiamo amore ed obbedienza: l'Unico che ben conosce quanto il peccato possa farci del male.
E tante volte riteniamo che sia sufficiente un superficiale 'chiedere perdono direttamente a Dio', per sentirsi liberati e scolparsi. Ma non è così.
Ci viene incontro, per guidarci ad una retta coscienza e consapevolezza, la stupenda parabola del figlio prodigo, un capolavoro di misericordia.
Leggiamola insieme, assaporandola, parola per parola, per capire il Cuore di Dio.
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al Padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il Padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso e ammazzatelo; mangiamo e facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato.
E cominciarono a fare festa.» (Lc. 15, 11-32)
Una parabola che apre il cuore e la mente sulla misericordia di Dio, che nulla ha a che fare con la cosiddetta 'confessione' di chi sbaglia ed è giudicato nei nostri tribunali.
'Chi sbaglia – si sente dire spesso – è giusto che paghi!': una condanna, che non lascia spazio al perdono o alla speranza.
La parabola del figlio prodigo ha poco a che fare anche con quelle che ancora oggi chiamiamo 'confessioni', dove ha spesso più spazio la paura, il senso di umiliazione e di imbarazzo, invece della gioia. È un modo di concepire il sacramento della penitenza sullo stile del giudizio umano: un incontro con un Giudice che condanna, non con un Padre che perdona!
Ma Cristo ci ha insegnato ben altro-
La storia del peccato, è lasciare la Casa del Padre, dove regnava la gioia e l'innocenza, per fare spazio alle prospettive del mondo, dove tutto può avvenire, fuorché donarci la gioia di vivere nell'amore, e quindi nella serenità e nella gioia.
La gioia del mondo è effimera e si consuma in fretta, come avviene per il figlio prodigo.
Può capitare a tutti di fare questa scelta errata, affidandosi alle chimere ed illusioni del mondo, privandosi del clima della Casa del Padre, un clima di Cielo.
Così come è facile farsi stordire dalle tante offerte del mondo, che sanno di disgusto della vera bellezza e della bontà. Quanto è facile per molti, per ognuno di noi, lasciarsi ingannare anche oggi, dalla voglia di ......., abbandonando la Casa del Padre!
sotto gli occhi di tutti il disordine morale che ha come conseguenza il disgusto dell'anima, magari sbandierato come spettacolo o capacità di trasgressione, un'amarezza profonda, colmata con ogni sorta di sciocchezze, vanità e idoli sbagliati, o peggio, tradimenti, avventure, senza riuscire a superarla e venirne fuori, anzi!
Si ha voglia di purezza di cuore e ci si sente immersi nel fango.
Si avverte il bisogno di uscirne e non si trova la forza o la Grazia per venirne fuori.
il momento di entrare nei panni del figlio prodigo, che ha perso tutto, è abbandonato da tutti e, per sopravvivere, deve contendere le ghiande destinate ai porci.
Il figlio prodigo - e qui davvero si tocca con mano l'intervento dello Spirito - dopo aver toccato il fondo, 'rientra in se stesso e dice: Tornerò da mio padre': è la capacità di mettersi in discussione e lasciare che il proprio cuore ricerchi la sua bellezza ed innocenza, ritornando in pace con se stesso, con gli altri e con Dio.
Basterebbe recarsi nei grandi santuari come Lourdes o Fatima e, quello che davvero penso sia il miracolo della Mamma Celeste, è vedere tanta gente accostarsi al sacramento della Penitenza, aiutata dalla Mamma che pare tenerli per mano verso la loro rigenerazione.
Può sembrare difficile lasciare alle spalle il peso delle colpe... ma farlo è rinascere.
Non si può ignorare il Cuore buono del Padre, la sua voglia di riaverci nella Sua e nostra Casa. Occorre superare vergogna o rilassatezza e 'tornare a Casa' !
Cosa scopriremo nel grande sacramento della Penitenza - sbagliato definirla confessione - se avremo il coraggio del figlio che torna a casa?
Ce lo racconta Gesù: "Quando il figlio era lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò".
Sembra quasi impossibile per noi uomini, di piccole vedute, che Dio possa rispondere alle nostre tante offese o indifferenze, o ancora peggio al preferire il nostro egoismo e le sciocche e vane sue gioie senza amore, con quell'Amore misericordioso che giunge alla commozione ed è narrato dal Vangelo. Ma è così l'Amore!
Tutti noi, chi più chi meno, sentiamo l'amarezza nel cuore e il bisogno di Uno che ci ridia la gioia di essere amati, passando per il perdono: Qualcuno che è lì sulla porta di casa, che abbiamo abbandonata, forse da tanto tempo, sino a quasi aver dimenticato (ed è terribile) di avere un Padre.
Non resta che la verità dell'umiltà del figlio prodigo, che sa di non poter avanzare pretese, ma può solo dire: 'Padre, ti ho voltato le spalle, anzi ho preferito sciocchezze, che credevo un 'paradiso possibile' ed erano invece come i colori sulle ali delle farfalle; ho creduto di poter essere felice senza di Te, come se altri o le cose potessero essere 'Padri' e 'casa'. Ho sfidato quella che credevo la tua collera. Oggi mi trovo con i vestiti laceri. Sono disorientato, confuso, angosciato. Prendimi così come sono e rivestimi degli abiti di Casa: ridonami l'innocenza. Hai voluto che il Tuo pieno e sicuro perdono mi raggiungesse tramite il sacerdote che Ti rappresenta e a lui hai dato l'incredibile e stupendo potere di dire, a nome Tuo: Ti assolvo da tutti ì tuoi peccati: va' in pace e non peccare più'.
Grazie, Padre, di questa certezza, ma abbiamo bisogno che lo Spirito, come fece con il figlio prodigo, ci ispiri quel difficile e meraviglioso 'rientrare in noi stessi e dire: tornerò da mio Padre'. Aiutaci. Ti preghiamo:
Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più: ho offeso Te infinitamente buono, degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo con il Tuo santo aiuto di non offenderTi mai più, e di fuggire le occasioni prossime del peccato. Signore, misericordia, perdonami.
Antonio Riboldi – Vescovo
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it
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